Oltre i margini del conosciuto

Classe Tur
Azionamenti | Laboratorio di possibilità
5 min readMay 22, 2024

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La parola confine è intrisa di un’evidente pluralità di significati. Fin dai banchi scolastici i docenti insegnano a delimitare su cartine geografiche: i confini regionali e nazionali; l’estensione di specifici territori che ben definiscono lo spazio in cui viviamo e determinano ambienti oltre i quali ci si trova. Il confine è un limite che unisce e divide nello stesso tempo; è. un luogo di tensioni, che isola e separa dall’altro, dallo straniero, dal diverso.

Cronache storiche di divisioni

La creazione di confini ha contraddistinto la storia dell’intera umanità. Fin dai tempi antichi le Città-Stato sumere ne rispettavano la presenza; tuttavia, grazie all’espansione di alcune città ed imperi, i confini cominciarono ed essere delineati con uno schema preciso: molte volte seguendo corsi di fiumi; catene montuose; mediante l’utilizzo di pietre e successivamente paralleli e meridiani geografici. Dal Medioevo in poi, tutte le civiltà della Terra cominciarono a essere meticolose nell’avere attenzione per i propri confini, che vennero militarizzati e regolarizzati tramite degli accordi bilaterali.

“Dove c’è un confine c’è legge e dove c’è legge c’è potere; di conseguenza i confini geografici sono diventati maggiormente confusionari“

I non limiti di Napoli

Napoli è una città ricca di storia, cultura e tradizioni, ma è anche nota per alcune abitudini e comportamenti che possono sembrare trasgressivi rispetto alle norme comunemente accettate.

È considerato normale vedere motorini sfrecciare tra le auto, parcheggi in doppia fila e guidatori che non rispettano i semafori o i limiti di velocità. L’uso del casco sui motorini non è sempre rigorosamente osservato.

La raccolta differenziata non è praticata con attenzione, e non è raro vedere cumuli di spazzatura lasciati fuori dai cassonetti o in zone inappropriate.

I tavolini dei bar e ristoranti spesso occupano più spazio di quanto consentito, invadendo marciapiedi e strade.

Questi comportamenti, sebbene possano sembrare caotici, sono parte di una cultura complessa e vibrante dove le regole formali si mescolano con abitudini e pratiche locali radicate.

Confini trascesi

I Quartieri Spagnoli di Napoli sono noti per la loro vivacità, la loro cultura vibrante e la loro storia complessa.

Per molto tempo questa zona è stata percepita come un’area separata dal resto della città, segnata da barriere sociali e culturali.

Tuttavia, in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali di Calcio,

qualcosa di straordinario è accaduto: in un clima di esaltazione e gioia collettiva, i residenti dei Quartieri Spagnoli hanno trovato un modo unico per oltrepassare questi confini. La vittoria ha unito tutti sotto lo stesso sentimento di orgoglio e festeggiamenti, abbattendo le divisioni e i pregiudizi. Le strade si sono animate di persone che, in un gesto simbolico di unità e condivisione, hanno portato fuori pentole di pasta e patate, cucina tipica della tradizione napoletana.

Tale piatto non era solo cibo, ma un ponte che ha collegato le persone, permettendo loro di condividere un momento di gioia senza confini. Così, i Quartieri Spagnoli hanno oltrepassato quei confini invisibili che li avevano separati dal resto della città, utilizzando il potere del calcio e della condivisione del cibo per riscoprire la forza dell’unione.

Oltre la finestra

In relazione alla vittoria dello scudetto, nei Quartieri Spagnoli di Napoli è comparso un murales di Diego Armando Maradona, che è diventato una delle opere più iconiche della città.

La scelta di realizzarne uno dedicato a Maradona, proprio in questo luogo, non è casuale: questa zona, conosciuta per la sua vivacità e i suoi contrasti sociali, rispecchia l’anima del calciatore argentino che ha saputo conquistare il cuore dei napoletani. La «finestra» del murale di Maradona nei Quartieri Spagnoli è un dettaglio affascinante e simbolico che aggiunge una dimensione ulteriore alla già iconica opera d’arte. Da un lato c’è la finestra più famosa e fotografata di Napoli, quella del murales di Diego ai Quartieri Spagnoli, in quello che è stato ribattezzato Largo Maradona e che con la morte del ‘Pibe’ è diventato un luogo di culto, un altare al campione venerato e visitato ogni giorno da migliaia di turisti e napoletani. Dall’altro lato della finestra invece c’è semplicemente il bagno di casa Vitiello. Qui ci abita Ciro con la sua famiglia. Vive nel quartiere, ha una piccola salumeria e in zona lo conoscono tutti.

“Ciro, il signore che abita lì, quella finestra la tiene sempre chiusa – racconta una signora anziana ad una turista che ha appena scattato una foto – notte e giorno, così le persone possono farsi la foto”. E in effetti Ciro la finestra non la apre mai, anche perché se lo fa, può succedere che lo chiamino anche in piena notte.

La ramina di Saltrio

Se parliamo di elementi iconici, dobbiamo menzionare la «ramina di Saltrio», termine che evoca una barriera fisica e simbolica tra Italia e Svizzera e che rappresenta una delle numerose recinzioni di filo spinato con dei campanelli messi come avviso. Tale barriera è divenuta celebre soprattutto per gli eventi tragici e drammatici che vi si sono svolti durante la Seconda Guerra Mondiale. Tra i numerosi episodi di fuga e resistenza, la storia di Liliana Segre spicca per la sua intensità e il suo significato umano.

Il confine della speranza

Liliana Segre, nata a Milano nel 1930, è una delle poche donne sopravvissute , la cui storia è tra le più note della Shoah in Italia. Con l’occupazione nazista del nord Italia nel 1943, la persecuzione degli ebrei si intensificò drammaticamente, e la vita di Liliana e di suo padre Alberto fu messa in pericolo. Nel dicembre del 1943, Liliana e suo padre tentarono di sfuggire alla cattura cercando rifugio in Svizzera. La loro fuga li portò ad attraversare «la ramina di Saltrio», una delle tante recinzioni che separavano l’Italia dal territorio neutrale svizzero. Questa barriera di filo spinato rappresentava per molti un confine tra la vita e la morte, una speranza di salvezza per chi cercava di scappare dalle atrocità del regime nazista. Purtroppo, il tentativo di Liliana e di suo padre si concluse tragicamente. Dopo un tentativo,il padre si arrese e furono arrestati dalle autorità svizzere e respinti al confine italiano, dove furono immediatamente catturati dai nazisti. Liliana e suo padre furono deportati nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Alberto Segre non si salvò mentre Liliana, nonostante le indicibili sofferenze, riuscì a sopravvivere fino alla liberazione del campo nel 1945.

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