La guerra fra i dati e l’esperienza
C’è stato un tempo in cui non c’erano tanti canali televisivi: solo la RAI e una soltanto. Di giornali ce n’erano pochi e solo quelli. A quei tempi anche la vita sociale era alquanto lineare e non si prendevano in considerazione tutte le variabili possibili ed immaginabili, ma solo quelle che potevano essere utili a ciò che si intendeva realizzare.
In quegli anni, fra informazioni, dati, esperienza e giudizio lo scarto era minimo: ricevevi delle notizie che in linea di massima riuscivano ad essere ricondotte a quello che le persone sperimentavano nel loro quotidiano.
Di questi tempi ci sono giornalisti che ci vogliono insegnare che abbiamo una visione distorta della società perché i dati ci dovrebbero fare convinti che invero non siamo mai stati così bene.
Ci sono addirittura pubblicità politiche in stile Facebook che qualificano come qualunquista e di destra coloro che si fanno delle idee su come vanno le cose in base alla loro esperienza invece che in base ai dispacci del Kominform.
Ora sono in atto vere e proprie guerre basate su dati contrapposti e sfiduciando i reciproci dataset; e questa è una storia vecchia.
Quello che è inedito ed importante osservare è la contrapposizione concettuale fra la comunicazione dei dati e il resoconto dell’esperienza; fra la spiegazione teorica e il diario del vissuto quotidiano.
Da un lato accademici e giornalisti istituzionali; dall’altro cittadini e reporter. Gli uni ad accusare gli altri di ignoranza e stupidità, gli altri a dare sempre più per scontata la malafede e la manipolazione dei primi.
Presto dovremo scegliere fra quello che i sensi ci hanno trasmesso e il significato che ne abbiamo tratto e le informazioni che ci vengono trasmesse e l’interpretazione che viene fornita.
Io ho molta chiara la priorità fra i due e mi spiacerà dovere rinunciare al sano dialogo fra le due parti che avveniva nel passato, ma per me la mia anima e la mia natura di essere umano è più importante delle verità del sistema.