Ecco le falle nella governance dell’Agenda digitale italiana

Giovanni Gentili
Agendadigitale
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11 min readNov 19, 2015

Facciamo un quadro esaustivo della governance, che sulla carta è completa. Ma nei fatti scopriamo che tutti i luoghi di disegno architetturale sono “non convocati”, dimissionari o da strutturare. Ecco perché l’execution a volte fa cileccaOriginariamente pubblicato su www.agendadigitale.eu il 19 novembre 2015.

Dopo anni di convegni sull’agenda digitale ed una intesa attività di programmazione, la fase di preparazione è ormai completa ed i discorsi vertono sull’esecuzione.

La frase tipica, che arriva prima di metà convegno o di metà riunione, è di questo tipo: “Ora passiamo all’attuazione”, che nella versione pragmatica diventa: “E’ ora di agire. I fondi ci sono. Le strategie sono definite tutte”, che nella versione elettrotecnica si presenta come: “Dobbiamo scaricare a terra il potenziale” mentre per chi preferisce la venatura meccanica è: “Si tratta solo ingranare la marcia e via”. Gelo.

A questo punto molti interlocutori, addetti ai lavori e non, sono colti da una sorta di “smarrimento”: ma cosa manca per far accadere le cose? Sarebbe facile citare Aspettando Godot o il Deserto dei Tartari… invece la discussione si sposta, solitamente, sulla “governance” [1].

Alcuni si arrischiano dicendo: “E’ tutta colpa della governance”, oppure: “C’è troppa governance”, ma invece per altri: “No, c’è poca governance”, in ogni caso la voce unanime è sempre: “Va cambiata la governance”…

La stessa Legge Madia per la riorganizzazione della PA dice espressamente nella delega che bisogna “razionalizzare i meccanismi e le strutture deputati alla governance in materia di digitalizzazione, al fine di semplificare i processi decisionali” [2].

Ma quando parliamo di Agenda digitale in Italia — ovvero temi come la cittadinanza digitale, l’innovazione nelle imprese/Industry4.0 [3], l’innovazione sociale, l’Internet-of-Things (IoT) [4], ecc. — di quale governance parliamo esattamente? Quale parte della governance è eventualmente carente?

Se esiste una leva del cambio (cambiamento), chi è che non ingrana la marcia?…

LA GOVERNANCE DELL’AGENDA DIGITALE IN ITALIA

Da una ricognizione di tutti gli atti normativi italiani e dalla regolamentazione europea, è possibile ricostruire un quadro complessivo degli organismi che hanno un ruolo rispetto ai temi, molto vasti e trasversali, che rientrano nell'Agenda digitale.

Va detto che la governance attuale appare completa su tutti i livelli ed è congruente con la complessità e vastità delle iniziative dell’agenda digitale, la numerosità degli attori pubblici e privati coinvolti. La presenza di una filiera nazionale (sulla sinistra dello schema — governo e ministeri) e di una filiera regionale (sulla destra dello schema) è inevitabile dato l’impianto costituzionale attuale e l’impianto delle politiche europee di coesione (che sono a base regionale).

schema generale

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Nello schema sono riportati in “viola” organismi definiti per legge che sono, però, inattivi (o mai attivati) per mancanza delle nomine formali dei vari rappresentanti previsti oppure, ove i rappresentanti siano stati già nominati, non più convocati da anni (ad esempio è il caso della “Commissione SPC” [5]).

Tali organismi riportati in viola (o meglio il loro ruolo teorico) sono tutt’altro che inutili, e questa è una delle prime criticità che risultano evidenti, anche perché tali organismi inattivi sono tutti in mezzo allo schema… di collegamento tra la filiera nazionale e quella regionale.

Altra criticità evidente è che gli aspetti formali delle varie parti della governance sono tutti ben scritti, ma mancano una leadership forte e una governance forte. Come dire che c’è la scatola ma non il contenuto. E questo in alcuni livelli più che in altri. Proveremo ad esaminarli più avanti, ma si può dire subito che il problema non è di governance ma di capacitazione (capacity building) [6].

Non per niente esiste un “PON Governance 2014–2020” [7], uno degli strumenti più strategici per il cambiamento del Paese che abbia in mano oggi il Governo.

Nello schema sono stati inquadrati gli organismi su tre livelli classici:

  1. livello politico — coloro che decidono “cosa è giusto fare”, fissando dei “risultati attesi” a livello strategico e finanziando missioni/programmi a livello macro (stanziamenti di bilancio, ripartizione dei fondi, ecc.) — all’interno di questo livello ci sono anche tutti i meccanismi di coordinamento politico ed i consiglieri politici;
  2. livello tecnico-amministrativo — coloro che declinano i “risultati attesi” (outcome) verso gli operativi, fissando dei “mandati progettuali” (che vengono assegnati a precise responsabilità nel livello di esecuzione) e monitorando il quadro dei benefici che deriveranno dall’insieme dei progetti selezionati — all’interno di questo livello è stato inserito anche il ruolo di chi supporta questo livello e quello politico nel coordinare il portafoglio progettuale complessivo (portfolio management [8]) e di chi presidia il quadro architetturale complessivo (enterprise architecture [9]) fissando vincoli e standard che i progetti dovranno rispettare;
  3. livello dell’esecuzione — coloro che gestiscono in autonomia l’esecuzione dei progetti (project management [8]) sulla base di un mandato&budget definito, tipicamente le strutture dirigenziali che hanno la “responsabilità di azione” e devono definire i prodotti di progetto (il “cosa fare” — output) sulla base delle esigenze degli utenti, per poi individuare chi realizzerà tali prodotti (tramite incarico ad in house o tramite affidamento in evidenza pubblica) — all’interno di questo livello abbiamo collocato anche coloro che realizzano i prodotti, definendo il dettaglio delle attività necessarie (il “come fare”) e coloro che poi erogano il servizio in via ordinaria.

Nei successivi paragrafi si farà una disamina dei tre livelli.

Livello politico e strategie

Nella filiera nazionale è stata considerata una delega de facto alla Funzione Pubblica sull’innovazione visto che controlla il PON Governance ed AgID. Formalmente la delega è alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che, però, non ha più un Dipartimento innovazione. In passato esisteva un Ministro all’innovazione [10]. In ogni caso, una vision strategica c’è (e sta per essere aggiornata all’evento di Venaria) così come ci sono dei risultati attesi.

Manca un luogo politico di coordinamento tra ministri, ma possiamo assumere che sia la “Cabina di regia per l’attuazione dell’Agenda digitale italiana”, che è anche il luogo di confronto politico centro/regioni. Solo che la Cabina di regia non viene convocata.

Le regioni hanno costituito una “Commissione speciale Agenda digitale” [11] quale luogo di raccordo politico tra i Presidenti, ma non c’è un interlocutore governativo che raccordi tutti i ministeri. Ma se si vuole citare una lacuna macroscopica, non c’è una Commissione parlamentare dedicata all’Agenda digitale ed innovazione [12]. Se ne parla ovunque e, quindi, in fondo, non se ne occupa nessuno.

Livello tecnico-amministrativo e programmazione

A questo livello la governance nella parte alta è di impostazione europea, chiara ed incentrata sulle “Autorità di gestione”[13] dei POR (piani regionali) e dei PON (piani nazionali). I risultati attesi sono stati declinati (almeno quelli della programmazione europea, molto meno quelli delle iniziative a valere su fondi nazionali o ministeriali), i fondi sono allocati.

Per far partire i mandati serve un quadro relativo alle nuove “capability” [14] da costruire, perché nessun risultato è raggiungibile con un intervento solo infrastrutturale, solo applicativo, o solo organizzativo… Questo richiede una chiara architettura complessiva (enterprise architecture [9]) di ciò che si deve costruire per arrivare ai risultati attesi. Manca anche qualcuno che monitorizzi l’intero portafoglio progettuale attivato da numerosi attori.

Ma la parte bassa dello schema abbonda di organismi di colore viola… perché tutti i luoghi di disegno architetturale sono “non convocati”, dimissionari o da strutturare.

Le regioni sopperiscono con i loro gruppi di lavoro, ma solo sui progetti inter-regionali… non potendo incidere sulle grandi piattaforme nazionali quali ANPR, SPID, PagoPA, ecc. Anzi, senza un disegno architetturale nazionale anche i disegni architetturali locali “mettono pezze” puntualmente sconfessate da successive scelte nazionali (scelte legittime e buone, ma prive di un metodo con cui discuterne senza improvvisazione).

Su questo livello, alcune regioni stanno anche sperimentando dei “cluster” (con l’esperienza pilota delle regioni dell’Italia mediana [15]: Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, in collaborazione anche con AgID) per avere un disegno architetturale comune almeno nell’ambito delle azioni della programmazione 2014–2020 nell’obiettivo tematico agenda digitale (OT2).

Non stupisca la collocazione ipotizzata nello schema per il “Comitato di indirizzo AgID” [16], le cui deliberazioni sarebbero teoricamente assimilabili alle delibere della fu Autorità per l’informatica nella PA (AIPA) [17].

Tale ruolo è identificato dal DPCM 8 gennaio 2014 che recita: “AgID (..) si attiene alle deliberazioni del Comitato di indirizzo (..) per ogni decisione atta a garantire una visione unitaria e condivisa di evoluzione del Sistema Informativo della Pubblica Amministrazione anche ai fini della coerenza con le deliberazioni specialistiche assunte nell’ambito della Commissione SPC (..) e della Cabina di Regia per l’Agenda Digitale Italiana (..) si definisce “Modello strategico di evoluzione del Sistema Informativo della Pubblica Amministrazione”, la cui deliberazione è sottoposta al Comitato di indirizzo su istruttoria dell’Agenzia, la documentazione progettuale e normativa che, nello scenario attuale ed a medio-lungo termine, identifica banche dati ed infrastrutture materiali ed immateriali di interesse nazionale oltre che, con riferimento alle istituzioni competenti, i progetti in corso per garantirne l’attuazione ed il loro stato di avanzamento. (..)
Sono ricomprese nel novero delle infrastrutture immateriali
* l’emanazione di linee guida, regolamenti e pareri interpretativi;
* le scelte di standard che garantiscono l’interoperabilità a livello nazionale ed europeo;
* la scelta delle priorità di intervento in relazione alle disponibilità finanziarie;
* la stipula di accordi di natura strategica che contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi posti dal citato modello
* le segnalazioni di incongruenze normative che impediscono il raggiungimento dei risultati attesi” [18]

Il linguaggio è burocratico, ma si tratta di enterprise architecture [9] e di gestione di portafoglio (portfolio management [8]) a livello strategico. Sicuramente su questi due temi c’è molto da fare con azioni di capacitazione di tutte le strutture nazionali e regionali. Le norme ci sono tutte.

Quindi senza un disegno architetturale di ciò che si vuole raggiungere, diventa difficile dare mandati progettuali chiari alle strutture del livello di esecuzione.

Non male come problema per ingranare la marcia, girare la chiave o scaricare potenziale.

Livello dell’esecuzione e gestione progetti/erogazione servizi

La prima cosa che salta all’occhio dallo schema del livello di esecuzione è che non c’è nulla colorato di viola. Ma non avevamo un problema di execution?

Le strutture deputate alla gestione dei progetti presentano sicuramente necessità di capacitazione sul project management così come sarebbe estremamente utile adottare un linguaggio ed una metodologia unica per tutti i progetti (sia di ICT che non). Adottiamo per decreto direttamente la metodologia PRINCE2 del governo inglese [8] e l’esecuzione avrà un miglioramento netto e deciso.

AgID è una agenzia, e quindi come da d.lgs. n.300/1999 “Le agenzie sono strutture che svolgono attività a carattere tecnico-operativo di interesse nazionale” prima “esercitate da ministeri ed enti pubblici. Esse operano al servizio delle amministrazioni pubbliche, comprese anche quelle regionali e locali” [19]

AgID come agenzia può fornire servizi ai progetti di tutti i ministeri e delle regioni. Ma per questo deve essere potenziata e il suo ruolo deve essere previsto nei mandati progettuali, e, quindi, deve esserci anche una scelta politica in tal senso. Sicuramente, non dovrebbero esserci progetti ministeriali senza AgID. Con uffici territoriali di AgID, potrebbe esserci anche l’apporto ai progetti regionali.

Per quanto riguarda le regioni, queste hanno il CISIS [20], una tecnostruttura della Conferenza delle regioni dedicata ai temi della società dell’informazione in diretta connessione alla Commissione speciale AD del livello politico [11].

Si tratta di un centro di eccellenza (nel senso di “Center of Excellence” — CoE [21]) che permette al sistema regioni di attingere alle competenze specialistiche presenti in una regione a favore di tutte le altre. Le competenze specialistiche non sono presenti in tutte le regioni in maniera uniforme (sia per materia che per territorio) ma il complesso del sistema regioni è una grande risorsa di competenze, su cui investire a livello di capacitazione potenziando la rete esistente. Se consideriamo anche le in house regionali del settore ICT, si tratta di un nutrito “esercito” in attesa di ordini precisi. Anche il mercato presenta sicuramente uno skill shortage, ma può essere potenziato solo dalla domanda delle PA tramite l’agognato avvio esecutivo dei progetti, che porti il mercato a competere in un vero ecosistema digitale italiano.

Conclusioni

Per avere un ecosistema è necessario avere un disegno architetturale documentato pubblicamente, da discutere anche con gli operatori privati, tramite i lavori del “Comitato di indirizzo AgID” e della “Commissione SPC” (o di chi sia chiamato a svolgere tali onerosi incarichi), lavori che vanno svolti completamente in pubblico, aperti al contributo di tutti, con RFC gestite come fa IETF (Internet Engineering Task Force [22]), anche realizzando delle implementazioni di riferimento (reference implementation [23]) disponibili liberamente a tutti in open source.

Un disegno architetturale complessivo, insieme a risultati attesi con benefici misurabili, responsabilizzerebbe contemporaneamente tutti i livelli: quello politico, quello tecnico-amministrativo e quello dell’esecuzione, innescando davvero l’esecuzione.

Forse per questo quegli organismi sono di colore viola. Cambiargli colore, vorrebbe dire fare un vero salto culturale per un Paese in cui la parola “accountable” (che in inglese è diverso da “responsible” [24]) non ha nemmeno una traduzione.

[1] “governance” è un concetto ben diverso da “govern” e non implica per definizione strutture o processi rigidamente gerarchici — Hufty, Marc (2011) per la governance parlano di “the processes of interaction and decision-making among the actors involved in a collective problem that lead to the creation, reinforcement, or reproduction of social norms and institutions

[2] art.1, comma 1, lettera l), Legge n.124/2015

[3] in italiano anche “Fabbrica 4.0” https://en.wikipedia.org/wiki/Industry_4.0

[4] in italiano anche “Internet delle cose” o “Internet degli oggetti” https://it.wikipedia.org/wiki/Internet_delle_cose

[5] http://www.agid.gov.it/agenda-digitale/infrastrutture-architetture/sistema-pubblico-connettivita/commissione-coordinamento

[6] in italiano traducibile come “capacitazione” o, in ambito pubblico, come “aumento di capacità istituzionale” o ancora come “rafforzamento della capacità amministrativa”

[7] una sintesi degli scopi è disponibile qui http://www.dps.gov.it/it/pon_capacity_building/programma/Programma.html ed il testo ufficiale del PON è qui http://www.funzionepubblica.gov.it/media/1228610/pon_gov14-2020_final.pdf

[8] si fa riferimento ai concetti di portfolio management, P3O e project management nelle accezioni delle best practice sviluppate dal governo UK: https://www.gov.uk/government/publications/best-management-practice-portfolio/about-the-office-of-government-commerce

[9] ISO/IEC 42010:2007 definisce “architettura” come “the fundamental organization of a system, embodied in its components, their relationships to each other and the environment, and the principles governing its design and evolution” — sul concetto di “enterprise architecture” (EA) vedere anche https://en.wikipedia.org/wiki/Enterprise_architecture

[10] il sito archeologico è qui http://www.sitiarcheologici.palazzochigi.it/www.innovazionepa.it/maggio%202007/www.innovazionepa.it/index.htm — della necessità di un ministro se ne parla ad esempio qui http://www.dimt.it/2015/05/04/lagenda-digitale-ha-bisogno-di-un-ministro/ ed anche qui http://www.techeconomy.it/2014/02/19/fuggetta-ministro-o-sottosegretario-servono-competenza-e-responsabilita-politica/

[11] http://www.regioni.it/informazioni/

[12] http://www.corrierecomunicazioni.it/pa-digitale/24340_coppola-agenda-digitale-in-parlamento-serve-una-commissione-ad-hoc.htm

[13] http://ec.europa.eu/regional_policy/index.cfm/it/atlas/managing-authorities/

[14] il termine “capability” è diverso da “capacity” — facendo riferimento alla definizione TOGAF: “an ability that an organization, person, or system possesses. Capabilities are typically expressed in general and high-level terms and typically require a combination of organization, people, processes, and technology to achieve.

[15] protocollo d’intesa del cluster “Italia Mediana” http://www.agid.gov.it/sites/default/files/documentazione/protocollo_collaborazione_inter-regionale_agendadigitale.pdf

[16] http://www.agid.gov.it/agid/organi/comitato-indirizzo

[17] AIPA istituita nel 1993, di cui sono in parte eredi CNIPA, DigitPA e AgID https://it.wikipedia.org/wiki/Autorit%C3%A0_per_l%27informatica_nella_pubblica_amministrazione

[18] statuto AgID, estratto da art.3 http://www.agid.gov.it/sites/default/files/documentazione/statuto_agid_gu_doc_completo_20140214.pdf

[19] art. 8 del d.lgs. n.300/1999

[20] http://www.cisis.it

[21] https://en.wikipedia.org/wiki/Center_of_excellence

[22] https://www.ietf.org/

[23] https://en.wikipedia.org/wiki/Reference_implementation

[24] https://en.wikipedia.org/wiki/Responsibility_assignment_matrix

Originariamente pubblicato su www.agendadigitale.eu il 19 novembre 2015.

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