Il diritto d’autore online e la questione di legittimità del regolamento Agcom

Gaetano Marando
Argomenti di diritto dei media digitali
10 min readDec 12, 2016

Capitolo I

Il diritto d’autore online

L’avvento del Web 2.0 a partire dagli anni 90 ha favorito quelle che è stata definita Information Age o più recentemente Network Society, ovvero un processo di digitalizzazione posto in essere dalle nuove tecnologie dell’informazione che hanno profondamente trasformato la società globale.

Tali cambiamenti sono stati favoriti dalla nascita della “società dell’informazione”, ovvero un contesto in cui le nuove tecnologie informatiche e di telecomunicazione assumono un ruolo fondamentale nello sviluppo delle attività umane.

Con la comparsa di tale processo, la digitalizzazione del settore delle comunicazioni ha prodotto una smaterializzazione dei contenuti, aumentando in modo esponenziale la possibilità di riprodurre e diffondere opere online senza in consenso del titolare del diritto d’autore, che si trova a non essere in grado di esercitare un controllo efficacie e costante. Benché tali diritti abbiano beneficiato della società dell’informazione è anche vero che tali cambiamenti devono essere valutati tenendo presente la necessità di raggiungere uno stabile equilibrio tra innovazione tecnologica, tutela delle espressioni culturali e diritto di proprietà. Al tal riguardo, le autorità di regolamentazione, a livello internazionale, europeo e nazionale, sono state chiamate a elaborare meccanismi e mettere in atto interventi volti a delineare un migliore equilibrio, tra il diritto alla libertà di espressione e l’accesso ad Internet da un lato, e la giusta remunerazione per la creazione e la circolazione della proprietà intellettuale dei titolari dei diritti dall’altro.

In ambito internazionale sono stati stipulati una serie di Trattati internazionali, a partire dalla Convenzione di Berna (che costituisce la principale fonte internazionale in materia di diritto d’autore) nella sua ultima revisione del 1971, alla quale si legano i trattati WIPO (World Intellectual Property Organization,) del 1996. Meritano altresì di essere menzionati anche i Trattati ACTA (Anti-Counterfeiting Trade Agreement), negoziato nell’ambito del WTO (World Trade Organization), volti a uniformare l’applicazione globale di diritti di proprietà intellettuale attraverso la creazione di norme e pratiche comuni di applicazione e rendere più efficace la cooperazione internazionale.

A livello europeo, l’obiettivo perseguito è stato quello di giungere ad una disciplina regolamentare che tenesse conto della necessità di garantire una tutela adeguata ed efficace dei diritti di proprietà intellettuale, senza che le misure e le procedure di protezione si traducessero in un impedimento alla libertà degli scambi e al diritto fondamentale al libero accesso all’informazione. La tutela di tale diritto è sancita:

  • Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea art. 17, par. 2 (la proprietà intellettuale è protetta);
  • Libro Verde Il diritto d’autore e le sfide tecnologiche — Problemi di diritto d’autore che richiedono un’azione immediata COM (88) 172 def, 7 giugno 1988;
  • Libro Verde I diritti d’autore e i diritti connessi nella Società dell’Informazione COM (95) 382 def, 19 luglio 1995;
  • Libro Verde La lotta alla contraffazione e alla pirateria nel mercato interno COM (98) 569 def, 15 ottobre 1998;
  • Libro Verde Green Paper on Copyright in the Knowledge Economy, Il diritto d’autore nell’economia della conoscenza COM (2008) 466 def, 16 luglio 2008.

Infine a livello nazionale, nel nostro caso l’Italia, le principali leggi sul diritto d’autore sono: il Codice civile (artt. 2575 e ss., art. 2598 e ss.); il Codice penale (artt. 473 e ss., artt. 517, 518, 528, 529, 725); il Regio Decreto 18 maggio 1942, n. 1369 “Regolamento per l’esecuzione della Legge 22 aprile 1941 n. 633, per la protezione del diritto di autore e di altri diritti connessi al suo esercizio”; la Legge 18 agosto 2000, n. 248 “Nuove norme di tutela del diritto d’autore”, ed infine il regolamento Agcom tramite la delibera n. 680/13/ CONS del 12 dicembre 2013 in materia di tutela del diritto di autore sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2003, n.70.

Non esiste una disciplina unitaria per la tutela del diritto d’autore online; si tratta di uno dei diritti più violati in Rete. Nell’ordinamento classico il diritto d’autore è l’istituto giuridico che tutela i risultati dell’attività intellettuale attraverso il riconoscimento all’autore dell’opera di una serie di diritti, sia di carattere morale (riguardanti la tutela della personalità di autore) che patrimoniale (riguardanti l’utilizzo economico dell’opera creata).

Questi diritti sorgono in capo all’autore con la creazione dell’opera, infatti l’art. 2576 del Codice civile e l’art. 6 della legge sul diritto d’autore dispongono che il titolo originario dell’acquisto del diritto d’autore è costituito dalla “creazione dell’opera, quale particolare espressione del lavoro intellettuale”.

Capitolo II

Il regolamento Agcom e la sua legittimità

In Italia siamo sprovvisti di una legge che si occupi del diritto d’autore online e per tale motivo il legislatore ha molta difficoltà nell’approcciarsi a questo argomento. L’unico rilievo tangibile è il “Regolamento” Agcom, che però, come vedremo, poggia su un dubbio fondamento legislativo.

Il 21 dicembre 2013 con la delibera n.680/13/CONS, emanata ai sensi del D. lgs. 9 aprile 2003, n.70, ed entrato in vigore il 31 marzo 2014, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha adottato un regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica (il Regolamento https://www.agcom.it/documents/10179/0/Documento/b0410f3a-0586-449a-aa99-09ac8824c945), con l’obiettivo di individuare gli strumenti più adeguati per la promozione e il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale online.

Il regolamento si basa su un procedimento amministrativo costruito su tre capisaldi: la protezione subordinata all’iniziativa del titolare del diritto d’autore, azioni amministrative contro i trasgressori, e un procedimento abbreviato in caso di violazione massiva. Tale provvedimento è stato approvato a valle di un processo che ha visto l’Autorità svolgere tre consultazioni pubbliche:

  • la prima, indetta con la delibera n. 668/10/CONS del 17 dicembre 2010, sui “Lineamenti di provvedimento concernente l’esercizio delle competenze dell’Autorità nell’attività di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica”;
  • la seconda, avviata con la delibera n. 398/11/CONS del 6 luglio 2011, ha avuto l’obiettivo di acquisire tutte le proposte e le osservazioni dei soggetti interessati sul testo del primo schema di regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica;
  • la terza, con la delibera n. 452/13/CONS del 25 luglio 2013, ha riguardato la “Consultazione pubblica sullo schema di regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica e procedure attuative ai sensi del D. lgs. 9 aprile 2003, n. 70” che, il 2 settembre è stato notificato alla Commissione europea ai sensi della direttiva 98/34/CE, come previsto dalle regole europee.

Il Regolamento intende tutelare il diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica attraverso due azioni complementari tra loro ed egualmente importanti:

  • il sostegno allo sviluppo del mercato dei contenuti mediante campagne informative e alla diffusione dell’offerta legale di opere digitali;
  • garanzia di una corretta fruizione delle opere stesse, indicando una serie di procedure volte all’accertamento ed alla cessazione delle violazioni del diritto d’autore poste in essere sulle reti di comunicazione elettronica.

Per il raggiungimento di tali obiettivi, il regolamento attribuisce una serie di funzioni alla Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni, a garanzia della tutela e quindi dello sviluppo delle opere digitali. In particolare, istituisce un Comitato per lo sviluppo e la tutela dell’offerta legale di opere digitali, presieduto dal Segretario generale dell’Autorità. Il comitato ha lo scopo di promuovere la semplificazione nell’attività di distribuzione di opere digitale, anche per favorire l’accesso alle stesse, nonché l’adozione di codici di condotta da parte dei prestatori di servizi delle società per informazioni.

È necessario verificare se il potere normativo esercitato dall’Agcom con l’emanazione del regolamento, sia privo di una esplicita copertura legislativa e, in caso di risposta affermativa, se questo deficit di legalità possa in qualche modo essere sanato ricorrendo alla teoria dei poteri impliciti. La teoria dei poteri impliciti stabilisce che, pur in assenza di una specifica norma di legge che attribuisca ad una autorità indipendente il potere regolamentare, quest’ultimo possa essere legittimamente esercitato, in quanto inscritto nella legge istitutiva dall’autorità medesima. All’Autorità, secondo l’articolo 182 bis della legge 22 aprile 1941, n.633, spetta soltanto il compito di vigilanza al fine di prevenire ed accertare le violazioni della presente legge, pertanto il concetto di vigilanza non può essere dilatato al punto di comprendervi attività di natura normativa.

Altrettanto inidonei risultano gli articoli 15 e 16 del D. lgs. n. 70/2003. Le norme in questione dispongono che l’autorità amministrativa può esigere che il prestatore, nell’attività di memorizzazione temporanea o di hosting, impedisca o ponga fine alle violazioni commesse, ma tali articoli non menzionano l’Agcom, ma un imprecisata autorità amministrativa. Anche la teoria dei poteri impliciti non può essere chiamata in soccorso all’autorità, poiché essa e limitata ai poteri di rulemaking (solo il potere normativo può ritenersi oggetto di attribuzioni implicite), in conformità con quanto statuito dall’articolo 23 della Carta costituzionale.

Occorre affrontare altri due temi che potrebbero essere invocati a favore del regolamento in esame, ma che si riveleranno inconsistenti.

Il primo chiama in causa il diritto europeo, in quanto i poteri inibitori e sanzionatori sarebbero stati attributi all’Autorità dalla direttiva 2004/48. La direttiva, pur avendo ad oggetto la difesa della proprietà intellettuale, non conferisce ad alcune amministrazione, compresa l’Agcom, poteri provvedimentali volti a contrastare comportamenti illeciti. Il secondo si focalizza su un ipotetica “difesa d’ufficio” riguardante il regolamento e un presunto contenuto tecnico della materia in oggetto. Questa tesi, forse più della precedente, mette nero su bianco qualsiasi tentativo avallato dall’Autorità in suo favore per le seguenti ragioni:

  • la prima riguarda il fatto che la complessità tecnica di un determinato settore può giustificare l’esercizio dei poteri impliciti di rulemaking e non quelli di adjudication;
  • la seconda e che non si può riscontrare nel regolamento Agcom uno spiccato contenuto tecnico;
  • nella terza occorre riscontrare come il contenuto del regolamento non solo non presenti alcun tratto di ipertecnicismo, ma interferisca anche in modo evidente con una delle principali libertà costituzionali, quella della manifestazione del pensiero.

La legittimità del procedimento fa emergere dubbi e perplessità sin dalla sua fase iniziale, ponendo l’attenzione sul deficit di legalità formale che affligge il regolamento.

La disciplina sulla fase di avvio del procedimento presenta modifiche in corso d’opera che hanno fomentato l’incertezza sui poteri dell’Autorità, in particolare si contemplava il notice and take down (normativa americana in tema di tutela del diritto d’autore prevista dal Digital Millenium Copyright Act, section 512 c. 3 approvato 8 ottobre 1998), per cui la vittima di un illecito si rivolgeva al gestore del sito presso il quale si sarebbe verificata la violazione, chiedendone la rimozione dell’opera digitale; se entro quattro giorni la richiesta di rimozione non fosse stata evasa, il titolare del diritto d’autore avrebbe potuto rivolgersi all’Agcom. Nel regolamento vigente questa fase non è più prevista. L’Autorità ha preferito stralciarla per non dilatare i tempi entro cui la vittima della violazione avrebbe potuto ottenere un intervento a propria difesa da parte dell’Agcom.

Nella fase istruttoria il dato che emerge è rappresentato dalla mancanza del contraddittorio orale, uno dei principali tratti caratterizzanti l’azione delle authorities, mentre nella fase decisoria la mancata previsione di alcun meccanismo di silenzio-diniego riflette un atteggiamento di scarsa sensibilità nei confronti delle garanzie dell’incolpato.

Non resta che prendere in esame il tema dei contenuti possibili dei provvedimenti finali emanabili dall’Autorità.

I provvedimenti in questione consistono nella rimozione selettiva dei contenuti digitali in caso di violazione massiva con conseguente disabilitazione all’accesso nel caso in cui il sito Internet è identificato da uno o più nomi di dominio o dagli indirizzi IP ad essi associati.

Le perplessità che emergono sono molteplici. La prima riguarda in che cosa consiste precisamente la “violazione massiva” ed entro quanto tempo bisogna provvedere alla rimozione o disabilitazione, pena ingenti sanzioni. Altro fronte problematico concerne il contenuto dei poteri di cui gode l’Agcom. L’opzione in favore di strumenti ripristinatori, come la rimozione e la disabilitazione all’accesso sono senza dubbio la strada più semplice, tuttavia tale alternativa va contro un principio fondamentale della nostra Costituzione, ovvero, l’art. 21 (libertà di espressione del pensiero).

Prima di concludere tale excursus sulla legittimità del regolamento Agcom e passare alla sentenza definitiva della Corte Costituzionale, è bene porre un breve cenno al procedimento abbreviato previsto dall’art. 9 della materia in esame.

Nella ipotesi in cui può darsi luogo al procedimento abbreviato, vengono concessi all’incolpato solo tre giorni per la presentazione delle controdeduzioni (contro i cinque del procedimento ordinario). Inoltre, dopo l’emanazione da parte dell’Autorità degli ordini di rimozione o disabilitazione vengono concessi al destinatario solo due giorni per provvedere, pena ingenti sanzioni. Questa situazione pone l’incolpato in una situazione di forte debolezza risultando eccentrica rispetto ai vigenti principi costituzionali, compresi quelli relativi al giusto processo.

Capitolo III

La sentenza della Corte Costituzionale

Con la sentenza n. 247 ( http://www.portolano.it/pcc_newsletters/la-corte-costituzionale-dichiara-inammissibile-la-questione-di-legittimita-costituzionale-della-base-giuridica-del-regolamento-agcom-in-materia-di-tutela-del-diritto-dautore-sulle-reti-di-com/) del 2015, sollevata dal Tar del Lazio, la Corte costituzionale ha posto fine, almeno per il momento, alla querelle insorta circa la portata dei poteri regolamentari riconosciuti all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. La Consulta ha sancito l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale con due ordinanze di analogo tenore (datate 26 settembre 2014 e iscritte ai nn. 1 e 2 del registro ordinanze 2015), che miravano a travolgere la base giuridica del Regolamento Agcom in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica (approvato con Delibera n. 680/13/CONS). Oggetto del giudizio di costituzionalità non era il Regolamento Agcom, bensì le norme di legge poste a fondamento del potere dell’Autorità di ordinare la rimozione selettiva di contenuti o la disabilitazione dell’accesso a siti Internet.

La Corte muove la propria analisi dalla premessa che le disposizioni impugnate «non attribuiscono espressamente all’ Agcom un potere regolamentare in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica», e conclude dichiarando l’impossibilità di individuare tale norma nel materiale prescrittivo sottopostole, rammentando che la sua missione è quella di giudicare, sì, su norme, ma di pronunciarsi solamente su disposizioni.

Benché la Consulta ha dichiarato inammissibile la questione di costituzionalità, spetta adesso al giudice amministrativo pronunciarsi su tale verdetto, ponendolo in una situazione di peculiare delicatezza, poiché non può contraddire il responso della Corte, né smentire la propria precedente ordinanza in cui veniva esclusa la violazione del principio di legalità-garanzia, art. 23 Costituzione.

In Italia dunque, al contrario della Francia, dove con la legge del 10 luglio 2013 è stata revocata l’HADOPI (Haute Autorité pour la Diffusion des Oeuvres et la Protection des Drois sur Internet), legge che colpiva l’utente finale attraverso ingenti sanzioni, e rivista nel 2014 con l’abbandono totale all’approccio iniziale in favore di misure che prendono di mira le violazioni massive operate da coloro che forniscono servizi di Web hosting, ci troviamo di fronte una disciplina che non ha alcuna base giuridica.

Bibliografia

Maurizio Mensa e Pietro Falletta, Il diritto del Web, Cedam, 2015.

Sitografia

https://www.agcom.it/tutela-del-diritto-d-autore

http://www.portolano.it/pcc_newsletters/la-corte-costituzionale-dichiara-inammissibile-la-questione-di-legittimita-costituzionale-della-base-giuridica-del-regolamento-agcom-in-materia-di-tutela-del-diritto-dautore-sulle-reti-di-com/

https://drive.google.com/file/d/0B_C2Hy3Dsji8RV9PNnhvNnpna1U/view

https://drive.google.com/file/d/0B_C2Hy3Dsji8Q3U4VzdXY1ZrWGM/view

https://www.unipi.it/ateneo/governo/amm/legale/lineeguida-dirittoautore.pdf

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