Tutto ciò che sai sul successo è falso

Quello che talent e compagnia bella vogliono farci credere

Giuliano Di Paolo
ARTISTREVOLUTION
Published in
3 min readJan 19, 2016

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Cos’è il successo? Come definirlo? Chi lo ambisce? Come ottenerlo?

  1. Oltre ad essere il participio passato di succedere, il termine indica un risultato favorevole nell’ambito di attività professionali/personali.
  2. Solitamente è meta di chi ambisce gloria, potere, ricchezza.
  3. A volte seguendo principi morali, altre calpestando tutto ciò che ostacola il suo conseguimento.

Ora sfatiamo queste tre risposte.

  1. Successo non è (solo) il consenso che riceviamo dall’esterno, ma soprattutto il conseguimento degli obiettivi che ci siamo preposti (di cui spesso i più non sono a conoscenza).
  2. Lo ambiamo non per sentirci lodati, ma come naturale percorso di crescita (innazitutto) personale e poi lavorativo.
  3. Lo otteniamo solo se i nostri scopi coincidono con un progetto più ampio. Non solo l’unico a guadagnare qualcosa, la comunità cui appartengo deve ugualmente trarne vantaggio. Il mio contributo è un granello. Il nostro una spiaggia.

Popolarità

Troppo spesso successo è sinonimo di: famoso, celebre, noto, in voga, in auge… La nostra cultura identifica il successo con la celebrità. È il presupposto ad essere sbagliato.

Persone con percorsi straordinari, opere eccellenti vengono per lo più ignorate dalla cultura mainstream.

È evidente che per cercare il bello dobbiamo essere educati (o auto- educarci) alla bellezza e in seguito impegnarci a cercarla. E non limitarci ad essere spettatori passivi di una cultura in declino.

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Talenti

Il problema più grande del binomio successo-popolarità è che crea malattie sociali oltre che ambizioni con premesse sbagliate.

Genitori che spingono i figli a vivere il successo come una destinazione e non un percorso. Questa deformazione di costume ha generato talent, reality e affini (e viceversa) finalizzati a farci credere che il risultato non sia il conseguimento di un cammino inesauribile (quello della crescita), ma sia invece immediato, conseguenza della visibiltà mediatica.

Che se ne parli male, purchè se ne parli.

La celebrità è un’invenzione della nostra epoca. O meglio non esattamente. Ci sono sempre stati personaggi nella storia che hanno avuto maggiore risonanza di altri. Per gesta eroiche, imprese improbabili, invenzioni rivoluzionarie o opere memorabili.

Ma oggi il concetto si è ribaltato.

Non faccio cose perchè ho l’ambizione di lasciare il mio contributo, di cambiare il mondo o di risolvere problemi della mia epoca. No: oggi le mie azioni sono rivolte a ottenere consenso.

Dalla TV (agonizzante) a YouTube (e affini), il concetto è sempre lo stesso: realizzare qualcosa che faccia parlare di me. Tutto qui.

Un pò riduttivo, non credi?

Misunderstanding

Dobbiamo ribaltare il suo concetto. Faccio ciò che amo e lo faccio al meglio. Quello che faccio contiene un messaggio e non è solo finalizzato al sentirmi apprezzato.

Che la cosa abbia risonanza o meno, poco importa.

Se prendo ad esempio le mie attività (musica /video making/blogging) non è tanto il prodotto che realizzo a gratificarmi, quanto il sentirmi dire (a volte capita) “mi hai davvero ispirato…” Non potrei sentire cosa migliore.

I modelli di riferimento arrivano spesso dalle biografie di grandi personaggi. I loro intenti non sono mai stati quelli di divenire noti, ma di compieri grandi azioni/gesta o creare cose (opere d’ingegno / d’arte) che potessero in qualche modo avere un impatto sociale o culturale, o che comunque gli consentissero di esprimere creatività, intelligenza, impegno.

Discese ardite

Quando il percorso ha una sua coerenza, il risultato è inevitabile. Ma non aspettare che gli altri ti diano il permesso di andare avanti o che apprezzino la tua lucida follia.

Abbiamo dimenticato che il percorso conta infinitamente più del risultato.

Se per te è importante, prosegui: ne uscirai indubbiamente arrichito. Sempre che eviti le scorciatoie!

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Originally published at giulianodipaolo.com

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