Yvan Sagnet. Dal Camerun all’Italia, dalla lotta al caporalato alla filiera etica

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3 min readJun 14, 2016

«Sono arrivato dal Camerun con un visto per studio, ma non faccio differenza con chi sbarca dal mare. Non è giusto nemmeno insistere sulla differenza tra migrazione forzata e economica. Penso anche che non ci dovrebbe essere differenza tra una persona che migra in modo “regolare” e chi no, perché entrambi migrano per lo stesso obiettivo, alla ricerca di una vita migliore. Dobbiamo guardare la questione con occhi diversi, il punto non è ostacolare le migrazioni, dal momento che esistono da sempre, ma mettere al centro la persona e la sua possibilità di realizzarsi, non il Paese e la capacità economica.
Ci sono delle contraddizioni tra il diritto internazionale che garantisce la libertà di uscire dal Paese di origine e leggi dei singoli paesi che pongono limiti all’immigrazione, distinguendo anche tra paesi di origine; mentre ci sono cittadini che hanno difficoltà a spostarsi, dipendendo dal visto di ingresso da parte delle singole ambasciate, cittadini di altri paesi, come per esempio gli Stati Uniti, sono liberi di entrare senza necessità di visto in 147 paesi.

Yvan Sagnet, foto di Ilaria Favè

In Italia gli stranieri sono circa 4,5 milioni, l’8% della popolazione e hanno un percorso d’integrazione molto difficile. La legge che lega la permanenza sul territorio alla durata del contratto di lavoro, in un momento di crisi, è una legge ingiusta, discriminatoria, che vede il soggetto straniero, come un cittadino di serie b, non gli consente di realizzarsi in questo Paese. L’Italia, invece, ha bisogno degli stranieri e ha interesse a regolarizzare tutti i cittadini, per il suo futuro, per il suo sviluppo. Potrei citare anche la questione demografica: sono i figli degli stranieri che vanno a colmare il saldo negativo tra le nascite e i decessi. Il sistema pensionistico italiano è sostenibile grazie ai contributi degli stranieri. Dobbiamo capire che la discriminazione e gli ostacoli che si pongono agli spostamenti ostacolano non solo gli stranieri e la loro dignità, ma anche il Paese stesso: se l’Italia non lo capisce, insieme a tutti i paesi occidentali che hanno posto questo tipo di regole basato sulle restrizioni ai movimenti delle persone, se non si compie un passo importante verso la libertà di movimento dei soggetti stranieri, penso che l’Europa sia destinata a fallire, da tutti i punti di vista, anche quello economico»

Yvan Sagnet, maggio 2016 per Altromercato

«Siete degli uomini, siete una forza, avete un’intelligenza e conoscete i vostri diritti: non è più l’epoca della schiavitù. Dite loro che volete avere un contratto vero, come tutti i lavoratori del mondo, e uno stipendio proporzionale al vostro rendimento»

Lo ha detto Yvan ai suoi compagni raccoglitori di pomodori a Nardò, nel 2011 in Puglia, durante l’assemblea dalla quale ha avuto inizio lo sciopero dei lavoratori e il lungo processo di emancipazione dei nuovi schiavi. Il suo libro “Ama il tuo sogno” è una denuncia coraggiosa e necessaria del caporalato e delle condizioni di sfruttamento dei braccianti agricoli. Dal nuovo libro, “Ghetto Italia”, risulta chiaro che il caporalato è presente in tutto il territorio italiano e coinvolge lavoratori non solo immigrati, ma anche italiani. La lotta al caporalato non è però sufficiente. Il problema dello sfruttamento dei lavoratori viene da lontano, Yvan porta ad esempio i bambini siriani che tingono i jeans comprati in Italia. Dobbiamo agire sulle cause del problema, dice, intervenire sull’economia internazionale.

«È necessario l’impegno di tutti, delle istituzioni, alle aziende, ai consumatori, per un’alternativa etica al sistema di produzione e distribuzione, per mettere al centro la persona e non il profitto.»

Dal dossier “Popolazioni in movimento per #UNALTROVIVERE” — Altromercato 2016

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