Come fare appassionare le persone alla tua storia
Libidine personale / Libidine collettiva
Perchè raccontare una storia, ma soprattutto perchè a qualcuno dovrebbe importare?
Che si parli di brand, artisti, persone o prodotti: è sempre ciò che si narra il protagonista, non chi lo conta.
Perchè parlare di interesse personale o collettivo?
Ci interessiamo quando siamo partecipi di qualcosa. Per questo lo storytelling è divenuta l’arte più redditizia dell’epoca contemporanea.
Ricordate quando eravate bambini e per coinvolgervi vi raccontavano storie? È quello che ogni giorno le imprese, i media o i personaggi pubblici fanno per catturare la nostra attenzione.
Bene, approfondiamo.
Creatività VS Marketing
Da sempre i migliori creativi si sono confrontati con l’advertising.
Se all’epoca dei nostri nonni il motto impara l’arte è mettila da parte fosse molto in voga, con il finire dei ’70 e l’esordio degli yuppies tutto cambiò.
La superimposizione del modello capitalista rese necessario il vendere tutto, a tutti, ad ogni costo.
Chi meglio dei creativi/artisti poteva interpretare nella giusta forma estetica la bellezza, anche se trattasi di prodotti o servizi che, per definizione, non possiedono questa qualità?
Arte VS Pubblico
I ricercatori della grazia hanno sempre avuto un ego smisurato. Spesso associato ad una spiccata sensibilità umana (non sempre!).
Ma l’arte nel migliore dei casi è sempre stato veicolo dell’espressione del se, non dell’espressione collettiva.
Può rappresentare l’aspetto di un’epoca storica, sociale. Ma sempre partendo dall’esigenza di manifestare il proprio io (interconnesso al mondo esterno: io rappresento il mondo che mi circonda, noi insieme, un movimento).
Quando una storia piace
Una storia assume un senso per il pubblico quando questo si sente rappresentato. Se entra a farne parte. Se l’esternazione dell’artista (libidine personale) incontra la necessità pubblica (libidine collettiva), perchè tocca un tema a lei cara.
Non è mai un caso. C’e sempre una dipendenza tra espressione e ricezione, tra chi crea e chi percepisce, e viceversa.
Beyoncè, Coca Cola & Bloggers
Le aziende, gli artisti, le persone: sono brand. Non c’è distinzione nel mercato odierno. I marchi per essere riconoscibili raccontano storie, hanno una purpose, perchè la gente vi si riconosca.
Beyoncè si dimena (anche a suon di sculettate) per l’affermazione del girl-empowerment.
La Coca Cola riesce da più di 50 anni ad appassionarci con le sue novelle (pubblicità). E parliamo di una bevanda zuccherata (come amava definirla Steve Jobs), non di un libro di Stephen King.
Le risorse definiscono i presupposti, o meglio li creano (mercato mainstream). Un mezzo che invece tutti (potenzialmente) hanno è il blogging.
Scrivere di un tema che conosciamo per affermare la nostra autorità in materia e nel contempo farci conoscere. Una sorta di content marketing accessibile a tutti.
Ti parlo di ciò che ti interessa, ti fornisco le mie competenze gratuitamente e nel contempo ti fidelizzo. Un pò come il carosello di una volta: incantava grandi e piccini davanti lo schermo e nel contempo suscitava interesse nel prodotto (storytelling).
Che senso dare oggi all’arte?
Se abbiamo detto che viene principalmente usata come forma di intrattenimento, cultura o applicata a strumenti di comunicazione aziendali, esistono forse nuove oppurtunità?
È necessario pensare diversamente, nell’epoca dell’omologazione.
JR: l’uomo che sussurava ai palazzi
Uno spunto di riflessione da una TED Conference.
Può l’arte stravolgere il mondo (e il modo) in cui viviamo (non puramente in senso estetico)?
Un esempio di dialogo
JR lo ha creato. O almeno ci sta provando.
È partito dall’espressione del se, per arrivare a stimolare domande/risposte atte a porre attenzione socio-politica attraverso bellezza e condivisione.
Ha incollato letteralmente centinaia di gigantografie (in gran parte da lui scattate, ma non solo) coinvolgendo comunità locali in Africa, Brasile, Europa, India.
Epilogo
Un grande progetto di marketing per il suo brand? Un’esternazione iper-amplificata del suo ego artistico?
Forse si. Forse no. Non è questo ciò che conta.
Il suo esempio restituisce funzionalità al termine creatività. Ponendo l’accento non sul profitto, ne non sul consenso, ma sulla collettività. Arte non più finalizzata a vendere prodotti o servizi. O a metterci in mostra.
Se hai un dono, delle abilità, devi farne tesoro. La cosa più scontata del mondo.
Nulla di male nel realizzare opere per il desiderio (personale) di sentirsi espressi o auto-realizzarsi. Ma serve qualcosa in più.
Perchè non affiancare la tua libidine personale ad una libidine collettiva?
Qualcosa che possa fare la differenza. Qualcosa per cui la comunità ti ricorderà.
Originally published at giulianodipaolo.com