Epistème + Politikos = Phoenix Prize

Ovvero come scegliere quello giusto tra tutti i futuri possibili, gestati da tecnologie esponenziali.

wikipolis
5 min readJun 28, 2015

Chi premierà il Phoenix Prize? Chi creerà il miglior algoritmo per lo sviluppo, una sequenza ordinata e finita di passi (operazioni o istruzioni) elementari che permetta di :

a) creare un nuovo canale di finanziamento per progetti ambiziosi ma altrimenti infinanziabili (vedi Improbable, Numenta etc.)
b) identificare, nutrire e tracciare i progressi di talenti precoci.
c) Connettere idee (di persone senza team) e talenti con idee sub-ottimali.
d) abbassare i costi di acquisizione clienti per le suddette imprese.

Live in the future and build what is missing.(Paul Graham)

Invest in the future you believe will happen, rather than the incremental improvements in today’s world. (Fred Wilson)

Sia Graham che Wilson, due delle persone più brillanti in un settore che richiede molta destrezza analitica, sembrano accettare un approccio deterministico secondo cui esiste una cosa chiamata “il futuro” e solo se la si “indovina” si può “dare al mondo” ciò che il mondo, già oggi, voleva, seppure inconsciamente.

Che succede alla politica se non entra nei dettagli del futuro che vuole, se non costruisce quel che manca? Succede che diventa ancillare, residuale, rassegnata all’idea che dei non-eletti continuino a creare il futuro nel quale tutti finiamo per essere meri inquilini. Nel migliore dei casi può entrare (nei panni del regolatore) in una guerra d’attrito con gli aggregatori.

La buona notizia è che Graham e Wilson hanno torto: non esiste “il futuro”, potenzialmente ne esistono tanti, diversissimi l’uno dall’altro e se arriviamo ad un consenso dettagliato su quello che vogliamo, potremmo, forse, iniziare a costruirlo già oggi.

Perchè forse? Perchè la precondizione per un consenso profondo è la conoscenza di ciò che è tecnologicamente possibile. E per fare questo servono percorsi nuovi che vadano oltre l’impotente litania di desiderata. Non è più tempo di sfogliare il menu preparato per noi. Dobbiamo avere i mezzi intellettuali per contribuire a stilarlo, quel menu. Altrimenti nel menu non ci finiranno tutte le alternative possibili ma solo quelle a noi più sfavorevoli. Questo costa fatica.

E’dovere di chi sa di semplificare il più possibile ed è dovere di cittadinanza di chi non sa, di capire che il valore del suo giudizio è proporzionale alla sua capacità di conoscere le implicazioni dei problemi che si cerca di risolvere.

Un’altra buona notizia è che, nella misura in cui si accettano queste premesse, emergono modalità nuove di agire nelle proprie comunità e si scoprono obiettivi insieme ottenibili e radicali, più adatti agli scoraggiati dalla politica.

Quando Graham e Wilson parlano di “abitare nel Futuro” si riferiscono, di fatto, al futuro costruibile attraverso la mediazione del venture capital, che è ottimizzato per l’efficienza di capitale (ROI). Si riferiscono ad un futuro che, vuoi per compartimentalizzazione o per negabilità plausibile, assumono essere accidentale e che è invece, in larga misura, deliberato da un anello (politico) mancante tra ricerca e investitori privati, anello spesso occupato da contributi a fondo perduto di agenzie statali legate all’intelligence (vedi Oracle) o alla difesa (vedi Google), agenzie dello Stato profondo con budget segreti e moventi ancora più oscuri.

L’establishment sembra invincibile ma siamo sicuri di sapere quanto si investe, ogni anno, al primo (più importante e più rischioso) stadio di sviluppo?

Penso sia molto meno di quanto crediate.

Al mondo ci sono $135 trilioni (dichiarati, 1 GB£=1.5 US$) di asset investibili e “solo” lo 0,37% di questi ($50mld) vengono investiti in venture capital, ogni anno. Di quei $50mld, 30 vengono investiti negli USA (7 dei quali in “bonifici” tra l’1 e i 10 mln). Questo a fronte di $1 trilione/anno tra dividendi & buybacks nei soli USA.

Perchè l’establishment non investe di più? La vulgata è che maggiori investimenti avrebbero conseguenze negative sull’efficienza di capitale peccato che la quantità di capitale che si può efficientemente allocare non è “data” (non più di quanto lo sia la “quantità di lavoro”).

Se allo stadio seed ci fosse più capitale investito con maggiore propensione al rischio (investimenti da $2 mln vs. $20mila di parenti & amici) questo avrebbe conseguenze a cascata sugli stadi successivi.

Uno scenario alternativo, politicamente esplosivo

I paesi OCSE hanno ~1mld di abitanti e una percentuale di ingegneri pari a circa lo 0,5%, ovvero 5 milioni. Se ciascuno di loro investisse $1000/anno sarebbero $5mld, ovvero circa 5x quanto si investe in America, nella categoria $1–2mln (come detto, il primo, più importante e più rischioso stadio di sviluppo). Sarebbe meno efficiente, non c’è dubbio, ma il feticismo dell’efficienza di capitale ci ha portato al punto in cui siamo. L’aliante ha un’efficienza energetica incomparabilemente superiore al razzo ma se l’obiettivo è mettere in orbita un satellite l’efficienza energetica dell’aliante non servirà a molto.

Alla luce di quanto sopra, è chiaro che non sarà il Grande Capitale e prendersi i rischi che, come Umanità, dobbiamo prenderci, per avere una chance di governare in modo progressista le sfide che ci attendono.

Il che ci porta al crowdfunding, un super-potere — anche politico (free speech, risposta all’ISDS del TTIP) — che troppi ancora non sanno di avere.

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