The Million Click Baby

Nina, affetta da una malattia rara, grazie al suo blog è diventata una piccola star del web. Cosa sono i social networks di pazienti, e qual’è il loro impatto sulle famiglie e la ricerca?

Sergio Pistoi
8 min readDec 18, 2015

La Mamma Compulsiva è una veterana del raccordo anulare, guida senza mai perdere il filo del discorso. Dal sedile del passeggero osservo la periferia est di Roma scorrere intorno a noi e mi giro a guardare Nina: dorme imperturbabile allacciata al suo seggiolino. La incontro per la prima volta ma è come se la conoscessi da sempre: sono fra le migliaia di fan che la seguono sulla sua pagina Facebook e uno degli oltre mezzo milione di visitatori del suo blog. Nina ha una malattia genetica che ancora non ha neanche un nome. La sua ascesa a piccola star del web la dice lunga su come la medicina narrativa e i social network aiutino a superare la solitudine delle malattie rare. E apre una finestra sull’ultimo boom della sanità in rete: la medicina narrativa e i social networks di pazienti. I numeri raccontano di un mondo di pazienti sempre più interconnessi, e di piattaforme specializzate sempre più grandi. E da quando nel lontano 2008 il New England Journal of Medicine descriveva l’alba di queste applicazioni come “una scossa tellurica”, il terremoto non accenna a fermarsi.

La Mamma Compulsiva si chiama Isabella, è lei che cura il sito di Nina. Nel blog ognuno ha un soprannome: Nina è la Microba, mentre la vivace sorellina è la Piccola Hooligan. “Appena nata ha rischiato di morire” racconta Isabella guardando la piccola dallo specchietto retrovisore, “era livida come un peruviano preso a pugni da Rocky Balboa”. La sua auto-ironia stupisce solo chi non frequenta il blog, che si distingue per lo stile brillante, a tratti divertente, con cui racconta le lotte quotidiane contro la malattia e le difficoltà pratiche, ma anche l’affetto e la gioia per Nina, e le giornate di una famiglia che cerca di essere felice. “C’è chi scambia l’humor per cinismo” avverte Isabella “ma in fondo è solo un modo per non piangersi addosso”.

I numeri raccontano di un mondo di pazienti sempre più interconnessi, e di piattaforme specializzate sempre più grandi.

Sul blog c’è ancora una vecchia foto della Microba neonata, del luglio 2011. Un parto troppo lungo, un cordone ombelicale troppo corto, il sospetto di una malattia genetica senza una diagnosi precisa. La lista dei sintomi di Nina comincia a riempire un’intera pagina. Per i genitori catapultati nel vortice di una malattia rara e sconosciuta la disperazione è dietro l’angolo. Le informazioni dei medici arrivano col contagocce, iniziano i viaggi da un istituto all’altro, prende piede l’idea di essere una mosca bianca. Isabella è impiegata in una catena di cinema, il marito (nickname: Papà Velcro), lavora per una compagnia ferroviaria. Entrambi sono appassionati di immersioni, Isabella ha anche partecipato ad un famoso record di permanenza subacquea, 14 giorni al largo di Ponza, nel 2007. Fermati. Respira. Pensa. E’ la formula che tutti i sub si ripetono davanti ad un pericolo inaspettato, e forse è proprio il sangue freddo a salvare la coppia dal panico. Vanno su internet, approfondiscono ogni parola che sentono nei colloqui con i medici. Tornano da loro con informazioni e domande precise. Cominciano a frequentare i forum in rete e s’informano sui centri migliori.

La pagina Facebook ha oltre cinquemila fan. Non sono i numeri di una webstar, ma niente male per una bambina di due anni con una patologia che neppure ha un nome.

Nei siti di e-health i pazienti tengono traccia dei farmaci che usano e ne annotano regolarmente gli effetti, condividendoli con gli altri. Non è ancora chiaro se questi dati siano davvero utili per il singolo, ma sono sicuramente preziosi per la ricerca e l’industria farmaceutica. Non a caso, fra i partner di patientslikeme ci sono tutte le maggiori aziende del farmaco. La piattaforma più nota è PatientsLikeMe.com, un network nato in Massachusetts per mettere insieme pazienti affetti da SLA e che conta ad oggi oltre 250 mila utenti in tutto il mondo che condividono informazioni su oltre 2000 malattie. Curetogether.com, un altro grande network di pazienti, è stato da poco comprato dalla compagnia di genomica 23andme che vuole affiancare alle funzioni social i dati sul Dna dei pazienti. Nascono infine networks specializzati nelle malattie rare, come rareconnect.org. L’e-health, una definizione che grossomodo include tutto ciò che sta cavallo fra internet e salute, è oggi una disciplina in piena evoluzione con tanto di congressi internazionali e riviste scientifiche specializzate. Il blog di Nina nasce come un modo per tenere informati amici e parenti. “Non ne potevamo più di aggiornare tutti al telefono!”, confessa Isabella. Ma pochi giorni dopo il contatore segna già migliaia di visite. Altre persone colpite da malattie rare hanno cercato su Google uno dei tanti sintomi di Nina e sono finite lì nel sito. E poi c’è il passaparola, gente sconosciuta che si appassiona alla sua storia. Isabella decide di aprire anche una pagina Facebook, che oggi ha oltre cinquemila fan. Non sono i numeri di una webstar, ma niente male per una bambina di due anni con una patologia che neppure ha un nome. Soprattutto, attorno al blog si forma una comunità virtuale che aiuta a superare l’isolamento. Persone in giro per l’Italia che condividono i progressi di Nina e i momenti di sconforto. Famiglie con problemi simili che si scambiano esperienze pratiche ma non rinunciano all’autoironia, in linea con lo stile del sito. Come succede nella “banda del tubo” la sezione del blog dedicata all’alimentazione enterale: si tratta di un tubino collegato direttamente allo stomaco, che quando serve si attacca ad una siringa con la pappa, o a un dispensatore portatile (nina ne ha bisogno per via di un fastidioso reflusso che ancora le impedisce di mangiare normalmente). Detto così sembra facile, ma dalle spiegazioni di Isabella intuisco che non lo è affatto, e infatti su Youtube i tutorial postati da vari genitori sono gettonatissimi, così come le discussioni sui forum. Un altro piccolo aiuto che si trova in rete. Oltre al supporto morale dal blog arrivano anche donazioni spontanee, piccole raccolte organizzate da “zie” e amici virtuali che si tramutano in ore supplementari di fisioterapia, protesi, attrezzature speciali. E’ un sostegno inaspettato ma importante. “Ci sono molte cose che la Sanità non rimborsa. Per fortuna col blog Nina si paga quasi tutto da sola,” scherza Isabella.

Nina si sveglia quando usciamo dal raccordo e ci fermiamo davanti ad una palazzina. Al pianterreno c’è lo studio di Sabina, una terapista esperta in riabilitazione neurocognitiva. Nina ci sente grazie ad un impianto acustico, ma ha imparato ad aiutarsi leggendo le labbra. Come tutti i bambini della sua età traffica con l’Iphone della mamma e ha già capito come azionare i suoi giochi preferiti, tra cui un piano elettronico con cui se la cava benissimo. Corre verso il cancello un po’ barcollante (“dobbiamo provare un nuovo tipo di scarpine ortopediche, con queste sembra uscita da un pub inglese”, commenta Isabella), però è abbastanza veloce da costringerci a inseguirla. Le sedute di terapia (una spesa extra che le donazioni aiutano a coprire) contribuiscono agli indubbi progressi della Microba. Anche Sabina ha un blog piuttosto seguito- è da lì che arrivano molti dei suoi pazienti — e tiene su Skype lezioni a distanza ai genitori. “Il web ormai fa parte dei miei strumenti professionali” mi dice.

Il rovescio della medaglia è che i social sono anche un crogiolo di bufale mediche. A tal proposito Sabina, che si trova spesso a rispondere ai dubbi dei pazienti con malattie rare, mi snocciola l’elenco cronologico delle mode dubbie e spesso costose contro le quali ha dovuto lottare negli ultimi anni: dal metodo Vassiliev (un trattamento farmacologico propagandato da un biologo isrealiano) alle palline vibranti, passando da un’intera serie di tutine miracolose e cicli intensivi all’estero. Come dire che il metodo Stamina, di cui ora si parla così tanto, è solo l’ultimo di una lunga serie di rimedi sospetti. “E’ la moda di quest’anno, fra un po’ ne arriverà un’altra,” spiega disincantata. Isabella annuisce. “Noi siamo dotati di un sano scetticismo, ma per molti non è cosi”, sospira. Ha ragione. L’oceano del web è ricco di risorse, ma non tutti sono preparati. E alla fine i pazienti devono saper navigare a vista, cercando di scansare le patacche. E gli squali.

Esistono almeno 6–8000 malattie rare, definite come patologie che colpiscono meno di 1 su 2000 abitanti. I tre quarti colpiscono in età pediatrica, e 8 su 10 sono di origine genetica. Per le malattie più rare si conoscono poche decine di casi nel mondo. Sono spesso malattie orfane, perché a causa della loro rarità sono trascurate dalla ricerca farmaceutica e dai grandi investimenti pubblici, a cui si aggiunge la difficoltà di diagnosi. Anche se prese singolarmente sono rare, il loro numero fa sì che nel complesso interessino almeno 30 milioni di europei.

Salutiamo Sabina e ne approfittiamo per fare una passeggiata nel parco degli Acquedotti. Isabella spinge caparbiamente il passeggino vuoto sullo sterrato che costeggia gli archi Romani, mentre la Microba trotterella davanti a noi e urla con entusiasmo ‘ane! (cane), ‘ecora! (pecora), ‘leleo! (aereo) indicandoli con il ditino. La sua chioma ricciola e crespa e il carattere spigliato catalizzano l’attenzione affettuosa dei passanti, esattamente come in rete.

La mamma è convinta che il blog di Nina contribuisca a cambiare l’atteggiamento verso la disabilità. “Le immagini e le storie di Nina non sono sterile esibizione. La trasformano in un volto familiare senza nascondere la sua situazione. Faremo il possibile perché la nostra bimba sia sana, ma non vogliamo inseguire la parvenza di una “normalità” a tutti i costi. Tentare di omologare, o peggio di nascondere crea il disagio, la curiosità morbosa. E chi conosce Nina si abitua a considerarla normale anche se è oggettivamente diversa”, afferma. Dopo aver visto la cosa da vicino non posso che condividere un tale manifesto comunicativo.

Prima di salutarci, Isabella tira fuori il cellulare e ci scatta questa foto per la pagina Facebook. Dopo pochi minuti il post ha già raccolto decine di commenti simpatici. Poi mi indica un punto appena fuori dal parco: è la scuola materna di Nina. Le chiedo come immagina il futuro, quando Nina sarà più grande e magari meno pacioccosa di ora. “Ogni tanto mi domando cosa penserà. Sarà d’accordo con tutta questa pubblicità? Non lo so. Ma per noi questa è la cosa giusta da fare adesso”. E’ l’unico istante in cui la Mamma Compulsiva si incupisce e abbandona la sua contagiosa autoironia. La recupera subito mentre abbraccia il Microbo. “Una cosa è certa, da grande sarà un bel caratterino. E avrà anche il pass per parcheggiare gratis. Vuoi mettere? A Roma solo per quello sei già un buon partito.”

Questo articolo è originariamente apparso (in forma leggermente diversa e con altre foto) sul numero di dicembre 2014 della rivista Wired Italia.

Photo Credits: In viaggio con Nina

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Sergio Pistoi

Science journalist (Sciam, New Scientist etc.), book author, consultant, genetics nerd. For more stories and info in English and Italian: www.sergiopistoi.com