Che vuol dire progettare contenuti?

Progettare contenuti è una faccenda difficile. Non c’è una formula. C’è, però, un approccio che può essere d’aiuto: distogliere lo sguardo dagli oggetti e concentrarsi sulle loro relazioni. Che cos’è un testo? Come possiamo scrivere testi per comunicare e rappresentare le relazioni che sussistono tra le cose? Per rispondere a queste domande può venirci incontro la sinsemia, cioè il modo in cui i segni stanno insieme nello spazio.

Valeria Evangelistella
Architecta
10 min readNov 23, 2023

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L’immagine mostra il dettaglio di una bolletta elettrica. I particolari di letture, consumi e ricalcoli sono disposti in una tabella, per facilitare la fruizione del contenuto da parte di chi legge il documento.
Un dettaglio della mia ultima bolletta elettrica. Le tabelle sono un esempio di testo sinsemico.

È tutta una questione di relazioni

Cosa fa chi progetta contenuti? Io propongo questa definizione: progettare contenuti vuol dire costruire ambienti informativi in cui prosperano relazioni.

Carlo Rovelli ci dice che “la trama del mondo non viene dagli oggetti, ma dalle relazioni fra gli oggetti, e dai processi. […] Pensare il mondo come un insieme di oggetti sembra funzionare sempre meno. Un oggetto esiste come nodo di un insieme di interazioni, di relazioni”¹.

Gli esseri umani sperimentano il mondo creando connessioni: tra di loro, tra oggetti, tra concetti e tra tutte le possibili combinazioni tra queste entità. Le relazioni tra entità assomigliano a grafi, a sistemi formati da nodi (le entità) e archi (le relazioni) che li uniscono.

L’immagine rappresenta un grafo composto da quattro nodi, cioè i cerchi denominati A, B, C e D, e gli archi, ovvero le linee che li connettono. I nodi A, B e D sono connessi tra di loro, mentre il nodo C è connesso solo al nodo A.
Un piccolo grafo con i suoi nodi (le entità) e i suo archi (le relazioni tra entità).

La progettazione di contenuti consiste nell’esaltare gli archi (le relazioni) più che i nodi (gli oggetti o entità). Progettare significa occuparsi di ponti tra entità.

Rappresentare le relazioni con i testi

Nel mio libro di grammatica e linguistica delle scuole superiori (conservo ancora quasi tutti i libri di scuola!) leggo che “si definisce un testo ogni messaggio strutturato in forma corretta e unitaria, completo nelle informazioni, ordinato e coerente nello sviluppo del contenuto. Qualunque messaggio, purché presenti le caratteristiche della correttezza, della completezza, dell’ordine e della coerenza, è un testo, qualunque sia il codice in cui è composto”². Così, è un testo:

  • un quadro, un disegno, una scultura (testi iconici realizzati in un codice visivo di tipo grafico o plastico)
  • una sinfonia, una sonata, un concerto (testi musicali che utilizzano un codice acustico)
  • un fumetto, un film (testi multipli formati da più codici: iconico, linguistico, gestuale e acustico)
  • un articolo, una poesia, un romanzo (testi linguistici o verbali che usano un codice fatto di segni o parole).

Gli esseri umani parlano e hanno inventato i segni degli alfabeti per fissare il parlato, segni che formano parole con le quali indicano persone, oggetti, concetti e relazioni che esistono tra loro. In molte civiltà, compresa quella occidentale, l’alfabeto e le parole hanno conquistato una preminenza speciale sulla rappresentazione visiva, sulle immagini. Ma le parole sono immagini:

  • caratteri
  • font
  • spaziature
  • lettere minuscole e maiuscole
  • a capo
  • elenchi puntati
  • spessore e inclinazione dei segni dell’alfabeto

sono espedienti grafici che ci aiutano a rappresentare le relazioni tra entità.

Ambienti informativi non lineari: grafi, relazioni e sinsemie

La strada della progettazione è lastricata di buone intenzioni, si sa. Ogni tanto, però, le buone intenzioni diventano ostacoli che ci fanno inciampare. È inciampando che nascono wireframe senza contenuto: splendidi cerchi nel grano. O interfacce utente “pirotecniche” ma inutilizzabili: ottimi esercizi di stile. O, infine, testi epici da infilare in spazi in cui non entrano (e che non sappiamo bene chi dovrà leggere).

Sganciamoci dalla convinzione che progettare contenuti abbia a che fare soltanto con le parole. Progettare contenuti vuol dire progettare testi — testo etimologicamente significa tessuto (dal lat. texĕre “tessere”). Siti web, cartelli stradali, indicazioni in aeroporto, libri (anche gli audiolibri), istruzioni di lavaggio di un vestito sono ambienti informativi che riescono a trasmetterci un messaggio quando

  • parole
  • immagini
  • spazi
  • supporti fisici o virtuali in cui sono inseriti

stanno insieme e insieme “fanno segno”. Quando, in pratica, sono un testo.

L’efficacia comunicativa di un artefatto non può essere affidata soltanto alle parole: per questo è importante pensare al contenuto come a un sistema sinsemico, in cui parole e immagini danno e prendono senso proprio perché inserite in uno spazio che contribuiscono a comporre attraverso le reciproche relazioni.

Facciamo un passo indietro e parliamo di sinsemia. Il termine, coniato da Giovanni Lussu e Antonio Perri, deriva dal prefisso greco syn (con, insieme) e da semía (segno). La sinsemia è, se vogliamo, una sintassi 2.0: se la sintassi si occupa di studiare la struttura della frase e le associazioni di frasi, la sinsemia studia il modo in cui i segni stanno insieme nello spazio, e come l’interazione e l’articolazione di diversi sistemi espressivi nello spazio riesca a produrre comunicazione. La sinsemia va ben oltre la sintassi perché non si limita alla visione lineare e alfabetocentrica della scrittura, ma studia il particolare rapporto che esiste tra segni e spazio e i significati che nascono da questo rapporto.

In Sinsemie. Scritture nello spazio, un illuminante quanto introvabile libro che è esso stesso un esempio straordinario di testo sinsemico, Luciano Perondi supera il dilemma del rapporto tra parole e immagini: la scrittura è immagine. La scrittura è diventata tipografica, lineare e alfabetica (e con essa la lettura) solo di “recente”: è nell’Antica Grecia che si scrive letteralmente per non perdere la parola orale. Ma se la scrittura, per l’Occidente, è solo un supporto della voce, in altre culture non è così. Ma anche nella storia occidentale, accanto alla tradizione lineare ne è esistita un’altra, non lineare, che con varia fortuna è giunta fino a noi.

Sinsemie: qualche esempio

Perondi, nel suo libro, riporta ottimi esempi di testi sinsemici più o meno antichi, che sono tutto fuorché testi per come noi li intendiamo (cioè una sequenza lineare di segni alfabetici che compongono parole, le quali a loro volta rappresentano i suoni del parlato).

Il Codex Mendoza è uno di questi esempi. Si tratta di un codice azteco del 1540, creato una ventina di anni dopo la conquista del Messico da parte della Spagna. È composto dai tradizionali pittogrammi aztechi e da traduzione e commento in spagnolo. Le sue 3 sezioni presentano:

  • la storia di tutti i sovrani aztechi e le loro conquiste
  • un elenco delle città che versavano tributi alla capitale azteca con i relativi tributi pagati
  • e una descrizione della vita degli aztechi.
L’immagine mostra il secondo foglio del Codice Mendoza. Al centro si trova il glifo della città di Tenochtitlán e intorno i glifi degli imperatori aztechi.
Particolare del Codex Mendoza. Fonte: https://synsemia.org/tag/artefatti-sinsemici/. Autori anonimi, inizio XVI sec, Codex Mendoza, folio 2 recto, manoscritto, Bodleian Library of the University of Oxford, MS. Arch. Selden. A. 1.

La composizione di questo artefatto permette di visualizzare tutte insieme nozioni storiche, politiche e geografiche in una narrazione in cui però non c’è un’unica sequenza di lettura predeterminata.

Ogni elemento grafico presente nella pagina (compresi il colore, la posizione nello spazio e l’orientamento dei pitto-grafemi) ha un significato ben definito.

Non esiste nessun tipo di distinzione tra scrittura e immagine. Ogni elemento è allo stesso tempo pienamente scrittura e pienamente immagine. Si può leggere in modo ragionevolmente univoco ed è possibile vocalizzarlo.³

Anche il pavimento della Cattedrale di Otranto è un esempio di testo sinsemico. Qualcosa di più familiare?

  • un tabellone con l’orario di partenze e arrivo dei treni
  • una bolletta
  • una poesia futurista
  • un cartello stradale
  • una board su Miro
  • una mappa mentale
  • un fumetto
  • uno scontrino.
L’immagine mostra un tabellone con l’orario di partenza dei treni in una stazione. Nel tabellone sono presenti anche la data e l’ora del giorno. Gli orari di partenza dei treni sono presentati in una tabella: le colonne mostrano i dettagli del treno, la stazione di partenza, l’ora di partenza e le fermate effettuate dal treno. Le righe mostrano i dettagli per ogni singolo treno.
Un tabellone che mostra l’orario di partenza dei treni in una stazione. Foto di L N su Unsplash
L’immagine mostra un libro di fumetti aperto e tenuto da una persona con entrambi le mani.
Un fumetto. Foto di Miika Laaksonen su Unsplash

Tutti quelli elencati sono testi che:

  • sono composti da immagini, forme e colori e/o da lettere dell’alfabeto (o da unità minime di significato come nei logogrammi)
  • hanno orientamenti di lettura differenti: da sinistra verso destra, dall’alto verso il basso, radiale o anche casuale
  • hanno un significato che deriva da un preciso ordinamento spaziale di tutti gli elementi di cui sono composti
  • hanno un’efficacia comunicativa che non è affidabile soltanto alle parole, ma che anzi è strettamente connessa al tipo di supporto (fisico o meno) di cui sono composti
  • comunicano in virtù di una precisa disposizione di tutti i loro elementi nello spazio

Occorre superare la sterile distinzione tra immagini e scrittura, che è così marcata nella nostra cultura. O perlomeno trascurarla: a che serve sapere se un segno — o un artefatto comunicativo — deve essere chiamato immagine o scrittura?

Un testo scritto, anche tipografico, consiste nel distribuire elementi grafici in relazione tra loro e in relazione a uno spazio sinottico di scrittura.

Il testo è composto da una serie di elementi collegati tra loro mediante una relazione spaziale, che il più delle volte è funzionale e strettamente correlata alla comprensione, ma può essere contemporaneamente anche evocativa.⁴

Il testo è ovunque, non solo nel sistema alfabetico. Il testo è sì, ordito e trama, è sì un sistema, ma ma non per forza lineare. E noi che abbiamo a che fare con il web dovremmo saperlo bene, che la linearità è una chimera.

È divertente notare come, quando si legge, ci si senta un po’ in colpa a saltare le righe, ma questo è possibile solo perché reputiamo la linearità una condizione fondamentale della scrittura: nessuno si sente in colpa saltellando da un testo all’altro di un sito web, perché la pagina web è sentita come un sistema non lineare, da navigare e non da leggere.⁵

Per questo il testo è anche interfaccia, è come organizziamo oggetti e spazio in ambienti finiti, suggerendo connessioni e relazioni tra di essi. Il testo è la somma degli elementi che lo compongono e anche di tutti i collegamenti che esistono tra questi elementi. Che siano parole, immagini, icone, quadrati, numeri, spazi o colori, il testo è tutto ciò che deriva dalla loro correlazione.

Nella maggior parte delle scritture con cui abbiamo a che fare, la posizione dei segni ha un preciso significato: in tutte le tabelle, gli indici, le mappe, i diagrammi, a cominciare dall’orario dei treni o dagli scontrini del supermercato, la posizione sulla carta veicola informazioni precise. Un certo segno significa cose diverse se si trova in una colonna o in un’altra. Riviste e giornali, a differenza dei romanzi, presentano il testo per moduli disposti secondo strutture non lineari, fatte di blocchi affiancati, di colonne e didascalie; gli ipertesto poi lo scompongono non solo spazialmente ma pure in profondità, creando livelli di lettura a cui accediamo in tempi diversi.⁶

È totalmente inutile, in sostanza, pensare che parola e immagine subiscano un trattamento diverso a livello percettivo. E allora perché dovremmo trattarli in modo diverso quando progettiamo?

Leggere (così come scrivere) è uno sforzo del cervello, ci dice Maryanne Wolf nel suo Proust e il calamaro. Passiamo anni ad imparare a farlo. Non c’è niente di naturale nell’essere umano che impara a leggere, anche se la lettura può essere appresa solo da un cervello plastico come quello umano. Wolf sostiene che non siamo nati per leggere. Io, con Yvonne Bindi, dico che “non siano nati per leggere strutture lineari ma per riconoscere forme nello spazio”.⁷

Se ti occupi di design la sinsemia è anche affare tuo

Negli ambienti digitali e nei contesti fisici le parole diventano oggetti visivi e le immagini acquisiscono un significato testuale. Da un lato il linguaggio scritto conquista spazi fisici che non gli appartenevano; dall’altro, l’immagine e gli elementi grafici pervadono spazi riservati alla scrittura. Il risultato è, come sostiene Luca Rosati, un tipo di scrittura che si trasforma in paesaggio. Ed è sempre Rosati a dirci che la sinsemia è una “scuola formidabile per tutti i designer di oggi”.

I testi sono sistemi. Immagini, parole, colori, linee e segni disposti su un supporto e in uno spazio finito hanno tra loro relazioni cariche di significato. La loro disposizione e collocazione nello spazio, in qualsiasi artefatto fisico o digitale, non è semplicemente estetica.

La domanda “dove mettere, cosa e perché?”, con cui Perondi chiude il suo libro è ciò che dovrebbe assillare chi ha a che fare con la “progettazione di artefatti grafici rigorosi, quelli che per necessità devono dare risposte a domande precise, riducendo al minimo i fraintendimenti, ma senza poter trascurare la dimensione espressiva”.⁸

Il design, se lo intendiamo come progettazione e rappresentazione di sistemi più o meno complessi, allora è:

  • costruzione di ambienti informativi sinsemici la cui comprensibilità, accessibilità e usabilità sono caratteristiche dell’ambiente informativo stesso, e non da ricercare altrove
  • creazione di ambienti informativi che sono luoghi (digitali e non), con i loro limina, le loro leggi e la loro affordance. Ogni testo, ogni immagine e ogni relazione che sussiste tra loro deve suggerire azioni, deve suggerire la nascita di relazioni
  • abilità nell’organizzare le informazioni che determinano la nostra la comprensione del mondo
  • restituzione, alle parole e alle immagini, di un pari peso in un ambiente informativo.

I testi non servono ad abbellire e a riempire, ma a significare. Tutto è testo, tutto fa testo. Dalle infrastrutture più fini alle indicazioni all’interno di un parco o di una stazione, c’è perenne bisogno di progettare relazioni, che sono l’unico grande modo che abbiamo per significare il mondo. Ricordiamocelo la prossima volta che ci mettiamo a progettare contenuti (e quindi esperienze).

Note

  1. C. Rovelli, Ogni cosa è informata, in ilsole24ore.com, 30/03/2014.
  2. M. Sensini, La dimensione linguistica. La pratica testuale, Arnoldo Mondadori Scuola, Milano, 1997, p. 4.
  3. L. Perondi, L. Romei, Codex Mendoza, in Synsemia.org, 26/11/2010.
  4. L. Perondi, Sinsemie. Scritture nello spazio, Nuovi Equilibri, Viterbo, 2012, p. 52.
  5. R. Falcinelli, Critica portatile al visual design. Da Gutenberg ai social network, Einaudi, Torino, 2014, pp. 151–153
  6. R. Falcinelli, Ivi, p. 153.
  7. Y. Bindi, Language design. Guida all’usabilità delle parole per professionisti della comunicazione, Apogeo, Milano, 2017, p. 12.
  8. L. Perondi, Sinsemie. Scritture nello spazio, cit., p. 202.

Per approfondire

Siti e articoli

Libri

  • M. Sensini, La dimensione linguistica. La pratica testuale, Arnoldo Mondadori Scuola, Milano, 1997
  • L. Perondi, Sinsemie. Scritture nello spazio, Nuovi Equilibri, Viterbo, 2012
  • M. Wolf, Proust e il calamaro. Storia e scienza del cervello che legge, trad. it. S. Galli, Vita e Pensiero, Milano, 2009
  • Y. Bindi, Language design. Guida all’usabilità delle parole per professionisti della comunicazione, Apogeo, Milano, 2017
  • R. Falcinelli, Critica portatile al visual design. Da Gutenberg ai social network, Einaudi, Torino, 2014

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Valeria Evangelistella
Architecta

I love corgis, content design, baking sourdough bread and sorting stuff. Anyway, don’t know if this is a kind of sorting or not.