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Visti dagli altri

sara rocutto
aVCnamenti
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4 min readJul 28, 2019

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Ovvero: dell’imparare da certi grossi errori

Che effetto fa quando le vicende che riguardano la propria comunità sono raccontate e giudicate da altri? Difficile quando sono storie negative non percepire una sorta di ferita. Perché la spada del giudizio sul comportamento dei singoli, quando sbagliano vestendo ruoli istituzionali, colpisce tutti.

Che effetto fa poi quando i luoghi della conversazione non sono sotto il nostro controllo? Quando non ce la si può prendere con un giornalista che storpia una dichiarazione? Quando chiunque si può impossessare di una storia e giocarla a proprio vantaggio?

Le vicende che la scorsa settimana hanno interessato Vercelli dovrebbero/potrebbero rappresentare un momento di riflessione collettiva. Perché si è parlato di danno all’immagine della città, senza aver chiaro quale sia davvero l’immagine della città (siamo davvero certi la città esista oltre la Pro Vercelli? O siamo certi che le idee rappresentate siano prive di consenso?), si è lasciato parlare della città in luoghi non presidiati (sì, i social media sono luoghi in qualche modo) e forse no, non si è fatto abbastanza per costruire contro-narrazioni capaci di rimettere in ordine le cose, l’immagine, la rappresentazione. Ci si è lasciati raccontare al punto che per qualche giorno googolando “Vercelli” le prime voci fornite dal motore di ricerca sono state uno stesso screenshot ripetuto enne volte.

E potrebbe capitare di nuovo.

Ma riassumiamo a grandi linee i fatti…

Lunedì 22 luglio Vercelli è stata al centro di una piccola tormenta: un post su Facebook pubblicato il giorno prima da un consigliere comunale e vicepresidente del consiglio eletto nelle file di Fratelli d’Italia ha fatto scrivere di lui e di Vercelli più di quanto solitamente capiti.

Probabilmente del tutto ignaro delle conseguenze di quel che stava facendo, Giuseppe Cannata ha augurato la morte a “lesbiche, gay e pedofili”. Il tempo di uno screenshot e il suo post ha iniziato a circolare ben oltre la sua rete.

Facebook ha rimosso dopo pochissime ore il post incriminato, come risulta dalle notifiche arrivate a chi ha segnalato il post, ma questo non è bastato a fermare le sue parole e a farle arrivare alla stampa nazionale l’indomani.

Ed è così che lunedì mattina Vercelli si è trovata ad occupare i Trend Topic di Twitter come accade davvero di rado. La notizia non ha lasciato indifferenti non solo i quotidiani, ma anche personalità di rilievo che hanno fatto sì che la notizia si diffondesse rapidamente, tanto da essere seguita nei giorni successivi sia per l’indagine per istigazione a delinquere aperta nei confronti di Cannata, sia per una petizione online lanciata da Arcigay Vercelli.

Solo pochi giorni prima un altro post, ad opera di un assessore vercellese, era stato ripreso da Open, il giornale di Enrico Mentana. L’effetto non era stato ugualmente virale: diverso il tema (gravi le affermazioni, ma meno dirette), diversa la presa sul pubblico.

Ma ecco alcuni tweet di rilievo:

Anche Giorgia Meloni, segretaria nazionale di Fratelli d’Italia, ha preso le distanze da Cannata (non riuscendo ad evitare di infilare le vicende legate a Bibbiano) e la Ministra Giulia Grillo è intervenuta per chiedere che l’Ordine dei Medici si muovesse in merito.

…e proviamo a mettere in ordine le conseguenze

Difficile che lasci del tutto indifferente il fatto che due righe su Facebook mobilitino l’opinione pubblica molto più di tante iniziative d’altro tipo.

E può essere doloroso accorgersi che la vercellesità non è un concetto di senso al di fuori delle proprie mura, relazioni, dimensioni.

Su Gli Stati generali è uscito ad esempio un articolo dal titolo “Caini d’Italia. Vercelli non è una città per gay, poveri e invalidi”:

“ La Vercelli istituzionale, non facendosi disturbare in alcun modo da qualsivoglia forma di intelligenza o di civiltà, in queste ultime ore, ha provato a far chiarezza sulla sua nuova linea politica. Impavida, naturalmente. Come solo le linee politiche della destra intestinale nostrana sanno essere, a ogni latitudine.”

No, non ci saremmo mai raccontati in questo modo. Ma forse, è probabile, che abbiamo lasciato lo spazio per farlo. Era utile all’autore per costruire il suo pur condivisibile ragionamento. Lo abbiamo concesso, la città lo ha concesso a vantaggio di un ombelicalismo fuori tempo massimo, curato da sempre.

E mentre maggioranza e opposizione passano a setaccio ogni riga scritta su Facebook (eppure da tanto tempo dovremmo avere imparato che la battaglia politica non si vince nel tentativo di cancellare l’avversario, ma nel rendere maggioritarie le proprie idee e nel riuscire a concretizzarle. Tutto il resto sono scorciatoie vane), mentre il resto del mondo è ormai passato al prossimo tema d’indignazione, vien da chiedersi se non sia il caso di prepararsi, per la prossima volta.

La prossima volta in cui si avrà bisogno di raccontare, di ricevere sostegno, di affermare qualcosa.

PS: E nel frattempo un po’ di autocritica rispetto a come usiamo i social media in senso ampio, beh, non farebbe male… Perché se qualche volta ci dosassimo dentro 2–3 gocce di responsabilità collettiva ecco che forse qualcosa di buono ne potrebbe derivare per tutti.

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sara rocutto
aVCnamenti

Qualche volta dietro la cattedra, altre attorno a scrivanie a disquisire sul mondo. Ovunque il vino sia buono. Scrissi http://bit.ly/2s4V0Nu