A scuola di app e open data

Agenda digitale dell'Umbria
AdUmbria
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2 min readOct 6, 2014
app InUmbria
Gli studenti dell’Itis Volta presentano l’app InUmbria (foto: Giovanni Bicerna)

Vedere i ragazzi dell’ITIS Alessandro Volta — di recente citato su CheFuturo! tra gli esempi di scuola virtuosa — presentare la loro app InUmbria alla conferenza stampa del portale dati.umbria.it per me è stato motivo di soddisfazione. I ragazzi sono riusciti in quello che ci eravamo prefissati di fare solo qualche settimana prima, hanno imparato dall’esperienza e io ho imparato qualcosa da loro. Inoltre è stata una prova che il modello adottato funziona, e che il digitale e gli open data possono aprire con estrema facilità spazi sul piano didattico e professionale.

Sono Tommaso, ho 26 anni, una laurea in Ingegneria informatica e lavoro da più di un anno per l’Università, in un progetto della Regione sull’Agenda digitale dell’Umbria. Nel tempo libero mi dedico anche allo sviluppo software, e tra le diverse attività faccio anche qualche app. Così, quando mi è stato detto che la Regione Umbria avrebbe ospitato degli studenti della scuola 2.0 per eccellenza della nostra regione, l’istituto ITIS A. Volta, e mi è stato chiesto: “cosa gli facciamo fare a questi ragazzi?” la mia risposta è stata ovvia: “creiamo un’app!”.

In quel periodo già stavamo lavorando da tempo alla pubblicazione degli open data, e avevamo più volte incontrato la difficoltà di far capire, sia all’interno, sia all’esterno, l’utilità di aprire i dati. Da queste esigenze è venuta l’idea: se avessimo dimostrato come possono essere usati gli open data, magari da una scuola, avremmo avuto degli strumenti per comunicare più efficacemente anche qual è il ruolo dei dati aperti.

La scelta è ricaduta sui luoghi della cultura, sia perché si tratta di un dataset interessante, sia perché può avere una vera applicazione pratica. I ragazzi hanno risposto alla nostra proposta con entusiasmo: avevano scaricato migliaia di app ma non ne avevano mai fatta una, avevano studiato i linguaggi e le tecniche di programmazione, ma metterle in pratica era un’altra cosa. Le difficoltà sono state molte, dall’imparare a utilizzare i costrutti studiati a lezione, all’elaborare i dati grezzi, dall’ideare una grafica accattivante al problema dell’ultimo minuto: “e adesso che nome gli diamo?!”.

L’aspetto per me più istruttivo è stato forse vedere l’impegno con cui hanno affrontati tutti questi problemi in breve tempo, raccogliendo le sfide man mano che si presentavano e vivendole con entusiasmo. E, naturalmente, il risultato di questi sforzi ora è disponibile a tutti.

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