La Palestina in una saga familiare

Mauro
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2 min readSep 18, 2017

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di Mauro Lodadio

Come spesso accade con le saghe, soprattutto quelle ambientate nel mondo arabo, il fascino degli avvenimenti familiari si lega al corso degli eventi storici. Susan Abulhawa, medico ed autrice di “Ogni mattina a Jenin”, continua il suo successo letterario con un libro che ripercorre l’anno della Nakba, il 1948. L’autrice conosce molto bene il contesto della fuga perché ne fu protagonista nella sua adolescenza. Qualche decennio dopo la Nakba, infatti, durante la Guerra dei Sei Giorni la famiglia Abulhawa fu costretta all’esilio e, prima del trasferimento negli Stati Uniti, Susan trascorse la sua infanzia in un orfanotrofio a Gerusalemme.

Non fu facile per Nur abbandonare le abitudini americane con cui era arrivata. La prima volta che si fece una doccia a casa nostra, la nonna dovette correre in bagno a chiudere il rubinetto per evitare che consumasse l’intera fornitura idrica mensile.

Il rapporto tra Nur (o dovremmo dire Susan?), le donne della famiglia, le tradizioni, un glossario arabo-italiano, i tunnel che dall’Egitto alla Palestina diventano il mezzo più “semplice” per far arrivare gli ovetti Kinder a Gaza, sono il contesto e gli scenari di “Nel blu tra il cielo e il mare”.

Nel trasporto di quella solitudine, potevamo vedere quant’eravamo minuscoli, quant’era piccola e indifesa la nostra terra. E da quella terribile dignità, sentivamo sgorgare il sussurro delle parole di un’anziana donna dei tempi passati: “Questa terra rinascerà”.

Sono le parole di Hajja Nazmiyeh, cuore pulsante della famiglia, l’anziana saggia che ci accompagna dall’inizio alla fine del libro. Nazmiyeh incarna il passaggio tra le generazioni, la sua figura è lo specchio del mondo arabo palestinese in bilico tra solide tradizioni e mutamenti inesorabili.

— Lei si considera nera o africana?
— Quella nera non è una categoria di pigmentazione inventata dagli schiavisti bianchi per degradare le popolazioni e le diverse culture del nostro continente?

Il libro ruota proprio intorno a due tematiche: la fragilità ma la speranza di rinascere; la realtà delle donne palestinesi, forti, autentiche, autoironiche, capisaldi di un’identità che continua a lottare per sopravvivere. Con un minimo comune denominatore: il sorriso.

Portami della biancheria sexy, in caso Dio voglia darmi un marito!

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Mauro
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E quando si riebbe era disteso sulla schiena su una spiaggia di sabbia ghiacciata, e pioveva da un cielo basso, e la marea era molto lontana.