Re:Humanism Art Prize 2020

Arturo Barbato
Alan Advantage
Published in
9 min readNov 26, 2020
Re:Humanism — RE:DEFINE THE BOUNDARIES

Intervista a Daniela Cotimbo, cuore, testa e anima di Re:Humanism.

L’idea, la genesi, la prima call, i dieci vincitori premiati a La Galleria Nazionale di Roma, la mostra ad Albumarte, l’Associazione Culturale, fino a “RE:DEFINE THE BOUNDARIES”, la nuova call che approderà al MAXXI nel 2021.

Arte contemporanea, intelligenza artificiale, umanesimo, ci racconti come è nata l’idea di Re:Humanism? Qual è stato il percorso che vi porterà, a maggio prossimo, fino al Museo MAXXI?

Re:Humanism è nato nel 2018 da uno scambio attivo tra me e Alfredo Adamo, CEO di Alan Advantage che tuttora è alla base di ogni iniziativa. Alfredo era stato da poco a Boston, per una delle sue visite annuali, è lì aveva raccolto tutta una serie di riflessioni e stimoli da parte di diversi stakeholder, tutti convinti della necessità di riportare al centro dello sviluppo tecnologico una riflessione sul design e sulla sostenibilità, valori di cui l’Italia per secoli è stata portavoce.

Raccogliendo queste suggestioni, da storica dell’arte e curatrice, per me il link con l’arte contemporanea è stato immediato. Abbiamo pensato ad un art prize perché era il modo migliore per iniziare a mappare le esperienze più interessanti nell’ambito e il risultato della prima edizione è stato sorprendente. Io stessa non mi aspettavo che ci fossero così tanti progetti sul tema, nel giro di due anni ho visto queste proposte triplicare, forse perché stiamo diventando più padroni di questa tecnologia. Questo è esattamente quello che ci auguriamo. La seconda edizione, oltre a rimarcare questo obiettivo, è un fatto sentimentale: non riuscivamo a rinunciare a questo progetto che ormai è diventato uno dei pilastri della Alan Advantage.

Il resto sta succedendo in maniera molto naturale, in tanti si stanno unendo a noi con un intento comune e ci stanno dando una gran mano nel farlo crescere: poter portare i vincitori ad esporre al MAXXI e al Romaeuropa Festival rappresenta proprio uno di questi obiettivi raggiunti grazie al supporto e alla collaborazione tra diverse realtà.

RE:DEFINE THE BOUNDARIES è il titolo della call 2020: parliamo di confini quindi. La tecnologia, quando human centered, ci aiuta a espanderli, la pandemia ci chiude in casa e costruisce nuovi muri. Come ri-definirli, quindi, oggi?

Ci sarebbe tanto da poter dire sul concetto di confine. Ho sempre pensato ai confini come a qualcosa di mobile, di fluido, come ad esempio nelle mappe geografiche, quante volte sono cambiati nel corso della storia? In quel senso (e non solo) i confini sono anche qualcosa di problematico, possono trasformarsi anche in dei limiti. L’augurio di questa seconda edizione è che guardiamo ai confini come a qualcosa da rimettere in discussione costantemente. Nello specifico mi riferisco al confine tra uomo e macchina, tra uomo e natura, tra progresso e governance.

Dobbiamo stare molto attenti a non farci definire dai nostri confini, al contrario a ri-definirli ad ogni cambiamento. Oggi più che mai, in un mondo “confinato” a causa di una pandemia mondiale, abbiamo l’opportunità di ripensare a tante delle nostre esperienze quotidiane. Come lo si fa? Credo con un esercizio critico costante e con un buon metodo progettuale.

Cinque temi a disposizione degli artisti in gara, per una visione speculativa del futuro nell’era dell’intelligenza artificiale. Partiamo dal primo: “Corpo e identità”. Forse il tema più caldo dell’ultimo quinquennio, come “entra” in Re:Humanism?

Vero, per fortuna o per sfortuna lo è, almeno nell’accezione a cui credo che tu ti riferisca. Per sfortuna perché ancora siamo lontani dal vivere certe questioni con totale disinvoltura, mi riferisco al genere in particolare. La questione dell’identità in relazione alle tecnologie è molto ampia, sicuramente se dico “smartphone” o “internet” tutti noi di una certa generazione siamo in grado di ricordare un prima e un dopo (ebbene sì, abbiamo vissuto in un’epoca in cui non si saltava sulla sedia ad ogni notifica!).

Oggi l’AI sfida ulteriormente questi confini, si pensi all’ambito medico dove attraverso gli algoritmi siamo in grado di diagnosticare in anticipo malattie inesorabili (diventeremo più longevi?) ma pensiamo anche a come cambiano le relazioni sentimentali in un mondo in cui ci si può intrattenere con un chat bot o incontrare le persone attraverso un algoritmo. Gli scenari si moltiplicano!

“Antropologia dell’Intelligenza Artificiale”: questo tema, da solo, forse sintetizza lo spirito di Re:Humanism. Come ci relazioneremo, in un domani ormai più che dietro l’angolo, con le macchine pensanti?

Bella domanda! Intanto come definiremo queste nuove entità? Sono esseri pensanti, oggetti, forme di vita ibride? Se la pensassimo come i Transumanisti dovremmo immaginare queste macchine pensanti come delle scansioni del nostro cervello e allora siamo sicuri che tra noi e loro si potrebbe instaurare una gerarchia? Volendosi allontanare dagli scenari fantascientifici posso dirti che già oggi, uno dei problemi da risolvere in maniera molto concreta è come inserire queste tecnologie nella nostra esperienza quotidiana.

Mi spiego meglio, il nostro corpo, ad esempio, non è abituato a percepire in maniera naturale i movimenti di un robot, dovremo imparare a conviverci e non è detto che la risposta migliore sia progettare tutto a misura d’uomo, magari un AI performa meglio in un altro modo.

“AI policies e abusi”: il lato oscuro (la storia per fortuna ce lo insegna) stimola da sempre il pensiero laterale dell’artista che re-agisce con le sue opere. Ti aspetti un certo “affollamento” in questa specifica categoria dell’Art Prize?

Se Re:Humanism fosse un premio aperto solo a chi si occupa di algoritmi ti direi che si, certamente questo è uno dei temi più sentiti del momento. Sappiamo che alcuni governi hanno deciso di bandire le tecnologie di sorveglianza, che ci sono algoritmi che hanno perpetuato bias di razza e di genere; sappiamo che ci sono degli algoritmi dietro la scelta di Trump alla Casa Bianca e che anche le nostre sorti economiche sono regolate da algoritmi finanziari. Su questo il mondo si è bruscamente svegliato e non penso che si tornerà indietro. Molti artisti già da tempo lavorano su questi temi, la vera domanda è premere il tasto off o provare a immaginare degli approcci differenti a tali tecnologie?

“Machine Learning, Robotica e Computer Vision”, tema che, leggiamo sul sito, specula su “Alien knowledge and algorithmic dreams”. Come si sente un’IA? Rassicuraci!

Questo tema vuole essere tra i più visionari della call, per dare spazio agli artisti che vogliono sentire e immaginare una coscienza algoritmica. Volendo trovare un nesso pratico bisogna dire che ormai l’estetica dell’AI, da Deep Dream in poi, ha preso piede non solo in campo artistico e culturale ma anche nel marketing e nella pubblicità. Essere in grado di leggere questo fenomeno estetico è sicuramente uno dei temi centrali delle ricerche in ambito culturale. C’è poi uno spazio di fascinazione che davvero ci aiuta a oltrepassare il confine e ad immedesimarsi nell’altro, che non fa mai male. Penso che alla fine ogni speculazione che conduciamo sui media tecnologici non è che un modo per conoscere meglio noi stessi.

Infine “Una visione per il futuro del pianeta”, forse il tema più propositivo e attuale: che ruolo possono e/o devono avere gli algoritmi per contrastare i grandi temi del cambiamento climatico e dell’emergenza sanitaria?

Se pensiamo a quello che stiamo vivendo oggi, abbiamo poco da essere positivi. Tuttavia la spinta dell’uomo verso il progresso muove sempre dalla ricerca di condizioni migliori. Sappiamo che l’AI può offrire diverse soluzioni in questo senso, così come sappiamo che ad oggi la sua infrastruttura comporta dispendi energetici importanti e relativi impatti sull’ambiente. Quello che mi piacerebbe è che gli artisti ci raccontassero un diverso modo di relazionarsi a questi temi, la prospettiva umano-centrica in questo senso non ci ha dato esiti molto positivi, per lungo tempo ci ha fatto prevaricare le leggi della natura e ci ha portato a vivere situazioni di emergenza come quella attuale.

Dobbiamo imparare a leggere il mondo in cui siamo immersi come parte integrante della nostra esperienza e non come a qualcosa di astratto, al di fuori di noi o in cui noi siamo gerarchicamente dominanti. Personalmente sono convinta che la soluzione non sia mai quella di tornare indietro, allora la tecnologia può essere un’occasione anche qui per ripensare il nostro rapporto con il mondo che ci circonda e, aggiungerei, ci attraversa.

Ok, ora facciamo un passo indietro fino all’Art Prize 2019. Dieci opere finaliste, 14 artisti premiati, Re:Humanism è ancora in contatto con qualcuno di loro? Avranno un ruolo nella call 2020–21?

Lorem — Adversarial Feelings

I 10 vincitori dell’anno scorso sono straordinari, Re:Humanism è in contatto con ognuno di loro, con qualcuno abbiamo anche vissuto altre esperienze di collaborazione, mi riferisco in particolare ad Enrica Beccalli, Roula Gholmieh e Lorem con Romaeuropa Festival. Lorem quest’anno figura anche tra i giurati della seconda edizione, mi piaceva molto l’idea che uno dei vincitori della prima edizione potesse incoraggiare i nuovi partecipanti.

Ci tengo ad aggiungere che siamo in contatto anche con chi non ha vinto, con molti degli applicanti ci siamo sentiti in seguito per progettare altri possibili eventi. Re:Humanism è ormai un’associazione culturale che vuole radicarsi sul territorio con diverse iniziative per cui vale sempre la pena di entrare in contatto e condividere le proprie visioni e i propri progetti.

Tanti sponsor e partner prestigiosi quest’anno, tutti in prima linea a supporto di un Art Prize internazionale unico nel suo genere, a conferma del successo di Re:Humanism. Chi vorresti menzionare e cosa del progetto Re:Humanism li ha spinti a farne parte?

Non sarebbe corretto menzionarne solo qualcuno e dunque li menziono tutti: Alan Advantage, Enel, Romaeuropa Festival, Kappabit, Filosofia in movimento, Pi Campus, EIA Factory, Hueval, Artribune. In più quest’anno abbiamo una super giuria composta dai curatori Federica Patti, Ilaria Gianni, Valentino Catricalà, Michael Mondria, managing director di Ars Electronica, il noto filosofo Luciano Floridi, Trond Wuellner, product director di Google, Mauro Martino, direttore del MIT-IBM Watson AI Lab, accompagnati da noi organizzatori.

Ci sono poi tante altre persone che con le proprie professionalità ed esperienze hanno contribuito alla riuscita del progetto e di cui sicuramente vi parleremo in seguito. Io credo che sia stato chiaro fin da subito che quel che facciamo, lo facciamo mossi dalle migliori intenzioni e con l’obiettivo di realizzare qualcosa di costruttivo e condivisibile, questo alla lunga premia più di qualsiasi iniziativa di brand awareness.

Ci piacerebbe chiudere questa intervista con un racconto del tuo percorso personale: come hai incontrato l’arte e in che modo ti sei appassionata alla tecnologia per poi metterle insieme, siamo tutt’orecchi!

Il mio percorso è piuttosto tradizionale. L’arte è sempre stata nelle mie corde da quando ero bambina anche grazie agli stimoli che mio padre, da buon architetto, mi ha trasmesso. Dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti ho capito che quello che amavo davvero era svelare i processi creativi, esplorare i contesti, far nascere occasioni di riflessione; ho quindi appeso “il pennello al chiodo” e mi sono iscritta all’università dove ho conseguito la laurea in Storia dell’arte. Da allora non ho mai smesso di cercare occasioni per proporre progetti ad artisti, gallerie e musei come curatrice d’arte contemporanea. Anche la tecnologia non è un interesse recente, la mia tesi triennale era una ricognizione del contesto artistico nei mondi virtuali di Second Life, ma devo ringraziare l’attenzione e la curiosità di Alan Advantage se questo connubio ha preso una forma così concreta.

Daniela Cotimbo a La Galleria Nazionale di Roma

Daniela Cotimbo

Storica dell’arte e curatrice indipendente con oltre 10 anni di esperienza nell’organizzazione di progetti culturali e mostre. Dal 2018 è consulente per Alan Advantage.
La sua ricerca è focalizzata sulle istanze problematiche del presente attraverso il rapporto con i diversi mezzi espressivi, in particolare le nuove tecnologie.
Collabora attivamente con numerose riviste d’arte contemporanea, come Inside Art, Artribune e Arte e Critica.
È la mente dietro Re: Humanism Art Prize, il primo premio d’arte dedicato al rapporto tra arte e intelligenza artificiale. Inoltre, è presidente della neonata Associazione Culturale ReHumanism.

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Arturo Barbato
Alan Advantage

Control freak: he has an ulcer so that you can sleep peacefully. He communicates digitally since “SEO” was just a typo. Spin doctor at heart. Hat and beard.