LA NEUTRALITA’ DELLA RETE IN EUROPA

Floreana Diurno
Argomenti di diritto dei media digitali
9 min readDec 15, 2016

Il principio di neutralità della rete stabilisce che qualunque forma di comunicazione elettronica veicolata da un operatore dovrebbe essere trattata in modo non discriminatorio, indipendentemente dal contenuto, dall’applicazione, dal servizio, dal terminale, nonché dal mittente e dal destinatario. Vale a dire che tutto il traffico su Internet deve essere trattato allo stesso modo, senza creare corsie preferenziali per fare in modo che un contenuto sia caricato più velocemente di un altro o che un provider possa bloccare o rallentare l’accesso a particolari siti o servizi online.

Questo presupposto è fondamentale per una concorrenza leale tra i servizi online, per l’innovazione e per la libertà di espressione online.

Esiste una forte e netta separazione tra chi offre servizi di trasporto — Internet Service Providers (ISP) — e coloro che invece offrono servizi applicativi — gli Over The Top (OTT).

I primi offrono una capacità di trasporto che viene sfruttata da OTT e utenti finali per fruire di servizi applicativi erogati in modo indipendente rispetto all’ISP.

Il concetto di Net Neutrality è messo in discussione dagli ISP, secondo i quali gli OTT caricando in rete, traggono vantaggi e guadagni, senza contribuire agli investimenti che gli operatori di telecomunicazione devono fare per garantire il funzionamento della rete stessa.

L’argomento principale è che molti OTT si collegano direttamente ai nodi di peering e quindi non pagano un costo di accesso alla rete come invece fanno la gran parte degli utenti. In questo modo si confermerebbe il principio che gli OTT usano la rete “gratis” e quindi senza contribuire ai ricavi degli operatori e alla relativa copertura di costi e investimenti.

Ma, anche se gli OTT, tramite i meccanismi di peering hanno l’accesso facilitato, è anche vero che grazie ad essi gli operatori ISP sono in grado di vendere i propri servizi di accesso a internet.

Molti ISP vorrebbero stipulare accordi commerciali che definiscano la velocità e le condizioni secondo le quali il singolo OTT è messo nelle condizioni di operare sulle reti di trasporto degli stessi ISP; gli ISP vorrebbero poter incassare una sorta di pedaggio. Di fatto, accadrebbe che l’utente avrebbe servizi OTT più o meno veloci in funzione di quanto abbiano singolarmente negoziato con l’ISP utilizzato da uno specifico utente. In questo scenario però la rete non sarebbe più neutrale, ma andrebbe a privilegiare chi ha specifici accordi commerciali.

Nel caso, invece, di rete neutrale l’ISP non ha leve per condizionare gli OTT e chiedere loro contributi specifici.

Il vero punto di rottura che ha reso un intervento normativo non più rimandabile si è avuto, quindi, con la comparsa sulla scena degli operatori OTT, quali grandi utilizzatori di capacità trasmissiva. Per questi soggetti, l’approccio europeo ha mostrato il fianco in quanto, come spiegato, i rapporti tra tali soggetti e gli ISP non possono essere facilmente ricondotti all’interno della vigente normativa europea.

L’UE ormai da qualche anno ha introdotto il principio della neutralità della rete obbligando, di conseguenza, le imprese che offrono l’accesso a internet a trattare tutto il traffico dati in modo equivalente: non sarà consentito bloccare o rallentare la ricezione di contenuti, applicazioni o servizi offerti da aziende specifiche. Ad esempio sarà vietata la pratica per cui alcuni operatori tendono a rallentare la velocità di internet quando si effettuano telefonate da programmi come Skype, Viber o Whatsapp, riducendo così la qualità del servizio e spingendo gli utenti a telefonare in maniera tradizionale. Inoltre, i provider di servizi internet dovranno fornire agli utenti una spiegazione chiara sulle velocità di download e upload che possono aspettarsi dal servizio, e ogni differenza evidente di questa velocità nel servizio darà diritto, se verificato dalle autorità nazionali di regolamentazione (ANR), a compensazioni come l’estinzione del contratto o l’ottenimento di un rimborso.

Il primo passo in avanti da parte della Commissione europea è rappresentato dal “Pacchetto della telecomunicazione”.

La direttiva 2002/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni) fa parte del «pacchetto Telecom» che, insieme ad altre quattro direttive («Quadro generale», «Accesso», «Servizio universale» e «Vita privata e comunicazioni elettroniche»), definisce il quadro normativo volto a rendere più competitivo il settore delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica.

La direttiva riguarda le autorizzazioni per tutte le reti e i servizi di comunicazione elettronica, siano essi forniti al pubblico o meno. Si applica alla concessione riguardante diritti d’uso delle frequenze radio solo se tale uso implichi la fornitura di una rete o servizio di comunicazione elettronica, di solito a pagamento.

L’obiettivo è quello di realizzare un mercato armonizzato delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, limitando la regolamentazione allo stretto necessario.

L’innovazione principale è la sostituzione delle licenze individuali con delle autorizzazioni generali per tutte le reti o servizi di comunicazione elettronica, accanto alle quali sussiste un regime specifico per l’assegnazione delle frequenze e dei numeri.

Pertanto la fornitura di reti o di servizi di comunicazione elettronica può solo essere oggetto di un’autorizzazione generale, senza la necessità di ottenere una decisione esplicita o qualunque altro atto amministrativo da parte delle ANR, limitando così la procedura ad una sola notifica per le imprese interessate.

Nel 2009, il «pacchetto Telecom» è stato modificato dalle direttive «Legiferare meglio» e «Diritti dei cittadini» e con l’adozione del regolamento (CE) n. 1211/2009 è stato istituito l’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC) con il compito di fornire consulenza alle istituzioni dell’Unione Europea su come sviluppare un miglior mercato interno per le reti e i servizi di comunicazione elettronica e istituisce collegamenti fra le ANR (in Italia Agcom) e la Commissione europea.

La direttiva “servizio universale”, nella sua versione del 2009, ha come obiettivo la tutela dei consumatori. A tal proposito stabilisce i requisiti contrattuali, gli obblighi in materia di trasparenza e delle disposizioni in materia di qualità del servizio per gli utenti finali. Inoltre, è previsto che gli utenti siano ben informati su tutte le condizioni che potrebbero limitare l’accesso all’uso dei servizi e possibili restrizioni sull’uso delle apparecchiature fornite.

La direttiva prevede anche che le ANR conducano un’analisi di mercato per verificare l’esistenza di operatori con significativo potere di mercato (SMP). Se viene trovato un SMP, le ANR hanno il compito di intervenire però solo per imporre rimedi dove il diritto della concorrenza non è sufficiente per affrontare i problemi identificati.

All’interno della direttiva 2002/22 CE trova puntuale disciplina normativa anche l’obbligo di must carry. In pratica, viene prevista una “ri-diffusione” obbligatoria imposta alle reti che operano servizi di diffusione al pubblico di emissioni televisive e radiofoniche. L’obbligo del “must carry” è dunque una cessione obbligatoria di una quota di capacità trasmissiva. Tale obbligo rimane limitato alle trasmissioni e non si applica alla rete internet. Ecco perché le emittenti di servizio pubblico difendono il principio della neutralità della rete. In particolare, essi sostengono che siccome utilizzano sempre di più internet per la distribuzione di contenuti e servizi, la neutralità della rete risulta un elemento chiave per lo svolgimento del lavoro di servizio pubblico e soprattutto per garantire che gli obiettivi di interesse legittimo siano soddisfatti.

Un ulteriore sviluppo sulla neutralità della rete a livello dell’UE è la proposta di regolamento della Commissione del Settembre 2013 sul riesame del quadro normativo UE elettronico. Oltre alla questione di tempismo politico, è difficile da accertare se la Commissione ha previsto con precisione gli effetti delle disposizioni proposte sulla neutralità della rete che sono già stati descritti come “assolutamente impraticabile”. Infatti diviene difficile applicare tale principio anche se, la vera difficoltà risiede non nella creazione di una legge che sancisce il principio di neutralità della rete, ma piuttosto nel far rispettare il principio quando sono in gioco altri obiettivi politici.

La proposta solleva due principali difficoltà, cioè la fornitura di servizi specializzati, che forniscono una qualità garantita del servizio e un controllo agli utenti e l’applicazione di misure di gestione ragionevole del traffico. Il progetto di regolamento elenca i casi dove gli operatori possono applicare misure di gestione del traffico.

Nel 2015 il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato il regolamento (UE) 2015/2120, che, tra altri aspetti, ha modificato il regolamento (UE) n. 531/2012 (il regolamento sul roaming). Il regolamento (UE) 2015/2120 ha introdotto l’abolizione dei sovrapprezzi del roaming al dettaglio nell’Unione Europea a decorrere dal 15 giugno 2017, subordinata a un utilizzo corretto dei servizi di roaming e con la possibilità per gli operatori di applicare una deroga in circostanze eccezionali, ovvero, nel caso in cui un fornitore di roaming non sia in grado di recuperare i suoi costi globali. Quindi, con tale Regolamento è prevista l’abolizione dei costi extra che di solito si pagano quando si usa il proprio numero telefonico sulle reti degli altri operatori fuori dai confini nazionali.

Tale regolamento si occupa anche del tema della net neutrality però manca di chiarezza su alcuni nodi fondamentali e lascia delle questioni importanti aperte per questo motivo viene lasciato agli operatori campo libero nell’agevolare certi servizi rispetto al traffico ordinario e ad aprire il campo ad accordi con fornitori di contenuti e servizi disposti a pagare per aggiudicarsi la priorità dei propri “servizi specializzati”. Le discriminazioni tecnologiche, poi, sono addirittura incoraggiate con la discrezionalità lasciata agli ISP di delineare delle “classi” di servizi o delle “specifiche categorie di traffico”, magari sgraditi al mercato come quello della rete BitTorrent, che prevedano diversi requisiti di QoS (Quality of Service) a cui possano essere applicate delle ragionevoli misure di gestione in deroga al principio che tutti i bit che scorrono in rete siano trattati con equità. Il testo garantisce ai provider una libertà commerciale (art. 3.2) a condizione che la libera scelta degli utenti non sia minata (3.1) ma non menziona espressamente i modelli zero rating.

In sostanza, il Regolamento 2015/2120 ha una portata limitata rispetto all’obiettivo dichiarato di garantire una rete aperta e neutrale, di tutela degli utenti e di garanzia di un funzionamento ininterrotto dell’ecosistema di Internet.

Esso rappresenta solo un primo passo recante norme che incidono essenzialmente sul rapporto triangolare tra ISP, utenti e fornitori di servizi, rispetto alla prospettiva di un quadro normativo più ampio ed articolato che dovrà essere discusso a partire dalla proposta avanzata della Commissione di un nuovo codice europeo delle comunicazioni elettroniche.

Il BEREC ha elaborato delle linee guida che non hanno l’obiettivo di alterare il contenuto delle norme in vigore che garantiscono la libertà di Internet, proteggendo però il diritto di ogni cittadino europeo ad accedere ai suoi contenuti, applicazioni e servizi senza interferenza ingiustificata o discriminazioni, ma hanno più che altro il compito di dare chiarezza alle norme esistenti. Una norma a cui danno chiarezza per esempio, è quella che vieta agli Internet service provider il blocco e il rallentamento del traffico, al netto di particolari eccezioni, come le congestioni o ordini legali per la sicurezza della rete.

In sede di future discussioni a livello europeo del tema della neutralità della rete non occorrerà solo verificare se l’attuazione delle prescrizioni a carico degli ISP in materia di net-neutrality sia avvenuta in modo efficace ed armonizzato, ma bisognerà compiere un passo ulteriore per garantire in prospettiva una rete davvero aperta.

Per raggiungere questo obiettivo occorre innanzitutto prendere coscienza del fatto che l’accesso ai contenuti, ai servizi e alle applicazioni così come la capacità di offrire contenuti, servizi e applicazioni non dipende solo dagli ISP, ma anche da altri attori dell’ecosistema di Internet che operando nel settore dei terminali o dei software oppure over the net incidono, talvolta molto più in profondità di quanto non faccia un fornitore di servizi di accesso, sulla diffusione di determinati dati e sulla disponibilità sostanziale di servizi, applicazioni e contenuti.

SITOGRAFIA

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