Una enorme confusione

Alfonso Fuggetta
Commenti & Riflessioni
2 min readAug 23, 2020

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Oggi sul tema delle reti se ne sono dette di cotte e di crude e voglio provare a fare un po’ di ordine.

Questa mattina leggo questo tweet di Del Rio:

Grande grande confusione. Andiamo con ordine. Ho risposto così:

Ci sono tante infrastrutture e tecnologie che sono utilizzate per generare, trasportare e gestire dati e dati sensibili. Se la preoccupazione fosse quella della sicurezza, perché mai solo la rete dovrebbe essere pubblica? Anzi, sulla rete di solito i dati sensibili viaggiano criptati. Semmai dovremmo preoccuparci dei dispositivi che generano, gestiscono e manipolano quei dati. Perché allora non discutiamo, ed esempio, degli apparati 5G di Huawei? Ci siamo dimenticati che è stato chiesto ad Apple di inserire o lasciar usare una back-door? E i mainframe e server dell’anagrafe tributaria o con i dati sanitari chi li ha fatti e dove? Con quali chip? E i cloud di Google, Apple, IBM, Amazon o Microsoft li vietiamo? Oppure devono girare su «macchine dello Stato»? Perché si parla tanto di open software e anche di open hardware? Ce ne siamo dimenticati?

Che c’entra la proprietà?

Forse che ci illudiamo che «possedere» un server o un router fatto a Singapore o a San Jose escluda che quel server o router faccia cose indesiderate?

Quindi cosa facciamo? Usiamo solo HW e SW fatto dallo Stato Italiano perché altrimenti altri potrebbero avere accesso a dati sensibili?

Ovviamente sto ragionando per assurdo.

È un argomento inconsistente. Il problema della sicurezza esiste, ma non si risolve con la proprietà del mezzo.

L’ingresso dello Stato nelle reti potrebbe avere due motivazioni:

  • Investimenti pubblici per accelerare lo sviluppo delle reti.
  • Tutela della parità di accesso a monopoli naturali.

Ma questo si può ottenere senza avere «la proprietà della rete»: per esempio si può pensare che nessuno, né lo Stato né un singolo privato, abbia da solo la maggioranza assoluta nella società della rete. Inoltre serve un sistema di regole e controlli, una autorità forte, che garantisca parità di accesso e neutralità verso tutti gli operatori e utilizzatori. Meglio ancora, la separazione tra wholesale e retail.

Temi sui quali ragionare. Ma non così!

Altra questione è invece la sovranità tecnologica. Ma non passa dal «possesso» della rete, passa dalla capacità tecnologica e di produzione dei beni.

La sovranità si recupera tornando ad essere capaci di produrre in Europa tecnologie HW e SW competitive. Tutto il resto è solo confusione.

P.S.: Non parlo dei rapporti TIM – Open Fiber perché quella è un’altra storia ancora.

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Alfonso Fuggetta
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Insegno Informatica al Politecnico di Milano. Condivido su queste pagine idee e opinioni personali.