Riflessioni personali non richieste sul concetto di intelligenza

Vincenzo Gioia
11 min readOct 23, 2023

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Noi siamo quello che pensiamo e pensiamo attraverso quello che siamo. (V.G.)

A cosa serve definirsi intelligenti se non siamo in grado di definire cosa sia l’intelligenza? Non mi credete, vero? Provate a chiedere alla persona che avete accanto cosa pensa che sia l’intelligenza. Non soffermatevi sulla mera definizione: potete anche limitarvi all’idea che ha l’interlocutore a riguardo. Ora confrontate la sua idea con la vostra. Questo banale esperimento mi ha permesso di intuire (capire e cosa ben più complessa) in quale universo sconosciuto ci addentriamo quando maneggiamo questo termine senza la dovuta cautela.

In questo articolo cerco di mettere in ordine le mie idee per capire la natura di questo concetto con il fine ultimo di aprire la mia mente a nuove modalità di percezione del contesto sociale e lavorativo con la speranza di riuscire a contribuire attivamente alla creazione di nuove forme di generazione del pensiero. Non aspettatevi, quindi, una nuova definizione del concetto di Intelligenza (non sarei capace di produrla) né l’elenco di tutte le definizioni possibili sul tema (sono troppe).

PARTE 1: un concetto che tutti usiamo e nessuno sa definire

Definiamo il concetto — La prima cosa da fare quando si ragiona di qualcosa è sempre quella di partire da una definizione del termine del quale si discute. Cercando e scartabellando, ho capito che sul concetto di intelligenza sono state prodotte talmente tante definizioni da poter affermare che “esistono tante definizioni di intelligenza quanti sono i ricercatori cui è chiesto di definirla” (cit. Stefano Mancuso). Tuttavia, nel mare di definizioni disponibili si potrebbe scegliere quella secondo cui “L’intelligenza è l’abilità di risolvere problemi” il che lega il concetto alla relazione problema-soluzione che non è sufficiente a rappresentare tutti i comportamenti intelligenti. Possiamo, allora, adottare la definizione che lega l’intelligenza a “l’abilità di comportarsi in modo efficace in situazioni nuove” il che rende più ampio il perimetro legato al concetto di intelligenza e non la vincola alla sola soluzione di problemi.

Una mera questione accademica? — La questione relativa a cosa sia l’intelligenza non è “de lana caprina” perché, se non decidiamo cosa o chi sia e non sia intelligente, non possiamo riconoscere intelligenze differenti dalla nostra. La mancata comprensione delle forme di intelligenza che ci circondano impedisce ogni forma di sfruttamento/valorizzazione delle risorse naturalmente presenti in ogni agente portatore di intelligenza differente o divergente dalla nostra.

I limiti delle attuali definizioni — In una corsa alla comprensione della nostra natura, tendiamo a legare l’intelligenza a quello che sappiamo fare presupponendo che siano tali caratteristiche a stabilire la misura dell’intelligenza. In ragione di ciò, affermiamo che l’intelligenza è saper comunicare attraverso un linguaggio basato su regole sociali e sintassi, per poi scoprire che in natura non siamo i soli a farlo. L’intelligenza è saper usare degli strumenti per uno scopo, per poi scoprire che in natura non siamo i soli a farlo. In ultimo, pensiamo che l’intelligenza è sapersi esprimere attraverso l’arte, per poi scoprire che in natura non siamo i soli a farlo tanto che il senso artistico è alla base di molti processi di accoppiamento.

Il primato e la sostanza — Molti ritengono che l’intelligenza si sostanzi nel livello di complessità alla quale possiamo spingere le nostre manifestazioni. Per farla semplice, il mio gatto è intelligente ma la sua intelligenza è, per così dire, “diversamente intelligente” dal momento che non è in grado di usare un trapano a rotopercussione. Una tale posizione è, dal mio punto di vista, assolutamente incomprensibile dal momento che reputo l’intelligenza una manifestazione assoluta e non relativa. Se così non fosse avremmo molte difficoltà a gestire il connubio tra il nostro concetto di intelligenza e la disabilità intellettiva. Ma spero che nel 2023 non ci siano cretini che pensano che una persona affetta da disabilità intellettiva non sia intelligente a causa del fatto che ha difficoltà a fare o non sente il bisogno di fare cose che a noi risultano ragionevoli e/o agevoli da fare. La questione su cosa sia l’intelligenza è quindi per me fondamentale.

L’antropocentrismo delle definizioni — L’antropocentrismo presente nelle definizioni che diamo del concetto di intelligenza è segnato da una percezione delle cose che è profondamente legata alla nostra fisicità. Questo è tanto vero da portarci ad affermare — spesso con razionali privi di logica e/o fondamento — che l’intelligenza è legata alla presenza di un cervello, per poi capitolare nei nostri ragionamenti innanzi alle intelligenze di sciame che si manifestano anche in soggetti privi di un cervello per come lo intendiamo noi (su come lo intendiamo noi andrebbe scritto un articolo a parte). Le definizioni che generiamo per descrivere il mondo che ci circonda e noi stessi sono talmente legate a ciò che siamo che non ci accorgiamo del bias umano che le condiziona. Anzi, lo consideriamo naturale al punto tale che la definizione che danno del creato i credenti e dell’universo gli agnostici è costruita a partire da quello che siamo noi.

Siamo noi la misura di ciò che esiste e la dimensione nella quale decliniamo le cose.

PARTE 2: Limiti della natura antropocentrica della definizione di intelligenza

Carl Sagan e la gatta di Nello Cristianini — Per capire i limiti determinati dalla natura antropocentrica delle definizioni che produciamo sul concetto di intelligenza, mi piace condividere la storia della gatta di Nello Cristianiani — professore universitario di intelligenza artificiale — e del “messaggio dall’umanità” che Carl Sagan ha voluto che fosse inviato a bordo delle sonde Pioneer lanciate dalla NASA tra il 1972 ed il 1973. Per chi non lo ricordasse, il messaggio creato da Sagan è scritto su una placca di metallo sulla quale è riportata la sagoma di due corpi umani, la mappa del sistema solare ed il diagramma di un atomo di idrogeno. Il messaggio è stato formulato partendo dall’assunto che, qualunque alieno intercetterà il messaggio, lo saprà leggere perché evolutosi in un universo soggetto alle stesse leggi fisiche che ci governano. Per verificare la veridicità di questi principi, Nello Cristianini ha mostrato il messaggio alla sua gatta che, pur essendosi evoluta nel nostro stesso universo ed essere soggetta alle stesse leggi fisiche che ci governano, non sembra avere ancora decodificato il messaggio. Forse manco l’ha notato.

Carl Sagan holding the Pioneer plate. Credit: NASA

Il “test della gatta di Cristianini” — Il test fatto da Nello Cristianini non è declassabile a semplice goliardata provocatoria dal momento che, senza scomodare ET, sul nostro stesso pianeta sono da sempre presenti intelligenze aliene alla nostra che, pur essendosi evolute parallelamente a noi, non presentano le nostre stesse caratteristiche fisiche.

Le intelligenze aliene — Il messaggio di Sagan, a mio parere, è inviato ad intelligenze come la nostra e non ad intelligenze veramente aliene alla nostra perché, l’ammissione dell’esistenza di intelligenze aliene — non parlo degli omini verdi ma di qualcosa di non umano — oltre che imporci il riconoscimento di intelligenze differenti dalla nostra, ci impone di accettare l’ipotesi che alcune di queste o tutte queste intelligenze possano essere pari o superiori alla nostra. Una simile ipotesi mette inevitabilmente in discussione la nostra posizione nell’universo e nel modo in cui stiamo cercando di governarlo. Per questo motivo, la definizione del termine Intelligenza rappresenta non solo uno sforzo di sintesi ma un processo di accettazione del ruolo che l’intelligenza umana assume tra le intelligenze disponibili nel perimetro della definizione scelta. Inoltre, a causa dei limiti determinati dal nostro linguaggio e dalla natura delle interazioni che abbiamo con il mondo esterno, percepiamo solo una minima parte del concetto di intelligenza e, spesso, la usiamo più come strumento di distinzione che di aggregazione.

L’illusione dell’intelligenza universale — Innanzi allo smarrimento che segue la scoperta di altre intelligenze, l’uomo si trincera dietro il mito dell’intelligenza universale in grado di manifestare abilità mentali che in natura non esistono. Il problema dell’idea di superiorità umana è che non è in alcun modo collegata agli strumenti attraverso i quali si manifesta la nostra intelligenza. Infatti, se analizzate singolarmente, le nostre abilità sono paragonabili a quelle di molte altre specie animali e vegetali e, spesso, il bilancio di chi sa fare di più e meglio non è a nostro favore.

Il nostro maggior limite siamo noi — Non possiamo scappare dalla nostra natura o sperare di individuare una definizione di intelligenza adeguata alla natura complessa di questo concetto. L’antropocentrismo linguistico è talmente radicato da essere palesemente ravvisabile anche nel modo in cui organizziamo le nostre strutture sociali e produttive affinché rispecchino il modello attraverso il quale il nostro corpo interagisce con il mondo. Un vertice che emette ordini che si trasformano in azioni multiple coordinate e finalizzate ad un obiettivo. Parliamo di Capo quando vogliamo indicare un vertice gerarchico (es: “il mio capo è un fenomeno” riferendoci ad una persona e non alla nostra testa!). Tuttavia una visione così centralizzata dell’intelligenza è presente solo in una trascurabile percentuale di esseri viventi tanto che in molte specie esiste una intelligenza di sciame in grado di generare notevoli traguardi intellettivi (si vedano le termiti, le formiche, etc.).

PARTE 3: intelligenze aliene

Cretini su Marte — Pensare che gli alieni siano intelligenti quanto la gatta di Cristianini è folle. Viaggiano con le astronavi, hanno il raggio traente e parlano vulcaniano: com’è possono essere intelligenti alla stregua di un gatto? Ma la questione non è se sono intelligenti tanto quanto, ma perché dovrebbero esserlo più di quanto non sia necessario per la loro vita. Provo a spiegarmi. Tu che stai leggendo questo articolo sei quasi certamente cretino, perché dotato di una intelligenza che non è in grado di farti comportare in modo efficace nelle relazioni interne ad una colonia di esseri che vivono su un pianeta diverso dal tuo. Mi sembra ovvio che questa affermazione è priva di senso. Ma la logica che c’è dietro la applichiamo tutte le volte che valutiamo una intelligenza non umana attraverso criteri, logiche e preconcetti umani.

Intelligenze tra le intelligenze — Un cane non va su Marte, la gatta di Cristianini non risolve equazioni. Ciononostante, non possiamo non riconoscere intelligenze in ognuno di questi agenti. Possiamo parlare di Intelligenze animali, intelligenze vegetali ed intelligenza umana ma lo facciamo a titolo puramente dialogico non essendoci alcun elemento oggettivo in grado di definire una scala di valore il cui punto più alto è rappresentato dall’intelligenza umana.

PARTE 4: La multidimensionalità dell’intelligenza

Intelligenze teleologiche — Associare una manifestazione di intelligenza all’abilità di comportarsi in modo efficace in situazioni nuove significa riconoscere che l’intelligenza è sempre funzionale al raggiungimento di un obiettivo ovvero che l’intelligenza è “teleologica”. In questi termini il concetto di intelligenza si amplia al punto tale che si può affermare che riflessi, pianificazione, ragionamento, apprendimento sono gli strumenti e/o espedienti attraverso i quali un agente è in grado di perseguire i propri obiettivi in un ambiente variabile manifestando un comportamento intelligente e funzionale alla sopravvivenza della specie.

L’ipercubo dell’intelligenza — Tali strumenti e/o espedienti attraverso i quali si manifesta l’intelligenza sono anche le dimensioni attraverso le quali la possiamo individuare. Per capirci meglio, possiamo immaginare l’intelligenza come una sfera sospesa in aria in una stanza vuota la cui posizione può essere definita solo ricorrendo alla posizione che essa assume su ognuna delle 3 dimensioni spaziali (x; y; z). Con questo approccio, l’intelligenza di un calamaro si posizionerà in una porzione di spazio nella quale l’intelligenza umana non si può collocare perché, ad esempio, il nostro linguaggio non prevede una comunicazione basata sui colori della pelle. Tantomeno è possibile stabilire che una dimensione prevalga su un altra essendo queste di identica importanza. Stabilire il primato di una dimensione sull’altra sarebbe come stabilire che un atleta è in forma per uno specifico aspetto della sua preparazione agonistica e sappiamo tutti che, prima di avere buone gambe, un atleta ha buona testa.

Le intelligenze cretine non esistono — Non riesco a capire per quale ragione riteniamo che le intelligenze presenti sul nostro pianeta siano paragonabili o, in qualche modo, classificabili per importanza o potere computazionale. L’intelligenza umana non è superiore a quella di altre specie dal momento che il valore di queste intelligenze non è relativo ma sempre assoluto. Per farla facile, è come paragonare pere e mele al banco dell’intelligenza. Se così non fosse dovremmo chiederci come è possibile che una specie dotata di una “intelligenza cretina”, come pensiamo che sia l’intelligenza vegetale, sia riuscita ad adattarsi ed evolversi sino a colonizzare il pianeta terra con una percentuale di presenza che è pari al 97,3% della massa totale della materia vivente. Per essere cretine, le piante sembrano molto più brave di noi ad affrontare problemi nuovi sviluppando soluzioni efficaci alla sopravvivenza.

Gli alieni sono sempre stati qui — Quando cerchiamo intelligenze differenti dalle nostre non serve scrutare il cielo notturno, basta guardare sulla terra le numerose specie che ci circondano e che hanno ampiamente dimostrato di essere intelligenti anche se noi non abbiamo la capacità di riconoscere tale intelligenza. Gli studi di Stefano Mancuso dimostrano chiaramente la natura complessa che si cela dietro il concetto di intelligenza tanto da riuscire a dimostrare sia la presenza di intelligenza tra i vegetali sia la capacità di computazione di dati molto più ampi e complessi di quelli acquisiti attraverso i nostri corpi.

PARTE 5: Le proprietà emergenti ed il genio collettivo

L’importanza di capire di cosa parliamo — Capire quale sia il perimetro dell’universo intelligente ci permette, dunque, di individuare gli agenti che lo popolano e le modalità attraverso le quali questi agenti manifestano comportamenti intelligenti e proprietà emergenti. Comprendere in quali innumerevoli modi si possono creare le condizioni per il manifestarsi di proprietà emergenti significa generare modelli di interazione in grado di attivare quello che Linda Hill, Greg Brandeau, Emily Truelove e Kent Lineback chiamano “Genio collettivo”.

Le proprietà emergenti ed il genio collettivo — Il genio collettivo è un concetto affascinante che si riferisce alla capacità di un gruppo di individui di collaborare e produrre risultati che superano le capacità di qualsiasi singolo membro manifestando una qualità che è definita come proprietà emergente. Le proprietà emergenti sono fenomeni che emergono inaspettatamente in un sistema complesso e non possono essere spiegate attraverso la semplice somma delle capacità individuali dei membri del gruppo. In altre parole, l’intero è più della somma delle sue parti. Il genio collettivo può essere visto come una proprietà emergente in quanto i risultati prodotti da un gruppo di individui, un team di ricerca scientifica, una comunità online o una squadra sportiva possono superare le capacità di qualsiasi singolo membro.

Fattori Che Contribuiscono al Genio Collettivo — Come indicato dagli studi condotti da Linda Hill, Greg Brandeau, Emily Truelove e Kent Lineback, ci sono vari fattori che possono contribuire al genio collettivo. Questi includono la diversità delle competenze e delle conoscenze all’interno del gruppo, la comunicazione efficace tra i membri del gruppo e un ambiente che promuove la collaborazione e l’apprendimento reciproco. La diversità delle competenze e delle conoscenze può portare a una maggiore creatività e innovazione. La comunicazione efficace aiuta a garantire che tutte le idee e le informazioni siano condivise tra i membri del gruppo senza mai confondere il valore dell’idea con quello della persona che l’ha generata. Un ambiente collaborativo promuove l’apprendimento reciproco e permette ai membri del gruppo di costruire sulle idee degli altri.

CONCLUSIONE

Per quanto ritengo di avere capito, non siamo capaci di riconoscere intelligenze diverse dalla nostra e non ci interessano le intelligenze diverse dalla nostra perché non interagiscono con noi nel modo che desideriamo o troviamo coerente con la nostra natura. Siamo talmente concentrati su noi stessi che non siamo capaci di guardare altrove da noi malgrado ci sforziamo di costruire intelligenze artificiali differenti dalle nostre. Tuttavia, è ineluttabile il fatto che tutte le cose viventi esibiscono comportamenti teleologici ed autonomi e li pongono in essere attraverso continue manifestazioni di volontà costruite sulla base di obiettivi innati ed informazioni sensoriali.

Le intelligenze aliene alla nostra hanno la capacità, identica alla nostra, di prosperare in un ambiente mutevole sul quale non hanno alcun controllo ed attraverso decisioni, piani strategici, ragionamenti ed apprendimento. Per queste ragioni dobbiamo accettare il fatto che le intelligenze aliene possono essere fonte di grande ispirazione nel processo di generazione di nuove idee e nuovi schemi di organizzazione sociale.

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