Il nostro nuovo campo da gioco

Wyde Publishing
Wyde PlayGround
Published in
5 min readSep 1, 2020

di Jlenia Ermacora e Gregorio Di Leo

Wyde nasce 3 anni fa. L’idea che abbiamo cercato di realizzare era quella di una scuola per imparare a fare, pensare e progettare. Eravamo più che mai convinti che non ci fosse più bisogno di scuole di business ma di scuole di pensiero. Luoghi in cui fare incontrare persone e imprese che come noi accettassero la sfida più intima e ribelle: cambiare, trasformarsi sognando insieme il proprio futuro fuori dagli schemi convenzionali, dalle gerarchie, dai meccanismi consolidati che troppo spesso abitano la nostra società.

Liberi di osare, sperimentandoci in nuovi progetti, il nostro intento è stato fin da subito quello di aiutare le persone a sviluppare nuove geometrie progettuali che portassero un beneficio a tutta la comunità-impresa, riducendo le separazioni e riscoprendo l’importanza di mettere al centro del lavoro la relazione.

Anche il modo di insegnare doveva essere speciale. Quel metodo, doveva rispettare gli stessi principi che rendono l’apprendimento vivo, immergendo le persone in esperienze coinvolgenti, emozionanti e rilevanti per il loro sviluppo. Wyde doveva creare le condizioni affinché all’interno delle imprese fiorissero community ambiziose di trasformare il caos dell’esperienza in qualcosa alla quale valesse la pena appartenere.

Quelli appena passati sono stati tre anni intensi che hanno visto giorno dopo giorno moltissime persone di straordinaria qualità avvicinarsi e condividere con noi questo viaggio. Sono i membri della nostra faculty di professionisti, le persone che collaborano con noi e i nostri clienti che hanno deciso di darci fiducia. Sono i Wyders.

Così, in appena tre anni, Wyde stessa è diventata una comunità. Una comunità provvisoria, come direbbe il nostra amico poeta Franco Arminio. Un gruppo di persone che viene e che va ma che condivide valori, speranze, strumenti e ambizioni, “perché i paesi non li possono salvare quelli che ci sono incastrati dentro” ma soltanto chi crede nell’importanza del movimento, prima di tutto del cuore e poi intellettuale.

E arriviamo agli ultimi giorni di questo Febbraio, quando Giorgio — uno dei wyders che è stato tra i primi sostenitori e progettista di questa nostra avventura che si chiama Wyde — ci invita a vedere uno spazio messo a disposizione dal Comune di Macerata. È uno spazio industriale, un ex- mattatoio che è stato rigenerato e che verrà dato in concessione a chi presenterà un progetto valido in grado di supportare la trasformazione del territorio. “Ve la sentite?” ci chiede Giorgio, “siete pronti?”.

ph. Wilson Santinelli

Non lo sapevamo se eravamo pronti. Sentivamo che era “un coup de coeur”. In realtà, pochi giorni dopo, si rivelava una sfida ben più grande di quel che potessimo pensare: il mondo si fermava. È stato proprio in quei giorni che abbiamo cercato il coraggio di affrontare la paura e l’incertezza con la speranza. Così, tra una Zoom e l’altra, tra qualche notte insonne e qualche ricetta di pane fatto in casa, abbiamo cominciato ad immaginare quello spazio industriale — situato in una delle regioni più belle d’Italia, le Marche, tra colline, buon cibo e alcune delle più incredibili eccellenze imprenditoriali italiane — come la nostra casa.

Mentre ci trovavamo lì, chiusi dentro le mura domestiche, è stato terapeutico far viaggiare la nostra mente ed immaginare nuovi luoghi da abitare, nuove opportunità da cogliere per voltare pagina, pur non conoscendo la trama dei capitoli a seguire. Ciò che era importante era dirci che non ci saremmo fermati, che dovevamo continuare a pensare al nuovo.

A quella casa abbiamo dato il nome di Innovation Playground: un campo di gioco aperto a tutte le imprese che decidono di cambiare prospettiva, di porsi le domande necessarie a riformulare il modo di lavorare. Nella nostra casa si parlerà di trasformazione positiva delle imprese e del territorio. Ci sarà un co-working, una community attiva di imprenditori, una scuola dedicata alla Trasformazione Positiva e un laboratorio permanente di accompagnamento alle imprese. Digitale e Circolarità saranno le due direttive di questo sogno, che mette al centro la capacità di collaborare e si rivolge a individui e team consapevoli che uno schema collaborativo per silos verticali, incastrato in gerarchie rigide, non è più efficace ed efficiente. Nel nostro campo da gioco si penserà a nuovi modelli di crescita e sviluppo, e a maniere diverse di lavorare.

Credits Jlenia Ermacora

Ancora riusciamo a visualizzare la fotografia di quel luogo e ricordare la descrizione che ne faceva Giorgio quel giorno: qui, il paesaggio, la campagna, il costruito sono tutte espressioni di una condivisione finalizzata ad un beneficio collettivo. Non solo, si restituisce alla comunità curando la terra e i suoi frutti. Bellezza e regola, coltura della terra, orti e paesaggio sono qui sinonimo di una prospettiva profonda nell’organizzazione della vita, resa dolce dalla morfologia morbida del territorio (lo sguardo si distende lungo colline, campi, radure, acque tranquille, montagne).Un interscambio tra intenti creativi e comunità territoriali, una larga diffusione della bellezza sociale e della norma, capace di permeare tutto il territorio.

Con l’Innovation Playground vogliamo continuare a fare evolvere la community di Wyde portando il nostro contributo in un territorio specifico e creare nuove connessioni che possano davvero supportare la trasformazione del nostro paese. Ciò che sarà importante, sarà far fiorire una nuova progettualità.

ph Wilson Santinelli

La nostra ambizione è quella di creare un ecosistema di innovazione che possa portare un contributo concreto. Vogliamo mettere insieme il meglio dell’imprenditoria Italiana e delle grandi esperienze internazionali, con le quali già collaboriamo da tempo, creando qualcosa che fino ad oggi non è stato mai fatto.

Ogni giorno in Wyde accadono molte cose, per molte persone diverse e in molti modi differenti. Siamo alle prese con un nuovo mondo e vorremmo pensare che la partita si giochi restando unici. Per centrare un risultato ancora più arduo: compiere un’impresa, prima ancora di fare impresa.

E perchè quando tutto si ferma, l’importante è non smettere di sognare.

--

--