Diario Bosnia 2015 ep. 3 — il Tunel e il Generale

Letizia Marzorati
Balkan Hits
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2 min readSep 29, 2015

No, nel titolo non c’è un errore di ortografia: quello di Sarajevo si chiama proprio Tunel. E’ un luogo simbolico che ha donato una speranza ai sarajeviti durante il periodo dell’assedio, il più lungo della storia contemporanea. La guida ci definisce la città durante l’assedio, durato dall’aprile del 1992 al febbraio del 1996, come un “campo di concentramento a cielo aperto”: né le merci nè, tantomeno, le persone potevano uscire dalla capitale bosniaca senza autorizzazione.

Dopo un anno, la situazione per i bosniaci stava diventando sempre più difficile: il cibo scarseggiava, i medicinali risultavano difficilmente reperibili tramite qualsiasi via legale e i feriti morivano perchè non ricevevano tempestivamente le cure necessarie. Da questa situazione tragica nacque l’idea e il progetto di costruire un tunnel sotterraneo, il “tunel”, lungo 800 metri, che partisse da una casa privata e arrivasse fino all’aeroporto dove giungevano gli aiuti umanitari da tutta Europa.

La costruzione del “Tunel” fu segnata dai bombardamenti e osteggiata anche dalle stesse Nazioni Unite che non desideravano che si creassero delle “via di fuga” che minassero il complesso sistema di quote architettato proprio dalle autorità internazionali. I bosniaci non si arresero e in circa sei mesi costruirono un corridoio sotterraneo alto 1,60 m e largo 80 cm. Il valore simbolico del “Tunel” si denota anche dall’appellativo che gli è stato affibiato: tunnel della speranza.

L’entrata del Tunel (foto del 2011)

Al “Tunel” ci ha accompagnato il generale Jovan Divjak, un ex generale dell’esercito iugoslavo, di origine serba, si è sempre schierato apertamente con bosniaci, croati e numerosi altri serbi, in difesa di Sarajevo e della Bosnia stessa.
E’ una persona dal grande carisma, dall’umorismo irriverente e con un bagaglio di storie da raccontare. Nel 2004, Divjak ha raccolto parte delle sue memorie di guerra nel libro “Sarajevo Mon Amour”, che è stato letto ed è servito come fonte per la stesura del famoso romanzo di Margaret Mazzantini: “Venuto al Mondo”. Proprio nel film tratto da questo romanzo, diretto da Sergio Castellitto, marito della Mazzantini, che Divjak interpreta un cameo.

il Generale Divjak nella sede di Sprofondo a Sarajevo (2014)

Andare al Tunel con un testimone della guerra è stata un’esperienza molto significativa, ancora più significativo è stato andarci passando accanto ai manifesti elettorali che ancora inneggiano all’odio e alla supremazia di un’etnia rispetto ad un’altra, ci sono cose che ancora non sembrano trovare soluzione in una terra che ancora non sembra abbia trovato pace.

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Letizia Marzorati
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