Il pluralismo ai tempi di Internet

Laura Perugino
Argomenti di diritto dei media digitali
10 min readDec 19, 2016

Un tema attuale e molto dibattuto è quello inerente alla libertà di informazione: il diritto da parte del cittadino di poter accedere alle informazioni, di poterle ricevere da fonti il più possibile diversificate, di poterle condividere e trasmettere senza impedimenti. Questo interesse pubblico all'informazione non si può prescindere dal considerare il pluralismo delle fonti una questione fondamentale: affinché i cittadini possano esercitare la loro libertà di giudizio e di scelta, ad essi deve essere garantito il libero accesso a tutte le informazioni. Il controllo sui flussi delle notizie invece genera una manipolazione dell’opinione pubblica e comporta una concentrazione del potere, attraverso la censura e il controllo delle reti delle informazione.

E’ importante quindi una tutela del pluralismo dell’informazione, ritenuto un obiettivo centrale delle politiche pubbliche a livello sia nazionale che europeo, tanto da essere considerato la premessa necessaria per l’esercizio del diritto fondamentale alla libertà di espressione, il quale sarà pienamente soddisfatto solo se ad ogni persona verrà data la possibilità di formare la propria opinione da diverse fonti di informazione, come pronuncia il Consiglio d’Europa. In Italia, il diritto all'informazione non è espressamente menzionato in Costituzione, ma è derivabile dall'articolo 21, comma 1, data la sua generalità sui destinatari della tutela e sui strumenti della libertà di manifestazione del pensiero

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

In ambito europeo invece dobbiamo ricordare l’articolo 10, comma 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, le cui disposizioni hanno un diretto effetto nel nostro ordinamento, difatti viene utilizzato abitualmente dai giudici italiani, dando perciò un senso compiuto all'articolo 21 della nostra Costituzione

Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. Il presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, cinematografiche o televisive.

La Corte di Strasburgo invece si pronuncia in merito nel modo seguente

La libertà di espressione costituisce uno dei fondamenti essenziali di una tale società, una delle condizioni fondamentali per il progresso e per lo sviluppo di ogni uomo […]. E’ applicabile non solo alle “informazioni” o “idee” che sono ricevute con favore o considerate come inoffensive o con indifferenza, ma anche a quelle che offendono, creano shock o disturbano lo Stato o qualsiasi parte della popolazione. Tali sono le esigenze di pluralismo, tolleranza e apertura mentale, senza le quali non vi è “società democratica”.

Il pluralismo rappresenta il presupposto dell’esistenza della democrazia, per il suo ruolo fondamentale nella formazione di un’opinione pubblica consapevole, per uno sviluppo della coscienza individuale, nonché per il progresso dello stesso potere di governance.

Vale la pena ricordare anche la puntualizzazione fatta dall'Autorità nazionale di regolazione nel settore delle comunicazione in Inghilterra (Ofcom) di come il pluralismo dell’informazione sia alla base della democrazia: una sfera pubblica ben informata, pluralista, che riceve le informazioni dai media di natura diversa e indipendenti dal potere politico può contribuire al buon funzionamento della società democratica. È doverosa anche una puntualizzazione sulla differenza fra diversity of supply e diversity of exposure, ovvero fra la diversità delle fonti e la diversità di esposizione alle informazioni da parte dei cittadini. Sono due concetti ben separati, poiché il primo caso è riferito alla diversificazione dell’offerta, ovvero la differenziazione dei contenuti da parte dei media, mentre il secondo all'effettivo accesso da parte del cittadino a tutti i contenuti possibili. La diversità di esposizione è sottovalutata da parte delle politiche, viene presa meno in considerazione dalle normative, privilegiando invece la differenza di approvvigionamento delle notizie. Occorre ricordare però che la plurality of sources, pluralità delle fonti, da sola non garantisce il concetto di pluralismo nella sua totalità: devono esserci anche altre misure volte alla tutela del content diversity, diversità dei contenuti, affinché si possa parlare di pluralismo dell’informazione.

Certamente la nascita del web ha favorito il potenziamento del pluralismo, poiché la rete ha contribuito all'aumento quantitativo delle fonti e quindi dei punti di vista consultabili liberamente e in qualsiasi momento da parte dei cittadini, grazie alla neutralità del mezzo rispetto alle informazioni e grazie all'assenza di un controllo diretto da parte dei poteri pubblici o privati, perlomeno nei paesi democratici, favorita dalla a-territorialità del web. Il pluralismo dell’informazione ha conosciuto quindi un incremento dato l’aumento delle fonti digitali che si sono affiancate a quelle tradizionali. Questa massima apertura di internet, però, ha portato a riflettere sulla qualità delle notizie offerte, poiché le fonti non sono sempre verificate o verificabili: per il diritto di manifestazione del proprio pensiero, garantito dai trattati internazionali, ogni utente può generare molteplici contenuti con estrema facilità. La multipolarità di internet è dunque la sua forza ma un po’ anche il suo limite, dal momento che ogni utente può pubblicare contenuti senza essere vincolato da norme giornalistiche o etica professionale. In tale contesto gli intermediari dell’informazione hanno un importante compito inerente alla mediazione tra interessi così diversi, poiché essi si pongono come intermediari digitali che forniscono l’accesso all'informazione, aiutando il pluralismo inteso tanto come accesso quanto come scelta delle informazioni da parte degli utenti. Il loro servizio supporta coloro che si approcciano al web, aiutandoli a navigare tra le risorse disponibili in rete e orientandoli nel reperimento delle informazioni. Essi indirizzano l’utente verso il servizio che sta cercando appunto. Internet ha consentito un tale decentramento e una tale interconnessione da amplificare al massimo la capacità dei intermediari di aggregare diverse fonti contribuendo all'informazione e alla formazione dell’opinione pubblica. In questa prospettiva si inserisce lo studio portato avanti dall'INVIR (Institute for Information Law) con l’analisi degli effetti dell’attività degli intermediari dell’informazione del web sulla realizzazione del pluralismo dell’informazione. Rientrano fra gli intermediari digitali dell’informazione in tale prospettiva: Search engines (motori di ricerca), News aggregators (un sito web che aggrega notizie prese da altre fonti), News websites, Social media e App stores. Il gruppo di lavoro dell’INVIR riconosce il ruolo da gatekeeper degli intermediari dell’informazione. Si definiva gatekeeper, molto prima dell’avvento di Internet, colui appunto che attuava l’azione di gatekeeping, ovvero quel giornalista che filtrava le notizie, decidendo a quale dare rilievo e quale invece ignorare, in un contesto caratterizzato da pochi media che attuavano una comunicazione di massa. L’illusione con l’ascesa di Internet fu quella di liberarsi finalmente da ogni tipo di filtro che potesse limitare il conoscibile da parte dei cittadini. Problema invece che si ripresenta con gli intermediari delle informazioni, i quali appunto sono la porta d’accesso a tutte le notizie e che “filtrano” le nostre richieste. Rischiamo di rimanere incapaci di cambiare idea e fossilizzati nelle nostre ideologie per colpa di un algoritmo che ci mostra contenuti cercati nell'oceano del web su misura per noi. Gli intermediari dell’informazione sono appunto dei gatekeeper, poiché possono esercitare una influenza enorme nelle diverse fasi, quali quella della fornitura, della distribuzione e del consumo delle notizie. Esercitano cioè un’influenza sulla accessibilità e reperibilità delle offerte multimediali. L’algoritmo che gli intermediari dell’informazione utilizzano per dare priorità a determinati contenuti e pubblicità rispetto ad altri è una questione rilevante nel dibattito sull'efficacia della diffusione di informazioni e di idee da parte degli stessi. Ciò viene considerato una particolare fonte di controllo e influenza, che limita il pluralismo in tutte le sue forme. Gli intermediari generano una totale personalizzazione dell’esperienza informativa, depennando il surplus informativo tipico dell’information society. Al fine di rafforzare il concetto di quanto siano rilevanti gli intermediari digitali dell’informazione e di quanto possono essere influenti sulla formazioni di idee, alcuni numeri rubati dalle ricerche dell’AGCOM possono essere esemplificativi. L’Indagine conoscitiva sul settore dei servizi internet e sulla pubblicità online dell’AGCOM, redatta nel 2013, rivela che in Italia il 42,1% dei cittadini si informa sulle notizie locali, nazionali e internazionali attraverso internet, la quale rappresenta la terza fonte più usata dopo televisione e quotidiani. Questo dato dimostra come la rete assumi un ruolo chiave nel soddisfare la ricerca di notizie attuali. In effetti, tenendo conto del fatto che i contenuti informativi del web sono spesso gratuiti, ciò stimola l’interesse e il dibattito pubblico anche di coloro che non acquistano i quotidiani o che non ascoltano il telegiornale. La stessa Indagine dell’AGCOM rileva anche come gli intermediari digitali dell’informazione sono utilizzati da una gran parte della popolazione mondiale per ricercare notizie di ogni genere, in particolare Google rappresenta il portale più utilizzato a questi fini, sia in Italia (21,5% degli utenti) che nel mondo (76,6%).

Gli intermediari digitali sono accusati di creare la cosiddetta filter bubble, cioè quel meccanismo prodotto grazie ad un algoritmo che “indovina” in maniera selettiva quali informazioni l’utente desidera ottenere in base alle informazioni dell’utente che esso dispone. Ciò può comportare l’allontanamento dell’individuo dalle informazioni contrarie al suo punto di vista e ad un suo isolamento in vere e proprie bolle culturali ed ideologiche. Si aggiunge anche la questione inerente alla privacy, al diritto del controllo sui propri dati d’accesso, accentuata proprio dal fatto che il raggio d’azione si estende oltre i confini nazionali e comporta la reperibilità del materiale ovunque ed in qualsiasi momento. Gli intermediari dell’informazione, in un simile contesto quindi, hanno l’importante funzione di mediare tra le fonti di informazione e i fruitori, quindi hanno in sé un’arma molto potente, tanto da farli rientrare nella categoria dei gatekeepers.

In tale situazione ogni utente ha notizie personalizzate, fornite dalle ricerche fatte precedentemente e quindi da una personalizzazione implicita, tanto che ogni contenuto correlato e suggerito di un dato utente differisce da quello di ogni altro utente, così come differiscono da utente a utente le segnalazioni di raccomandazione dei contenuti ai propri contatti. Dovrebbe essere considerato problematico il fatto che gli utenti non hanno alcuna conoscenza in merito alla selezione dei criteri su cui si basano i processi di personalizzazione implicita. Così come è problematico non riuscire a valutare in che modo si limita l’accesso alla conoscibilità delle informazioni da parte dell’utente con tali meccanismi. Varie ricerche hanno dimostrato come in determinate situazioni specifiche, come ad esempio durante le campagne elettorali, la visualizzazione di determinati contenuti piuttosto che altri può fortemente incidere sul risultato, tanto da poterlo invertire, senza che l’utente sappia che sta subendo un determinato controllo. C’è chi invece sostiene che il fenomeno del filter bubble non debba per forza rappresentare una riduzione dell’offerta. Questa tesi porta come esempio il fatto che ci sono varie opportunità per scoprire fortuitamente nuovi risultati di ricerca, come ad esempio la funzione di ricerca casuale che estrae un link in modo aleatorio oppure i suggerimenti visualizzati nella categoria “ricerche correlate”. Inoltre, i meccanismi di semplificazione che aiutano l’utente a soddisfare le proprie esigenze lo incoraggiano anche a confrontarsi con altri argomenti di cui può avere scarsa conoscenza, data la facilità della ricerca. Gli intermediari in ogni caso soddisfano un bisogno sociale, grazie ai quali c’è una facilità di navigazione fra le incalcolabili notizie. Per tutte queste ragioni, si sono configurati due scenari di estrema rilevanza nella valutazione del ruolo degli intermediari. Da un lato, è sorta spontanea la riflessione sul ruolo dei nuovi intermediari dell’informazione rispetto alla figura tradizionale dell’editore, che non pare essere sovrapponibile soprattutto in ragione della problematica attribuzione a questi ultimi soggetti della responsabilità editoriale. Dall'altro, invece, si è tentato di capire in che modo tutelare il diritto di accesso all'informazione e il diritto al pluralismo delle informazioni da parte degli utenti, in una prospettiva prevalentemente volta alla piena personalizzazione delle ricerche. Entrambe le questioni sono aperte e non del tutto delineate. Si aspettano pronunce da parte degli attori a livello europeo e nazionale. Le innumerevoli notizie che girano sul Web comportano anche un dibattito su una serie di questioni, non ultima quella del diritto all'oblio, correlata al soddisfacimento dell’interesse pubblico a ricevere informazioni.

In tale prospettiva la tutela del pluralismo dell’informazione si delinea in più forme: dal mantenimento di un mercato dei media concorrenziale, ovvero alla limitazione di concentrazioni proprietarie, ma anche da una necessaria regolazione capace di promuovere e proteggere la libertà di stampa, la diversità culturale, la libertà di ricerca e la libertà di manifestazione del pensiero. Risulta importante ribadire come il pluralismo dell’informazione sia alla base della democrazia. La società democratica necessariamente affonda le sue radici in una sfera pubblica bene informata, inclusiva e pluralista che riceva da molteplici media informazioni di natura diversa ed indipendenti da ogni tipo di potere.

SITOGRAFIA

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