Venticinque anni di lotte No Tav

Mauro
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di Mauro Lodadio

E’ difficile attribuire un’identità a “Un viaggio che non promettiamo breve” di Wu Ming 1. Si tratta di un genere sicuramente più vicino al giornalismo investigativo, con tratti di non-fiction e granelli di inchiesta.
Reportage narrativo con alla base una ricerca antropologica è la categoria più calzante di questo tomo di circa 600 pagine, escluse le note e i riferimenti bibliografici, edito dalla Einaudi Stile Libero nel 2016.

Perché proprio in Val Susa?

E’ questa domanda che muove Wu Ming 1, l’autore che per ben tre anni si immerge nella realtà del movimento No Tav della Val Susa. La risposta non è banale e serve un intero secondo capitolo per capire perché il movimento No Tav piemontese nasce, cresce, si sviluppa, si evolve e diventa apripista in tutta Europa di analoghe forme di lotta contro le grandi opere.

Era il giorno del mio cinquantesimo compleanno, preciso preciso. Era un sacco che non ci vedevamo. Abbiamo ricominciato a frequentarci… e ci siamo di nuovo innamorati come due fave cotte. Quegli ultimi anni sono stati tutti nostri, nel movimento, con il movimento. Per fortuna il movimento non è solo lotta, ma è vita, tanta vita, proprio bella. La vita ha avuto una qualità molto alta in questi anni, con Pasquale e con la lotta No Tav.

E’ la voce di Patrizia, e come Patrizia c’è la vita di Marco, quella di Nina e Marianna, di Turi, di Giacu e di tanti altri, in un racconto corale che cambia il punto di osservazione: non occorre sapere se la grande opera Torino-Lione sia giusta o meno, basterebbe fidarsi di quegli abitanti che dal 1990 partecipano a sit-in, condividono e autogestiscono storia orale e lotta reale.

Per il movimento si era trattato di fissare la composita immagine di ciò che era stata la Val di Susa (Re Donno e suo figlio Cozio, gli Escartouns, i partigiani, gli operai, gli obiettori di coscienza, i movimenti radicali) come essa si presenta improvvisamente al soggetto storico nel momento del pericolo. Una mobilitazione che si era fatta storico collettivo, che si era autostoricizzata producendo libri e documentari.

Questo è il punto cardine di tutto il libro. La Val di Susa è un insieme di persone che vive in simbiosi con la loro storia e la loro cultura. Lottare contro il passaggio dei binari (che costerebbe 160.000€ netti a chilometro) non deriva soltanto da una tutela del territorio, ma anche da una difesa di quei luoghi che partigiani, prima, ed operai, dopo, hanno contribuito a rendere vivibile, con tutte le loro storie tramandate di generazione in generazione.
Ecco perché proprio in Val Susa: perché “nel movimento era confluito tutto il passato”.
E’ Walter Benjamin che in un celebre passaggio risponde a Wu Ming 1:

Il solo storico che ha il dono di accendere nel passato la favilla della speranza è quello penetrato dall’idea che anche i morti non saranno al sicuro dal nemico, se egli vince. E questo nemico non ha smesso di vincere.

Che la categoria del “libro” sia complicata da individuare è anche a causa di questi scambi transtemporali con Walter, ma soprattutto con l’amico H. P. Lovercraft. A quest’ultimo Wu Ming chiede addirittura come imbastire lo sviluppo narrativo.

Mi tenga aggiornato, continui pure a inviarmi i brani ultimati. Dacché sono morto, ho talmente poco da fare.

Persone, dunque, e numeri. Il tutto trova un montaggio perfetto che, attraverso interviste, dettagli, aneddoti e battaglie, racconta statistiche e le trasforma in un narrative non-fiction di prim’ordine. La realtà della Val Susa si inquadra perfettamente in questo inedito genere letterario che Wu Ming 1 ha dedicato a chi lotta e ricorda.

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Mauro
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E quando si riebbe era disteso sulla schiena su una spiaggia di sabbia ghiacciata, e pioveva da un cielo basso, e la marea era molto lontana.