Perché postiamo?

Il 29 febbraio 2016 è iniziato il MOOC (corso gratuito online aperto a tutti) dal titolo “Why We Post: the Anthropology of Social Media“, nato da una ricerca sugli usi e conseguenze della diffusione dei social media in diverse aree del mondo. Il corso è interessante perché, a differenza di molti altri corsi di questo tipo, è costruito intorno ai risultati di un ampio progetto di ricerca portato avanti da uno staff di nove antropologi su scala globale, e finanziato dall’European Research Council. Ogni ricercatore coinvolto ha trascorso 15 mesi “sul campo” in Brasile, Cile, Cina (industrializzata e rurale), Inghilterra, India, Italia, Trinidad e Turchia, con l’obiettivo di comprendere a fondo le conseguenze dell’uso diffuso di social network sites e servizi di messaggistica. Questo il video di presentazione della ricerca:

Uno degli obiettivi della ricerca è quello di mettere alla prova alcuni luoghi comuni sul ruolo delle tecnologie nei più ampi fenomeni di mutamento sociale: quali sono le reali conseguenze dell’adozione di specifiche tecnologie per la comunicazione e qual è il loro impatto sulle relazioni interpersonali e sulla vita quotidiana delle persone? I ricercatori si sono chiesti se fosse legittimo parlare di “social media” in modo universale, perché con tutta probabilità la stessa parola indica realtà molto diverse a seconda che si tratti, per esempio, della vita di un’operaia cinese o di quella di un professionista del settore IT dell’India del Sud.

Tra i risultati della ricerca alcune considerazioni utili per contrastare la semplificazione di troppi discorsi su reti e social media:

– i social media non ci rendono più individualisti;

– per molte persone i social media non si oppongono all’educazione, ma costituiscono parte essenziale della propria formazione;

– bisogna fare attenzione a parlare di “selfie” in modo astratto, perché i selfie non sono tutti uguali e esistono diversi generi e sottogeneri;

– uguaglianza online non significa uguaglianza offline;

– i veri creatori dei social media non sono gli sviluppatori delle piattaforme ma le persone che li usano;

– la componente pubblica dei social media è mediamente conservatrice;

– al parlare ora affianchiamo modalità di comunicazione visiva che fanno uso di foto e immagini;

– i social media non rendono il mondo più omogeneo ma spesso favoriscono l’espressione di differenze culturali;

– i social media aiutano a promuovere gli aspetti personali e relazionali degli scambi commerciali;

– i social media hanno permesso la creazione di nuovi spazi per le attività di gruppi di persone, fra pubblico e privato;

– le persone percepiscono i social media non solo come mezzi di comunicazione ma come luoghi da abitare e vivere;

– i social media possono avere un impatto profondo sulle relazioni di genere, talvolta anche mediante utilizzo di account falsi;

– ogni piattaforma di social media ha senso solo in relazione alle piattaforme alternative e all’ecosistema dei media (e spesso siamo giudicati in base al tipo di medium o piattaforma che scegliamo di usare: è quel che i ricercatori definiscono “polymedia“);

– i memi sono diventati la “polizia morale” della vita online, e vengono utilizzati come forme di argomentazione e espressione di valori e opinioni;

– tendiamo a pensare semplicisticamente che i social media siano un minaccia per la privacy, ma a volte è vero il contrario e i social media si rivelano in grado di aumentarla.

I ricercatori stanno anche pubblicando una serie di volumi realizzati durante il progetto: quelli disponibili finora li trovate qui, liberamente scaricabili in formato pdf. Il primo contiene il resoconto dell’intero progetto e i principali risultati delle ricerche, mentre gli altri volumi sono dedicati ai diversi contesti presi in esame: social media in una cittadina inglese, social media nel sud-est della Turchia, nel nord del Cile, nel nord-est del Brasile, nel Sud Italia, etc.

Infine, vale la pena segnalare il canale YouTube del progetto, che contiene più di 100 video relativi alle fasi della ricerca nelle diverse aree prese in esame. Buona consultazione!

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Mario Pireddu
Apprendimento in rete e Gestione della Conoscenza

Associate Professor @ UniTus, dealing with media, knowledge and education. Sardinian, Linux user, bass player.