Governare vuol dire scegliere
E saper fare e far fare
Giorni fa ero ad un evento e ho letto il testo di un documento che diceva che bisogna migliorare la qualità del lavoro, aiutare chi fa fatica e innalzare il livello dei salari (nulla di più preciso).
Ho detto che è un modo orrendo di fare politica e per spiegare perché è orrendo ho messo in piedi una piccola votazione. Ho chiesto «Chi è contrario a quanto ho letto? Chi si astiene?» Ovviamente non c’erano contrari o astenuti. Chi potrà mai dissentire? Al che ho chiesto: «E quindi adesso che si fa? E che cosa si sceglie di fare o non fare per allocare le risorse su questo tema?»
Silenzio in sala.
Questo è il segnale che la frase di quel documento era vuota, inutile, ovvia, demagogica. È il segnale che si sta facendo pessima politica, anzi propaganda.
Ho provato poi a fare un altro esempio. Ho detto: «Diciamo che vogliamo far ripartire il settore dell’edilizia con investimenti pubblici. Investiamo 100–200 miliardi per far fare i lavori di ristrutturazione della casa a chiunque con il superbonus 110%, oppure li investiamo in edilizia scolastica, recupero dei monumenti storici in degrado, messa in sicurezza del territorio? Scommettiamo che se vi chiedo di scegliere tra queste opzioni ci dividiamo e le posizioni non sono più unanimi?»
Fare Politica (con la «P» maiuscola) vuol dire scegliere. E dire come quella scelta viene tradotta in pratica. Altrimenti è propaganda.