I politici non capiscono internet

Il 2018 è stato un anno piuttosto turbolento per i colossi del web, culminando un periodo di polemiche, dubbi e dibattiti sul ruolo che i social network e le web company giocano nel campo della comunicazione, dell’informazione e anche per la loro influenza sulla sfera politica.

Un periodo, questo, nato probabilmente con le turbolente elezioni presidenziali statunitensi del 2016, che hanno visto vincitore Donald Trump. E non è un caso che lo scandalo che ha un po’ scoperchiato il vaso di Pandora sull’uso improprio dei dati da parte di Facebook riguardi anche quella campagna elettorale e il Presidente Trump.

Cambridge Analytica acquisì i dati raccolti dal ricercatore Aleksandr Kogan con la sua app “thisisyourdigitallife”, attraverso cui tracciava un profilo di comportamento e psicologico degli utenti. L’app raccolse i dati di quasi 300mila persona, le quali avevano effettuato l’accesso utilizzando Facebook Login, più quelli dei propri amici per un totale stimato di oltre 50 milioni di utenti. Il problema fu proprio la condivisione di questi dati con Cambridge Analytica, violando i termini d’uso di Facebook che vieta di condividere a terzi i dati raccolti. Violazione, secondo un ex dipendente di Cambridge Analytica, di cui Facebook era da tempo a conoscenza senza però esser intervenuto.

Grazie a quest sistema di targeting Cambridge Analytica fu chiamata dal team di Trump per gestire la raccolta dati per la compagna elettorale e secondo le indagini avrebbe usato questi dati degli utenti per cercare di indirizzare e influenzare le presidenziali USA del 2016, in qualche modo facilitando anche le presunte pressioni della Russia sulla stessa campagna in sfavore di Hillary Clinton grazie all’uso di bot, profili falsi e fake news, l’ABC della propaganda contemporanea sul web.

Per una spiegazione esaustiva del caso Cambridge Analytica vi rimando comunque all’articolo completo del Post da cui ho estrapolato quanto scritto sopra. (https://www.ilpost.it/2018/03/19/facebook-cambridge-analytica/)

Mark Zuckerberg di fronte ai giornalisti e al Congresso

Tale scandalo ha costretto sia il Governo degli Stati Uniti che il Parlamento Europeo a chiedere spiegazioni al fondatore e CEO di Facebook, Mark Zuckerberg, di questa enorme falla di sicurezza nella sicurezza del social network. E durante l’interrogazione al Congresso degli Stati Uniti abbiamo assistito ad un robotico Zuckerberg fortemente a disagio per la situazione spinosa e per le domande a volte assurde dei Senatori.

L’audizione è durata ben 5 ore, i temi affrontati sono stati tanti e spinosi, con lo stesso CEO di fatto costretto a chiedere ammenda per quanto successo con Cambridge Analytica e a promettere cambiamenti nelle policy di Facebook. Purtroppo ciò che è emerso da questo confronto è anche quanto poco i politici conoscano internet e i suoi meccanismi.

Davvero stupisce vedere un senatore della più grande potenza occidentale chiedere come Facebook possa sostenere un modello di business in cui gli utenti non pagano il servizio e Zuckerberg rispondere semplicemente un po’ perplesso: “Senator, We run ads”, ovvero la norma dei social (Youtube, Instagram, Twitter, ecc.) e dei servizi online in generale. I senatori americani hanno dato in generale l’idea di conoscere poco la materia, anche probabilmente di averla studiata poco in preparazione all’audiozione.

Bisogna dire, senza alcuna forma di campanilismo, che le cose sono andate meglio al Parlamento europeo, con Zuckerberg maggiormente messo alle strette, soprattutto a causa della presenza di leggi più restrittive in Europa per quanto riguarda la privacy e l’uso dei dati online.

Uno degli interventi che più è diventato virale nei giorni successivi all'audizione europea è stato quello del parlamentare Guy Verhofstadt, ex Primo Ministro del Belgio e Presidente del gruppo ALDE al Parlamento Europeo. L’Europarlamentare belga si discosta subito dai suoi pari d’oltreoceano, affrontando piuttosto duramente Zuckerberg, chiedendogli se volesse essere ricordato “come uno dei giganti di internet che hanno cambiato la storia al fianco di figure come Bill Gates e Steve Jobs, oppure come il genio ad aver creato il mostro digitale che ha indebolita la democrazia e la società contemporanea”; in più mostrando un’ottima preparazione sul tema, citando leggi, regolamenti e fatti, non domande vaghe e a tratti imbarazzanti sul funzionamento base di internet, dei social e delle app online. (Qui l’intervento di Verhofstadt)

Una situazione simile si è ripetuta pochi giorni fa, il 12 dicembre, quando ad essere chiamato alla “sbarra” è stato Sundar Pichai, CEO di Google, convocato per dar risposte sul presunto motore di ricerca “censurato” sviluppato per la Cina, tale DragonFly, ma anche per le accuse di presunta parzialità politica di Google.

Durante l’audizione durata più di 3 ore Pichai se l’è cavata bene, rispondendo in maniera sempre calma e corretta alle legittime domande dei parlamentari, ma altresì anche lui si è trovato a dover rispondere ad altre domande un po’ imbarazzanti.

Ha dovuto rispondere al perchè cercando la parola “idiota” su Google Immagini apparisse anche una foto del Presidente Trump, spiegando di fatto il funzionamento basilare dell’algoritmo delle ricerche di Google, specificando come non ci sia alcun intervento manuale nella ricerca come invece suggeriva la senatrice. Sarò poi anche costretto a ribadirlo più tardi, con questa volta il Sen. Smith che rimane comunque del parere che dietro ci può essere sempre una manipolazione umana, nonostante i chiarimenti di Pichai.

https://www.bbc.com/news/technology-46222026

Per concludere cito un altro caso che ha suscitato abbastanza clamore circa un mese fa, ovvero quando il Ministro per la Cyber-Security giapponese Yoshitaka Sakurada ha pubblicamente dichiarato in Parlamento di non aver mai utilizzattato un computer in vita sia e di non sapere cosa fosse una penna USB quando gli è stato chiesto se fosse autorizzato o meno il suo uso negli impianti nucleari giapponesi.

Questa serie di testimonianze dimostrano la disattenzione e superficialità che c’è nei riguardi della rete e delle sue dinamiche, palesando una grossa lacuna su un argomento così importante per la società contemporanea. Ciò è ancor più grave perchè riguarda la classe politica e i governi delle grandi potenze occidentali, che con queste dichiarazioni dimostrano di non essere in grado di capire a pieno un aspetto fondamentale della nostra attualità e del nostro futuro.

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