Da Feldmann a Gasperini, storia degli esoneri dell’Inter

Redazione FabbricaInter 2011-2015
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5 min readSep 22, 2011

In principio era la Commissione tecnica, una sorta di autogestione, un gruppo di calciatori e dirigenti che decidevano chi dovesse giocare. Del resto, non è che ci fossero grandi alchimie tattiche, si giocava con un canonico 2–3–5 e non esistevano le sostituzioni. Con la Commissione tecnica l’Inter vince il primo scudetto del 1910, anche se si indica come allenatore negli annuari colui che era capitano della squadra, Virgilio Fossati.

I TEMPI DELL’AMBROSIANA: GYULA FELDMANN E CARLO CARCANO

Il primo esonero della storia nerazzurra arriva a metà degli anni ’30, quando l’ungherese Gyula Feldmann viene mandato via dal presidente Pozzani, detto “Generale Po” per i suoi modi autoritari. Siamo alla 25.ma giornata e l’Ambrosiana ha perso in casa della Sampierdarenese. La cosa curiosa è che il sostituto di Feldmann si chiama Albino Carraro e fino due anni prima è stato arbitro in Serie A: sua la direzione in quell’Ambrosiana-Genova del 1930 che valse il terzo scudetto nerazzurro. E le cose gli vanno bene: 9 punti in 4 partite e quarto posto, con qualificazione in Coppa Europa in cui l’Ambrosiana raggiunge le semifinali. Per rivedere un cambio di panchina bisogna aspettare l’immediato dopoguerra, quando il vecchio Carlo Carcano (tecnico di 4 scudetti juventini) viene mandato via al termine del girone d’andata del ‘46–47 quando l’Inter, terzultima con 13 punti, è in piena zona retrocessione. Prende in mano la situazione una strana coppia: dopo l’ex arbitro, stavolta il direttore tecnico è un giornalista, Nino Nutrizio. Storico direttore della Notte dal 1952, a fine 1946 è appena rientrato dal campo di prigionia inglese di Yol, in India, in cui è stato rinchiuso per cinque anni. Gli allenamenti sono però guidati dal Pepp Meazza che gioca ancora a 36 anni, e tutto sommato la squadra si risolleva, raggiungendo il decimo posto.

L’anno successivo squadra in mano al solo Meazza ma i dissidi di ordine tattico col presidente Masseroni (il Pepp è per il sistema, il dirigente per il modulo) fanno sì che torni proprio Carcano. Andata e ritorno, insomma, con l’Inter che arriva dodicesima. Altre ambizioni l’anno successivo con gli arrivi di Armano, Nyers e Amadei. L’allenatore è un 39enne gallese, David John Astley, “Dai” per gli amici, 92 gol con la maglia dell’Aston Villa e giocatore del Metz solo un anno prima. I risultati non sono quelli sperati, e così la società gli affianca come DT Giulio Cappelli, che poi diventa responsabile unico e porta la squadra in rimonta al secondo posto, fino allo 0–0 che precede Superga e vede consegnare giustamente il titolo al Grande Torino. Via dall’Inter, Astley allenerà un anno il Genoa e poi squadre svedesi come Djurgardens e Sandvikens. Ma torniamo all’Inter: gli anni ’50 sono dominati da Juve e Milan, se si eccettua il biennio di Foni che ci porta due scudetti con Lorenzi e Nyers. Andato via il “Dottore”, vincente ma — come diremmo oggi — ex gobbo, la panchina va a un ex interista (297 presenze da giocatore) come Aldo Campatelli.

LA SINDROME POST HERRERA

La squadra nel frattempo viene acquistata da Angelo Moratti e prima dell’avvento del Mago Herrera la panchina nerazzurra è un via vai, quasi fosse la hall di un albergo. Campatelli parte bene nel ‘55–56 ma poi inanella una serie di sconfitte e Moratti chiama ancora il Pepp Meazza, vero e proprio salvatore della patria. L’anno successivo è il momento di una coppia composta da Annibale Frossi, il “Dottor Sottile” campione d’Italia da giocatore dell’Ambrosiana, e Luigi Ferrero anch’egli ex giocatore nerazzurro. Ma tra i due non c’è armonia e Moratti senior ripesca Meazza che riesce a fare peggio, concludendo al quinto posto con 35 punti. È l’ultima presenza di Meazza sulla panchina interista, anche se sarà sempre nei ranghi societari come osservatore. Un anno intero con un solo mister, Jesse Carver, ovviamente non riconfermato, e riprende la giostra con Campatelli che subentra a Bigogno e poi l’esonero in due fasi: prima allena la coppia Achilli-Campatelli, poi resta solo Achilli e infine arriva il navigato Cappelli per il quarto posto finale.

Senza cambi in corsa i mitici anni ’60, e passata la società a Fraizzoli, nel 1970–71 avviene l’esonero perfetto, quello che ti porta allo scudetto. HH2, ovvero Heriberto Herrera, il “Profeta del movimiento”, per dirla alla Massimo Moratti non ha più in mano la squadra. Perso il derby 3–0, Fraizzoli chiama Giovanni Invernizzi: dopo la vittoria sul Torino perde a Napoli ma i “senatori” sull’aereo di ritorno gli dicono che sono con lui e che si può vincere lo scudetto. Vengono reintegrati Bedin e Jair, fatti fuori dal paraguayano, e in effetti la rimonta sul Milan col 2–0 nel derby di ritorno si completa e arriva l’undicesimo tricolore. Chi di esonero ferisce, di esonero perisce ed ecco due anni dopo lo stesso Invernizzi sostituito da Masiero, che rimpiazza anche Herrera (Helenio) l’anno dopo ma stavolta per una crisi cardiaca del Mago. Anche se i risultati non erano eccelsi. Tutto sommato Fraizzoli si rivela un presidente poco propenso all’esonero, secondo i maligni per via del suo “braccino corto” che gli impedisce di avere a libro paga più tecnici. Pellegrini cambia Castagner nel 1985 dopo dieci giornate e un terzo posto l’anno prima, mettendo Corso. Dopo il regno di Trapattoni, il “re delle mense aziendali” è costretto a cacciare un deludentissimo Orrico mettendo Suarez a salvare la baracca.

DOPO I DILETTANTI, LARGO AI PROFESSIONISTI DELL’ESONERO

Bagnoli verrà esonerato mentre è al sesto posto, con Marini arriviamo vicini alla Serie B ma vinciamo una Coppa Uefa. L’era di Moratti Jr. è ben più ricca di colpi di scena, cacciate scenografiche e inaspettate, allenatori che non convincono ma che vengono riconfermati per poi essere esonerati all’inizio del secondo anno, e così via. Con soluzioni interne a fare da cuscinetto, come Suarez nel ’95 (tra Bianchi e Hodgson), e come Verdelli nel 2003–04 tra Cuper e Zaccheroni. Dalla padella alla brace con Tardelli al posto di Lippi, o l’anno dei quattro allenatori (Simoni-Lucescu-Castellini-Hodgson) con il tecnico di Crevalcore cacciato dopo aver battuto Real e Salernitana e la squadra che alla fine arriva ottava e non si qualifica per le coppe. Fino all’anno scorso, quando Benitez lascia da campione del mondo e Moratti affida la panchina a Leonardo. È l’esonero quasi perfetto, le similitudini con l’anno di Invernizzi sono tante (autogestione compresa) ma il Milan vince anche il derby di ritorno e sventa la rimonta: secondo posto e coppa Italia. Riuscirà Ranieri a emulare Invernizzi: del resto, volendo usare un po’ di ironia, siamo a -6 dalla vetta quando mancano 35 giornate.

Gabriele Porri

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