Come gioca il Barcellona?

Redazione FabbricaInter 2011-2015
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9 min readSep 4, 2011

C’è la pausa delle nazionali ed è un buon motivo per divagare un attimo dal mondo Inter, parlando di tattica con Alberto Di Vita, che ci spiega perché il modello del Barcellona è quasi irripetibile. Una lettura utile magari a chi è già impegnato a pensare all’Inter del 2015…

Uno dei refrain più sentiti negli ultimi mesi è quello di portare il Barcellona come esempio di bel gioco, da seguire e da esportare fuori da quella squadra per rendere il gioco del calcio più godibile. Con la (fastidiosa) appendice di quello che una volta si chiamava “vivaio” e che ormai tutti in Italia chiamano “cantera”.

Ma il calcio del Barcellona è davvero esportabile? La Roma di Di Benedetto ha inaggiato un nuovo tecnico, giovanissimo (un Montella fortunato e spagnolo) per riuscire nell’impresa. Guardiola, dal canto suo, ha più volte detto che sa benissimo che il modello Barcellona non è esportabile e che al di fuori di questa squadra, con questi calciatori, è quasi impossibile ripetere l’operazione.

Perché?

Guardiola ha davvero cambiato il Barcellona ereditato da Rijkaard: gioca davvero un calcio diverso da quello pur avendo per buona parte gli stessi interpreti. Nel corso di questi anni ha mostrato molta lucidità nell’impostazione della partita (decisamente meno lucido nei 90 minuti) ma soprattutto una capacità di reinvenzione tattica non da poco. Non è uno stravolgere la squadra, ma capire alla perfezione i propri calciatori e affinare mese dopo mese la straordinaria arma tattica del Barcellona. Che non è il palleggio, non è il tiki taka intellettuale, non è la straordinaria abilità tecnica che pure è uno dei migliori pregi.

Il Barcellona è una squadra straordinaria perché ha perfezionato agli estremi il concetto di gioco tra le linee.

La vera differenza è lì, nel processo di scelta che ciascun giocatore compie prima di ricevere la palla, che lo porta sempre e costantemente:

1) ad essere distante dall’avversario e ad avere quel secondo o due secondi di tempo per potere fare la scelta migliore e prolungare il possesso palla

2) ad essere già lanciato rispetto all’avversario e ad avere quindi un vantaggio nel timing sulla palla e sulla profondità

È quindi innanzitutto un misto tra lucidità, preparazione mentale e fisica, freschezza atletica e velocità, che sono componenti legati tra loro: fanno meno fatica, si muovono meglio, ma corrono tanto comunque facendosi trovare spesso al posto giusto e al momento giusto (come vedremo).

Xavi è un giocatore simbolo. Nella finale di Wembley col Manchester United aveva 31 anni, giocando da interno o regista, non ti aspetti di vederlo muoversi tantissimo, tanto che spesso lo si cita come esempio di gioco intelligente, poco dispendioso, tanto fosforo e poco potassio.

In quella partita ha fatto ben 148 passaggi, sbagliandone solo 7: oltre il 95% di precisione. Di questi 141, solo 5 sono stati dei veri lanci: nessuna palla buttata. Numeri mostruosi che ci ricordano la tecnica invidiabile.
Ma c’è un numero che non guardiamo mai: i chilometri percorsi. Xavi ha anche percorso oltre 12 chilometri per tutta la partita (record nella partita), che è un dato parimenti mostruoso se paragonato ai corrispettivi italiani: fa impressione leggere che l’altro recordman della partita è Giggs, 11,6 km percorsi, anche se lui alla fine era fisicamente finito.

E se, da una parte, i numeri dei passaggi sono sempre di altissimo livello, dall’altra anche i chilometri percorsi lo sono: perché il Barcellona è una squadra che si muove sempre e corre sempre più degli avversari. Le fondamenta del gioco del Barcellona sono gettate su questo costante e rapido muoversi sul fronte dell’attacco, senza avere posizioni fisse e senza dare mai punti di riferimento agli avversari diretti, con numerosi cambi di posizione tra i calciatori.

Trovare 6–7 calciatori in una sola squadra con queste caratteristiche di movimento, abilità tecnica, intelligenza e capacità areobiche è davvero fuori dal comune: un risultato più unico che raro. Al punto che, nei momenti critici, basta che manchi una sola pedina o che ci sia qualcosa di storto che l’intero castello rischia di non funzionare più, come nel caso di Inter-Barcellona di Champions, con l’assenza di Iniesta e la staticità di Ibrahimovic.

Quale modulo adotta?

Formalmente un 4–3–3. Da circa un anno e mezzo, Guardiola ha variato di molto le cose, spostando Messi “finto centravanti” e variando agli estremi la tattica di gioco.

In fase di possesso, è spesso visibile il buon vecchio 2–3–2–3 che si alterna ad una sorta di 3–3–4 con Busquets/Keità che spesso si aggiunge alla linea dei difensori, i due terzini sulla linea di Xavi; Villa e Pedro larghissimi con Messi e Iniesta a fare da trequartisti. Tutti e quattro, comunque, sono dei “finti attaccanti”.

Una squadra camaleontica che però varia lo schema seguendo una sola traccia: la debolezza avversaria, accentuandola con un continuo allargarsi degli uomini che occupano praticamente tutto il campo in orizzontale.

Il dettaglio fondamentale dell’attacco è che praticamente nessuno è mai fermo: il Barcellona non ha un vero fronte d’attacco, gioca in pratica con 4 trequartisti: nessuno dà riferimento all’avversario, nessuno cerca appoggi, nessuno fa il ruolo di centravanti, né moderno né classico. L’eccezione è Villa, lasciato sempre larghissimo su una delle due fasce.

In fase di difesa, il 4–3–3 è più visibile, con Messi spesso lasciato a “riposare”, visto il sacrificio in ripiegamento di Villa e Pedro. La cosa interessante in fase di difesa è che gioca molto stretta anche se non cortissima, spostandosi come un blocco unico.

La disposizione iniziale è quella tipica di un 4–3–3, con un pivot a metà campo e due interni.

Questa è già una variazione che ci fa comprendere esattamente perché il gioco del Barcellona è efficace. Iniesta è in una zona di campo libera, così come lo è Messi: Pedro è già in movimento rispetto all’avversario sul corridoio buono, mentre Villa è, non inquadrato, nel suo eremo largo a sinistra. Villa è il giocatore che si sovrappone meno, più statico. È una scelta di Guardiola perché sa che il suo lato forte è il destro, dove c’è un Alves straripante e un Pedro efficace, con Messi che rinforza questo duetto con continue scalate per permettere i movimenti che vedremo.

Villa è spesso posizionato dal lato del terzino avversario che spinge di più, così lo costringe a star basso. Quando questo non avviene, si è soliti vedere un Alves più bloccato indietro.

È raro riuscire a comprendre appieno i movimenti di una squadra da una singola schermata: col Barcellona è decisamente più semplice, perché tutto è molto ripetitivo. Banalizzando (ma non troppo), hanno un solo schema con infinite variazioni sul tema.

Il cerchio rosso è la zona debole che hanno creato nello schema dell’avversario: a turno, tutti vi si infilano. Centrodestra o centrosinistra non fa differenza.

In questo caso Pedro si è accentrato, anche perché Messi si è spostato più a sinistra (solitamente batte più dall’altro lato) e Villa è rimasto altissimo e piuttosto indietro. Il terzino che seguiva Pedro s’è accentrato, a centrocampo è saltata ogni copertura ed il Barcellona diventa pericoloso.

Ecco una delle variazioni portata avanti da Guardiola negli ultimi 12–18 mesi: la difesa a 3 in fase di impostazione, spesso lasciata anche in fase di copertura. La palla è a Keità che imposta: sono chiare le posizioni di Villa, la coppia Messi-Pedro, mentre Iniesta sta svariando come suo solito.

Sembra una linea un po’ forzata, ma vedremo meglio dopo che non lo è.

Ecco come si evolve normalmente lo schema di prima: 3–4–3 con Messi finto-centravanti. In questo caso Pedro si è accentrato ancora, lasciando quel vuoto già visto per Dani Alves.

Guardate gli esterni, sempre molto larghi, e come il Barcellona occupi tutto il campo in orizzontale per tenere lente le maglie avversarie: questo gli permette di creare dei varchi tra le linee, ed in questi varchi si infilano i genii di Iniesta e Messi, con uno dei due, gli attaccanti larghi e Alves ad attaccare la profondità.

In questo caso, Iniesta prende palla accentrandosi: Messi comincia quel movimento che lascerà spazio a Pedro, che poi sceglierà se accentrarsi (per dare spazio a Alves) o restare largo, in attesa del ritorno di Messi o di Iniesta.

Villa non si è schiodato da quelle zolle.

Xavi riceve da Pedro, che si accentra per cercare l’incrocio con Messi, mentre Alves attacca la profondità: sono in due contro uno.

Ma il vero jolly è Iniesta, che usa lo spazio creato da Messi al centro e da Villa rimasto largo: da quella posizione può decidere di servire ben 4 compagni, che hanno il vantaggio di essere tutti in corsa rispetto agli avversari.

Ecco cosa si intende per Iniesta e Messi trequartisti. Mentre Villa e Pedro sono larghi, Alves ha visto lo spazio vuoto in cui poter creare superiorità numerica con i due compagni: quello spazio tra le linee che è il pane del Barcellona. Quel che è importante notare è che i blaugrana non “si appoggiano” a nessun difensore: il loro uno contro uno deve essere sempre in velocità.

Messi è venuto a prendere palla qui sulla destra, come fa spessissimo, con Pedro che si è accentrato: con Iniesta diventano padroni dello spazio vuoto contrassegnato col cerchio rosso, mentre Alves ha sempre il vantaggio di potere attaccare la profondità.

Xavi è sempre centrale e sempre nella posizione giusta per essere d’appoggio ai compagni. Inutile dire dove si trovi Villa…

Una delle variazioni quando il Barcellona comincia ad andare in difficoltà.

Restano larghissimi gli attaccanti, larghissimi i terzini, però Xavi va ad infoltire la linea dei trequartisti. È il 20esimo e non ha ancora sbloccato il risultato.

Ormai dovreste avere imparato il movimento di Pedro per lasciare Alves liberissimo, con Iniesta e Messi che sono già in superiorità sulla trequarti: dei quattro difensori avversari, ben due sono senza uomo e saranno presi di infilata.

Facendo degli screenshot a caso su una qualunque partita del Barcellona, è verosimile che vi troviate schemi come questi. Il Barcellona, infatti, li ripete con una costanza esasperante: per deformazione ho l’abitudine di guardare questi aspetti della partita, ed il Barcellona è in assoluto la squadra più noiosa che abbia mai visto.

Come detto prima, il possesso palla non è la vera forza dei blaugrana; viene protratto per tre semplici motivi:

1) l’avversario si frustra. Non corre di più, perché le statistiche del Barcellona sono chiare: corrono molto più dei loro avversari. È la frustrazione l’arma vincente

2) subiscono meno: più hai la palla e meno subisci, l’equazione è persino stupida da ripetere.

3) la più importante: avere la palla tra i piedi permette di sbagliare movimento più e più volte, finché non sarà fatto come si deve e innescato dai piedi finissimi e intelligenti di Iniesta, Xavi e Messi, che sono i tre dai quali parte tutto il gioco blaugrana. L’insistenza degli schemi non è fine a sé stessa, quindi: ha lo scopo di reiterare il tentativo finché non viene bene. Non è per nulla quell’improvvisazione che tanto si mostra nei nostri campi…

Il Barcellona ha meriti grandissimi, qualità eccelse ed un allenatore molto più intelligente e preparato di quel che si possa credere. E’ una commistione incredibile di qualità tecniche ma soprattutto atletiche, per quel che riguarda tempismo e rapidità di esecuzione, capacità di essere sempre in movimento e non dare riferimenti all’avversario.

Per fare questo ci vogliono piedi buoni e un’età anagrafica relativamente bassa, bassa incidenza degli infortuni e grande sicurezza nei propri mezzi: sono tutti aspetti assenti nelle squadre italiane, Inter compresa.

L’eventuale arrivo di Guardiola cambierebbe davvero poco: impossibile pensare di riprodurre quell’alchimia superba senza questi 4 ingredienti.

L’antidoto esiste, in molti sono stati vicini a usarlo, qualcuno l’ha fatto vincendo. Per quanto riguarda schema e atteggiamento tattico, la due più efficaci sono state Inter (andata e ritorno) ma soprattutto Real Madrid (ultime due partite), in cui ha imposto un segno meno a tutte le caratteristiche del Barcellona: impedire il reiterarsi dello schema, impedire la creazione di spazi tra le linee, imporre all’avversario un appoggio con delle vere e proprie marcature a uomo su tutto campo.

Ma è un capitolo che riserveremo ad altre puntate.

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