Pas de problème

Cinque settimane in Burkina fra vaccinazioni e Teatro Forum

Cooperazione Internazionale
7 min readFeb 28, 2016

di Gabriella Tritta

Il Paese degli Uomini Integri

Sveglia alle sei del mattino, è giorno già da un po’… qui a Ouadagoudou per la maggior parte delle persone la vita scorre con la luce del sole, dalla mattina molto presto al tardo pomeriggio quando il buio inizia a calare velocemente, anche perché in molti quartieri non c’è corrente. Una volta alzata ci si potrebbe lavare il viso sotto l’acqua corrente, se ci fosse, allora ci si arrangia con delle bottiglie o dei secchi di plastica in cui si è raccolta la sera prima o durante la notte; a volte sveglia alle tre per la raccolta, così come ha fatto mia madre per tanti anni giù in Puglia, acqua da utilizzare durante il giorno, se manca per una sola giornata, o per diversi giorni.

Sono qui in Burkina Faso, il Paese degli uomini Integri, con l’ONG Associazione Bambini nel Deserto Onlus (BnD) a conclusione del Corso per Volontari della Cooperazione Interazionale, corso organizzato dal Comune di Modena e l’Organizzazione Overseas. Il mio soggiorno nella capitale è di cinque settimane, dal 10 ottobre al 10 novembre, e l’attività di volontariato è presso il Centre Sanitaire Pubblique de Sante’ di Bissighin e la Fondazione Bras Ouverts.

Il Burkina Faso, uno dei Paesi più poveri dell’Africa, con un clima caldo umido terrificante, in una zona (centro Africa) colorata in rosso sulla cartina geografica in dotazione ai colleghi degli ambulatori delle vaccinazioni internazionali.

Il colore rosso identifica questa zona come un luogo in cui sono presenti diverse malattie infettive e contagiose importanti, e di conseguenza il consiglio di eseguire le vaccinazioni necessarie, soprattutto se il tuo viaggio è una esperienza di volontariato e in modo particolare se è in campo sanitario.

Un Paese non solo piccolo ma con un Pil così insignificante che in Italia il colpo di Stato, verificatosi durante la notte del 17 settembre, nelle bulimie delle informazioni trasmesse è passato inosservato. Eppure i burkinabè hanno detto NO con decisione e fermezza ad una nuova dittatura militare. A dire il vero però anche qui a Ouadagoudou si parla poco sia del colpo di Stato avvenuto, sia delle future elezioni che ci saranno a fine novembre, così come non è facile parlare di Sankara, definito da molti il Che Guevara dell’Africa per la sua politica a favore di coloro che non scrivono la “Storia”, a favore dell’indipendenza politica ed economia del Terzo Mondo dall’Imperialismo e dal capitalismo.

Bambini nel deserto non ha progetti sanitari in questo paese, ma a causa del tentato colpo di stato lo stage ha subito una variazione; dovevo essere al confine con il Mali in un campo profughi per poi, dopo due settimane, venire in capitale e lavorare con dei clown.

Invece le mie cinque settimane le trascorrerò fra vaccinazioni e Teatro Forum.

Il Centre Sanitaire Publique de Santé

Colazione con caffè, pane e miele o caffè e biscotti, colazione ricca per un Paese così povero, poi in fretta alle sette di mattina al goudron (la strada principale) per cercare un taxi. Il Centre Sanitaire Pubblique de Santè, dove si trova la Maternitè, è a Bissighin, un quartiere della capitale che dista circa 40 minuti di taxi dall’abitazione, presso Garage Italia nel quartiere di Cissin.

La mattina inizia con quello che io considero la mia più grande fatica: la contrattazione con i tassisti; devo prendere almeno due taxi, se non tre, a 300 Cfr (circa 0,45 euro) a tratta, ma noi bianchi, o nasara, paghiamo comunque più del dovuto, molto di più. Dopo circa 40 minuti di traffico caotico e irregolare, nessuno considera i semafori rossi, e gente indaffarata che si destreggia fra auto, moto, bici e carretti, arrivo alla Maternitè.

Questa è una grande struttura di cemento e lamiera che consta di un’aia centrale con diversi ambulatori ginecologici/ostetrici (compresi sala travaglio e sala parto) e vaccinale.

Entrata della Maternitè del Centre Sanitaire Pubblique de Santè di BISSIGHIN, quartiere di Ouadagoudou
La Maternitè: una grande struttura di cemento e lamiera che consta di un’aia centrale con diversi ambulatori ginecologici/ ostetrici (compresi sala travaglio e sala parto) e vaccinali

Vacciniamo tutte le mattine dal lunedì al venerdì. La giornata lavorativa è caotica e faticosa. Vacciniamo i bimbi fino ai 15 mesi di vita e li proteggiamo, secondo un calendario differente dal nostro, da molte malattie: tubercolosi, poliomielite, difterite, tetano, pertosse, epatite B, infezioni da Emofilo e Pneumococco, enteriti da Rotavirus, febbre gialla, morbillo, parotite e rosolia.

Le mamme sono qui sedute sulle panche con in braccio i bimbi e attendono pazientemente il turno. Non posso non pensare a Modena, agli ambulatori vaccinali, dove oramai nessuno ha più la pazienza di aspettare.

Qui nessuno chiede, nessuno si pone il problema delle controindicazioni, degli effetti collaterali, degli eventi gravi e dello shock anafilattico, queste ultime circostanze insite, raramente, molto raramente per fortuna, nell’atto vaccinale; qui i bimbi muoiono di queste malattie, le mamme forse “percepiscono il rischio” dei danni causati da queste malattie, poiché tanti sono i bimbi e gli adulti rimasti offesi dopo aver contratto la poliomielite o il morbillo.

In Italia invece l’eliminazione e la riduzione di alcune patologie infettive, le controversie sull’utilità e sui vantaggi delle vaccinazione e la diffidenza verso le Istituzioni, fra cui quella sanitaria, non aiuta. I genitori sono sempre più disorientati: cosa fare per il loro unico figlio? Perché a differenza dei Paesi africani l’Italia è un Paese soprattutto di figli unici e le vaccinazioni sono spesso i primi atti sanitari cruenti sull’unico figlio sano.

In ambulatorio ci siamo almeno in cinque o sei, due allieve che si occupano della misurazione del peso, dell’altezza e della circonferenza del braccino del bimbo, quest’ultima per monitorare la malnutrizione, il grande dramma dei Paesi Africani e non solo; due ostetriche che trascrivono i dati e la vaccinazioni eseguite nel Carnet della Santè e nei registri cartacei per l’archiviazione dati, e due che vaccinano i bimbi e le donne gravide. Il mio compito è trascrivere la vaccinazioni nel Carnet della Santè.

Essendo un’ospite mi hanno offerto la sedia più sana presente in ambulatorio, davanti a me le mamme e i bimbi che mi guardano con insistenza, e alcuni bimbi dopo avermi visto con i loro grandi occhioni, piangono, hanno paura del “bianco”.

Il lavoro maggiore si svolge in poche ore, dalle 08,30 alle 11,30, sono momenti caotici, avvengono contemporaneamente diverse cose, c’è molta confusione, il rischio di errore è sempre in agguato: sbagliare vaccino, sbagliare bimbo, sbagliare o non trascrivere dati, e il pianto incessante come sottofondo musicale non aiuta il lavoro.

L’insidia dell’errore è favorita dalla precarietà strutturale: pochi arredi e strumenti di lavoro (comprese le penne), superfici di appoggio inesistenti, registri cartacei usurati e polverosi.

Giustamente le colleghe preferiscono farmi registrare i dati piuttosto che farmi vaccinare, ma sarei pronta a farlo? Potrei modificare la mia modalità di agire la professione? Le elementari norme igieniche sono difficili da rispettare data la precarietà strutturale ma soprattutto mi chiedo se la definizione così scontata di “elementari norme igieniche” possa essere trasferita in una realtà così diversa, la relazione fra gesti e conseguenze è realmente così elementare?

Il cotone che viene utilizzato per strofinare la cute del bimbo, senza disinfettante, è appoggiato sul tavolo, vicino ai registri pieni di polvere; le siringhe vengono preparate e lasciate, a volte, per pochi secondi esposte all’aria; se il bimbo fa pipì e bagna per terra non viene pulito subito e comunque manca anche l’occorrente per farlo; non vengono lavate le mani se non alla fine della seduta vaccinale; viene alzata polvere ogni volta che si usano i registri. In compenso una grande opportunità: quando le colleghe sono stanche, si tolgono le scarpe, alzano i piedi su un banchetto continuando a vaccinare, oh, se potessi farlo io!

La Fondazione Bras Ouvertes

Facili giudizi, mi dico, lavora tu in un ambiente precario, dove mancano i presidi sanitari essenziali per lavorare in sicurezza, come ad esempio i guanti, dove l’attinenza fra condotte sanitarie e malattie contagiose probabilmente è sconosciuta. Per questo lavoro anche Jacobb presso La Fondazione Bras Ouvertes che accoglie bambini ed adolescenti in difficoltà, e che si occupa di diritti dell’infanzia.

Prove presso la Fonadazione

Con Jacobb decidiamo di elaborare presso la Fondazione un’attività teatrale sul tema dell’igiene. Ci incontriamo tre volte alla settimana e attraverso la pratica del Teatro Forum, e Jacobb come facilitatore, i bimbi e i ragazzi narrano storie accadute, danno definizioni e scelgono cosa rappresentare: un bimbo affetto da malaria, va al Dispensario per la consultazione, esegue la visita, poco dopo vomita dove ci sono altri ammalati e nessuno pulisce.

Come sempre i bimbi vanno dritti nel cuore del problema, senza retorica. Eseguiamo diverse prove, con aggiustamenti e suggerimenti vari e via via che le prove procedono emergono lavori straordinari.

Momenti di prova teatrali sul tema dell’igiene con i bimbi e i ragazzi della Fondazione Bras Ouvertes

Allora un sogno, un’utopia, creare con loro spettacoli per stimolare, sensibilizzare e formare la popolazione in generale e i professionisti sanitari in particolare e, perché no, collaborare con le colleghe di Bissighin, che mi hanno accolta con tanta umiltà, e insieme a loro scegliere quale tematica sanitaria approfondire.

Di loro, e di tutti coloro che ho conosciuto, compresi i molteplici tassisti, mi rimane l’ospitalità simbolicamente espressa con le parole, in francese africanizzato,“pas de problème”, che riferisce a mio parere non solo la loro cortesia ma anche la loro soggezione ai coloni francesi.

Foto ricordo prima della mia partenza con Jacobb, creatore e educatore della Fondazione, e i ragazzi e i bimbi. La Fondazione Bars Ouvertes si trova nel quartiere “artistico”della capitale GAUNGHIN.

Stage realizzato con l’associazione Bambini nel deserto

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Cooperazione Internazionale

Dal 2006 a Modena si formano con un corso annuale i Volontari della Cooperazione Internazionale. Qui i loro reportage di viaggio da Africa, Asia, America Latina