Persuadere e Convincere

Pietro Alotto
Argomentazione
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10 min readSep 2, 2017

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Il termine argomentare deriva dal latino argumentor, che significa “ragionare, mostrare provando, addurre come prova”. Quando argomentiamo, quindi, noi ci proponiamo di convincere qualcuno ( anche noi stessi) relativamente ad un tra (topic) portando a tale scopo una serie di prove e ragioni.

L’argomentare appartiene ala categoria degli atti linguistici persuasivi “rientrano tutti quegli atti linguistici che si realizzano con lo scopo di convincere il destinatario ad adottare un certo punto di vista o un certo comportamento.”

Ora, se pensiamo a tutte le situazioni comunicative in cui ci troviamo di fronte ad un tentativo più o meno diretto di indurci a pensare o a fare qualcosa ci renderemo conto della pervasività degli atti linguistici persuasivi nella nostra vita quotidiana. Il manifesto pubblicitario, l’arringa difensiva, il comizio politico, i saggi di argomento filosofico, scientifico, storico o sociale, gli articoli di fondo di un quotidiano, le esortazioni dei genitori, le prediche dei sacerdoti, il corteggiamento insistente di un amante per la persona amata, sono tutti “discorsi” volti a persuaderci a credere o a fare qualcosa.

Diversamente da altri tipi di atti linguistici come le richieste, i comandi, ecc. che possono essere espressi anche in una sola frase, gli atti linguistici persuasivi possono raggiungere il loro scopo solo se unite in unità più complesse, di più frasi. Un atto linguistico direttivo, espresso in una frase (esci immediatamente da questa stanza!) può raggiungere immediatamente il suo scopo, ma un atto linguistico persuasivo se vuole raggiungere il suo scopo deve essere costruito con almeno due frasi: esci immediatamente da questa stanza, se non vuoi finire arrostito!

La prima frase assume la funzione di affermazione, tesi, la seconda quella di motivazione, di argomento a supporto, di ragione per fare quanto affermato nella prima frase.

Causare un’azione (attraverso l’uso del linguaggio) significa “evocare gli atteggiamenti (desideri, ma anche paure) appropriati e comunicare le informazioni pertinenti”.

Persuadere qualcuno a credere o a fare qualcosa presuppone :

1. che non si abbia altro modo più diretto o efficace per raggiungere lo scopo che ci si propone di ottenere (perché è chiaro che non si sta a perdere tempo a convincere qualcuno che è già convinto); a meno che la motivazione, pur non necessaria ( p.e., se vi è una relazione gerarchica fra emittente e destinatario — padrone/sottoposto- ), venga data lo stesso, come segno di rispetto o di cortesia nei confronti del destinatario;

2. che ciò di cui si vuole persuadere sia questionabile, non evidente, ed abbia perciò bisogno di essere sostenuto con delle evidenze a supporto, con delle motivazioni. Ne riparleremo più avanti.

Come tutti gli atti linguistici, anche l’atto linguistico persuasivo si caratterizza per il fatto che esso è compiuto in vista di uno scopo ed è rivolto ad un preciso destinatario.

Posto che un atto linguistico può essere compiuto attraverso una frase o un più o meno lungo discorso, un atto linguistico persuasivo è in generale un discorso intenzionale e pianificato volto a persuadere qualcuno a credere o a fare qualcosa.

Bene, se la natura di un discorso persuasivo dipende strettamente dalle intenzioni comunicative dell’emittente, ne consegue che esso può concretizzarsi in diverse modalità espressive: una descrizione (tipo quelle dei depliant turistici), un manifesto pubblicitario, una poesia, anche una narrazione, possono essere finalizzati a persuaderci a credere in una certa tesi o in una data visione del mondo, o a fare una certa scelta.

Noi non ci occuperemo di queste modalità espressive. Il nostro interesse sarà rivolto solo a quel tipo di discorsi e di testi che si propongono di raggiungere lo scopo persuasivo per mezzo di un’argomentazione.

I meccanismi della persuasione

Esiste un significato del termine “persuadere” che tutti noi comprendiamo benissimo e che sopra abbiamo dato per scontato, parlando di atti linguistici persuasivi: persuadere come indurre a credere o a fare qualcosa.

Ora, si può indurre qualcuno a credere o a fare qualcosa in tanti modi: non solo attraverso la parola, ma anche utilizzando farmaci, sottoponendolo a ipnosi, ponendo in essere strategie di sottomissione psicologica, come quelle messe in atto da alcune sedicenti “Chiese”, fondate sulla minaccia, la tortura, l’umiliazione, l’adulazione, il premio ecc. In questi casi, tuttavia, se è vero che si induce un cambiamento nella volontà altrui, è anche vero che ciò non avviene attraverso un’azione persuasiva, in senso proprio.

L’elemento che caratterizza un vero atto persuasivo vuole, infatti, che il cambiamento nella volontà avvenga in modo libero, “attraverso un libero cambiamento di credenze e opinioni”:

“Persuadere significa indurre un cambiamento della volontà altrui, ma solo… attraverso un trasferimento di credenze, di opinioni.”

Come funziona il meccanismo della persuasione?

E’ un principio fondamentale della persuasione, già scoperto da Aristotele, quello “secondo il quale il persuasore deve solo incanalare la forza delle convinzioni e delle argomentazioni già presenti e attive nell’ascoltatore.” Per capire questo punto vale forse la pena riprendere alcune scoperte fatte dallo psicologo R. B. Cialdini, uno dei massimi esperti nel campo della psicologia della persuasione. L’uomo è un risparmiatore di energie cognitive, utilizza euristiche e scorciatoie di ragionamento, riuscendo a trarre conclusioni da un minimo di segnali parziali ed incompleti, da informazioni sommarie. Secondo Cialdini, gli uomini si ritrovano a vivere in un ambiente sociale enormemente complicato, complesso e mutevole; per muoversi in questo ambiente e prendere decisioni gli uomini dovrebbero conoscere ed elaborare una quantità di dati e informazioni, cui è pressoché impossibile far fronte.

“Non si può pretendere che riconosciamo e analizziamo tutti gli aspetti di ogni persona, evento e situazione che incontriamo anche soltanto nell’arco di una giornata: non ne abbiamo il tempo, l’energia o la capacità.”

E’ per questo che nel corso dell’evoluzione gli esseri umani hanno imparato a ricorrere a stereotipi, principi standardizzati, “regolette sommarie per classificare le cose in base a pochi elementi chiave, e poi rispondere senza pensarci su, purché sia presente uno di questi segnali attivanti.” Si tratta di “scorciatoie” indispensabili, in mancanza delle quali “resteremmo paralizzati a catalogare, valutare e calibrare e il momento di agire passerebbe senza ripresentarsi.”

Si tratta di principi utili e che il più delle volte funzionano benissimo, cioè a dire ci permettono di raggiungere i nostri obiettivi in modo efficiente. Ma non sempre. Un principio standardizzato, uno stereotipo che guida la nostra vita di consumatori è quello secondo cui “costoso = buono”: più un articolo è costoso più tendiamo a ritenerlo migliore sotto qualche rispetto di un altro meno costoso. E’ un principio che il più delle volte ci offre una buona guida per fare i nostri acquisti. Il fatto è che anche i negozianti lo conoscono, e possono usarlo a nostro sfavore, aumentando ad arte il prezzo di un prodotto (p.e. durante il periodo dei saldi) per ingannarci.

Un altro principio standardizzato è quello che ci dice di fidarci delle persone che si presentano a noi vestite bene e curate, e di diffidare di quelle che non lo sono.

Ciascuno di noi sa bene quanto sia più facile farsi dare un passaggio se si è vestiti bene, piuttosto che se si è trasandati. Il fatto è che lo sanno anche i truffatori, che perciò si presentano sempre vestiti con cura.

La cronaca ci racconta spesso di truffe tentate o riuscite giocando su questo principio standardizzato:

Scrive Cialdini:

“[…] i nostri programmi automatici di solito prendono le mosse da principi psicologici o da stereotipi che abbiamo imparato ad accettare. Pur con intensità diversa, alcuni di questi principi riescono ottimamente a dirigere le azioni umane. Abbiamo cominciato così presto a seguirli e l’abbiamo fatto tanto spesso che raramente ci rendiamo conto del loro potere. Ma agli occhi degli altri ognuno di questi principi è un’arma sempre a portata di mano, una volta scoperta: un’arma di persuasione automatica.”

Ma quali sono questi principi psicologici che orientano e dirigono il comportamento umano? Cialdini ne ha individuati sei: coerenza, reciprocità, riprova sociale, autorità, simpatia e scarsità.

Si tratta di principi psicologici che danno vita a delle regole su cui ci appoggiamo per prendere decisioni, giudicare atti e comportamenti. La regola di coerenza, p.e., ci impone di essere sempre coerenti nei nostri atti: una volta che abbiamo preso una data posizione o fatto una certa scelta noi ci impegniamo a essere coerenti con quell’impegno. La regola di reciprocità ci impone di contraccambiare quello che un altro ci ha dato. Avremo modo di ritornare su queste regole più avanti.

A questi sei principi, va aggiunto un principio o regola motivazionale che, secondo Cialdini, fa da sfondo a tutte le nostre scelte: la regola dell’interesse materiale. Per fare smuovere qualcuno e spingerlo a fare qualcosa basta prospettargli un vantaggio, un qualche profitto!

E’ chiaro a questo punto il significato della tesi aristotelica secondo cui “si ottiene il massimo della presa quando si adottano le linee di ragionamento che l’interlocutore è più incline ad accettare e quando si fa appello alle motivazioni che più gli stanno a cuore.” L’effetto della persuasione (se è perfettamente riuscita, altrimenti ci si sente a disagio, ed è facile che si ritorni sui propri passi) su chi la subisce è quello di dare alla “vittima” l’impressione di aver preso la decisione che avrebbe voluto e/o dovuto prendere comunque.

Ma ecco il paradosso: se gli argomenti e le motivazioni che fanno breccia sull’interlocutore sono già presenti in esso, che necessità c’è di argomentare per persuadere?

Il paradosso scompare se immaginiamo le opinioni, i principi psicologici, i principi logici come i tasti di un pianoforte che noi tutti possediamo; allora possiamo dire che la persuasione è come il suonare la melodia giusta, schiacciando i tasti giusti per noi, con l’intensità e i tempi giusti. Non tutte le melodie fanno scattare le molle della persuasione. Alcune lo fanno con più regolarità di altre, alcuni accordi armonici hanno generalmente un effetto persuasivo che altri accordi non hanno. Non è un caso che esistono corsi di addestramento per venditori porta a porta, per pubblicitari, ecc. Le stesse facoltà di giurisprudenza (soprattutto negli Stati Uniti) fanno corsi per i futuri avvocati in cui insegnano loro quali argomenti sono più persuasivi per certi tipi di giurie o di giurati.

Non sempre, però, i percorsi più usuali, gli argomenti generalmente più efficaci riescono a raggiungere l’obiettivo, ecco che allora l’abile persuasore inventerà argomenti nuovi, creerà trame e disegni argomentativi nuovi e originali, inventerà nuove melodie …

E ancora, il paradosso scompare se teniamo presente:

  1. che i principi psicologici, i principi logici, le opinioni sono sì dentro di noi, ma non sempre sono attivi, occorre qualcosa o qualcuno che li faccia scattare o li riporti alla coscienza. Possiamo non renderci conto che una certa regola può essere applicata alla situazione, fino a quando qualcuno non ce lo fa notare.
  2. che non sempre ci rendiamo conto che noi abbiamo opinioni disparate, valori, scopi e desideri che possono essere incompatibili gli uni con gli altri. Far emergere tali incompatibilità, perorare la causa delle opinioni o dei valori “giusti” è compito dell’argomentazione persuasiva.
  3. che non sempre abbiamo avuto occasione di trarre tutte le conseguenze possibili delle nostre credenze, dei nostri valori, scopi e desideri. Trarre le conseguenze “giuste” è il compito dell’argomentazione persuasiva.

Moventi per credere e agire

Per poter persuadere qualcuno a credere o a fare qualcosa occorre avere una qualche conoscenza dei moventi del credere e dell’agire umani. E’ una conoscenza che a livello basilare abbiamo tutti noi, in quanto i moventi sono comuni a tutta la specie. Ci limitiamo perciò a estendere al comportamento altrui i moventi che generalmente spingono noi ad agire o a credere.

Un elenco non esaustivo di tali moventi potrebbe essere quello che segue:

Moventi per agire

Coerenza, Utile, Amore, (di Patria, di sé, per gli altri), Benevolenza/Simpatia, Paura, Vantaggio, Giustizia (impegno, dovere, reciprocità, uguaglianza), Vanità, Invidia, Gelosia, Odio…

Motivi per Credere

Vero, Verosimile, Probabile, Possibile, (Fede), Gradito.

Criteri o indizi di verità, verosimiglianza, probabilità, possibilità

Evidenza, Esperienza, Semplice, Consenso, Autorità (autorevolezza, credibilità), Coerenza, Normalità, Economico, Fede (?)…

Chi costruisce un’argomentazione che voglia persuadere qualcuno ad agire in un certo modo o a credere in qualcosa dovrà, in genere, portare argomenti che possano essere ricondotti sotto qualcuna (meglio se sotto più di una) di queste categorie, oppure dovrà riuscire a suscitare una di queste passioni: odio, paura, interesse, simpatia, benevolenza, ecc.

Persuadere e convincere

Come abbiamo già detto, il nostro interesse non è qui rivolto a tutti i tipi di discorsi che mirano alla persuasione, ma soltanto a quelli che si propongono di convincere attraverso il ragionamento.

Ora, quale che sia il tipo di argomentazione usata, è certo che ogni argomentazione ha una finalità comune, quella di convincere o di persuadere qualcuno intorno a qualcosa la cui verità non sia evidente. Non si argomenta infatti intorno a ciò che è evidente. (“La natura stessa dell’argomentazione e della deliberazione s’oppone alla necessità e all’evidenza, perché non si delibera dove la soluzione è necessaria, né s’argomenta contro l’evidenza.”

Anche se non tutti sono d’accordo con questa distinzione, i termini persuadere e convincere non hanno precisamente lo stesso significato, pur se in molti casi (rispetto al destinatario, p.e.) sono intercambiabili.

Ogni argomentazione si rivolge ad un destinatario, un Uditorio che può essere il più vario: una classe scolastica, un assemblea di fedeli o di membri di un partito politico, i componenti di una famiglia, i telespettatori di una data trasmissione, ecc. Ma un uditorio può essere costituito anche dall’umanità intera o per lo meno da tutti gli esseri umani: uditorio che chiameremo universale; può essere costituito, come nel dialogo, da un unico interlocutore; infine, può essere costituito dallo stesso soggetto, quando delibera o si rappresenta le ragioni dei propri atti, oppure esamina criticamente nel foro interiore le proprie convinzioni.

Ebbene, con il Perelman, chiameremo persuasiva una argomentazione che pretende di valere soltanto per un uditorio particolare e chiameremo convincente quella che si ritiene possa ottenere l’adesione di qualunque essere ragionevole.

Ciò che cambia nell’argomentazione persuasiva rispetto a quella convincente è l’intenzione dell’oratore. Nel primo caso, infatti, egli utilizzerà argomenti che sa o ritiene che siano accettabili dall’interlocutore al fine di indurlo ad accettare la conclusione (è il caso del venditore che ci vuole persuadere a comprare quella determinata automobile, o dell’avvocato che, indipendentemente dalla colpevolezza o meno del suo patrocinato, cerca di persuadere quella particolare giuria ad assolverlo); premesse che rispetto alla stessa conclusione possono variare da interlocutore ad interlocutore. Nel secondo caso l’oratore userà argomenti che egli ritiene che, oggettivamente, sostengano quella determinata conclusione (è il caso del filosofo che è convinto della verità della propria dottrina e la espone in un libro); premesse che non variano con l’interlocutore, perché si ritiene che la forza persuasiva dell’argomentazione sia tale da imporsi da sé ad ogni essere razionale.

La pubblicità e la propaganda politica o religiosa ci hanno abituato a forme di condizionamento dell’uditorio che sfruttano abilmente una grande varietà di tecniche, le quali operano sia a livello cosciente che subcosciente. Si tratta di tecniche che mirano a eludere la nostra ragione, la nostra attività critica, la capacità di pensare con la nostra testa.

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Pietro Alotto
Argomentazione

Scrivo di scuola, di filosofia, argomentazione, critical thinking e argument mapping (su cui ho scritto l'unico libro pubblicato in Italia).