3 Lezioni preziose dal DDD 2017

Digital Design Days + OFFF Italia — Milano, 1–3 giugno 2017

Michele Zamparo
Inside Bemind
6 min readJun 6, 2017

--

Premessa

Un evento così, in Italia non si era mai visto.

A livello europeo e internazionale c’è l’imbarazzo della scelta, certo, ma sul territorio italiano è qualcosa di inedito, una ventata di aria fresca, una fonte di ispirazione incredibilmente preziosa per chi lavora nel settore del design digitale.

il trailer dell’edizione 2017

In rappresentanza del team Bemind, ero presente all’edizione di quest’anno del DDD (Digital Design Days, ddd.it): un evento italiano di tre giorni, giunto alla sua seconda edizione, nel quale confluiscono workshop, installazioni interattive, street food, party, momenti di networking (con partecipanti da 51 diversi paesi quest’anno), ma soprattutto una line-up densa di eccellenze dal mondo del digital design internazionale e italiano.

Qualche nome?

Claudio Guglieri, Matias Corea, Andrew Dahley, RESN, UNIT9, Epic agency, Your Majesty, frog design, Aquest, Fightbean, H-FARM … solo per citarne alcuni in questa edizione.

Si parla di art direction, web design, illustrazione, animazione, games, modellazione 3D, video, ambienti interattivi, marketing, user experience, interaction design, realtà virtuale, sound design, projection mapping, branding, machine learning, product design, chatbots, data visualization e molto altro.

Non stavo giocando, giuro, stavo lavorando. Beh, in realtà entrambe le cose 😁

Inoltre, connesso al DDD vi è anche un premio per il digital design, il Digital Design Award:

« Digital Design Award è stato creato per stimolare, promuovere e premiare l’eccellenza creativa italiana nel design per il mondo digitale.

La Giuria del Premio è internazionale, totalmente indipendente ed estremamente qualificata; include i migliori guru & leaders nazionali ed internazionali per ogni categoria. » — digitaldesignaward.com

I main titles dell’edizione 2016, creati dal talentuosissimo team italiano Nerdo

Tre giorni di creatività, tre lezioni preziose

Terminata la doverosa introduzione, ci sono diverse cose di questo DDD che mi hanno ispirato o incuriosito – ne ho selezionate 3 molto significative – e penso che per riassumere la mia esperienza in quest’edizione non esista modo migliore che condividerle, sperando che possano essere di ispirazione per qualcuno, come lo sono state per me.

1. La squadra è tutto

Una delle più importanti “armi segrete” dei team di successo che si sono susseguiti sul palco risiede nell’attenzione e valorizzazione dell’azienda nei confronti delle persone che ne fanno parte: «Don’t scale up your team, level it up!», recita il mantra di Epic agency, che consiglia di creare un ambiente che stimoli la creatività: pensiero che sembra essere perfettamente compatibile con quello di Your Majesty: incentivare la ricerca e sviluppo, come fonte di innovazione.
Dello stesso parere è RESN: «Internal projects are a constant source of learning».

UNIT9 stila una completa lista di principi molto importanti riguardo alle persone, tra cui:

  • recruit for attitude, train for skill (la cosa più pericolosa è assumere qualcuno che ha le skill giuste, ma la mentalità sbagliata: le skill si costruiscono, la mentalità non si cambia)
  • work like a network (anche da remoto, sfruttando le tecnologie per superare i limiti della distanza geografica)
  • trust your people (fiducia si traduce in responsabilità, abituatevi a passare la palla, la qualità della squadra ne gioverà)
  • play your strenghts (identificare e valorizzare i talenti specifici nelle persone e costruire su questi la loro crescita)
  • promote internal projects

Matias Corea suggerisce di creare e proteggere la «team culture», e in materia di recruiting cita Neil Blumenthal: «It’s better to have a hole, than a asshole».
Non filosofia e parole dunque, ma azioni concrete e consapevoli, atte a tirare fuori il meglio dalle persone e dall’azienda stessa.

2. La strada per il successo è fatta di iterazioni

Non esiste un singolo miglioramento che renda perfetto un prodotto/servizio, sono necessarie bensì iterazioni incrementali, fatte di ricerca, sperimentazione, prototipi, eventualmente anche insuccessi e cambi di visione, che portino a nuove soluzioni.

«The Formula One Mentality: incremental changes win the race» — Matias Corea

Raccontando anche la sua personale esperienza nella genesi e sviluppo dell’universo Behance, Matias Corea spiega che il raggiungimento della qualità non è uno sprint, ma piuttosto una maratona.
Si potrebbe dire che la tecnica viene dalla pratica, nei prodotti che progettiamo così come nella vita.

«Just like water softens the edges of a stone, “repetition” softens the edges of a product, removing all unnecessary complexity.» — Claudio Guglieri

Pratica, che nel caso dello sviluppo di un prodotto digitale significa testare tanto e velocemente, come indica Andrew Dahley nel suo intervento: secondo le best practice adottate dal team Google nel quale è design lead (Google Research, Artificial Intelligence & Machine Perception), la sperimentazione deve essere rapida e semplice, libera da sovrastrutture e con un focus ben definito sugli obiettivi dei test.
Progettazione dell’esperienza compiuta in parallelo allo sviluppo dei prototipi, per velocizzare il flusso: non solo precisione, ma anche rapidità di esecuzione dunque.

Una direzione percorsa in qualche modo anche dagli italiani Fightbean, che spiegano l’utilizzo di un workflow alternativo a quello canonico: design della UI parallelo a quello della ricerca UX. Il metodo è ispirato a quello del talentuosissimo (e premiatissimo) studio statunitense Anton & Irene, che nel talk tenuto al DDD 2016 sintetizzava così la propria visione a riguardo: «If you do UX before design it will be boring, if you do design before UX it will be a disaster.»

Insomma: iterare tanto, iterare velocemente, senza dimenticare che «design is more than a framework», come indica frog design nel proprio speech, consigliando a tutti di iniziare a creare le proprie best practice.

3. Progettare significa responsabilità

Nel suo ispirante talk di chiusura dell’evento, Claudio Guglieri mette in evidenza come lo spazio in cui viviamo tutti i giorni è sempre più fuso con quello digitale e analizza il concetto di “casa” come ambiente costituito dai prodotti digitali con i quali interagiamo, nel lavoro e nel tempo libero, e ai quali affidiamo parte della nostra vita: tale contesto porta a riflettere sulle responsabilità dei designer (che diventano dunque “home builders”) nel creare i prodotti del futuro.

Dal talk di Claudio Guglieri

Responsabilità che deriva prima di tutto dalla consapevolezza di concetti etici, ma anche pratici e psicologici: dobbiamo fare attenzione a bilanciare le necessità del business con quelle delle persone, oltre a cercare di agevolare l’esperienza di queste ultime, evitando di richiedere agli utenti troppe energie per l’uso dei prodotti da noi progettati (frictionless design).

«The perception of ownership is key to user’s relationship with our product and it needs to be balanced to satisfy both needs» — Claudio Guglieri

Il design director di Microsoft ci invita a non “rompere il flusso”, ovvero ad accompagnare i comportamenti degli utenti, creando meno attrito possibile. Inoltre, a un prodotto non basta essere semplicemente “migliore”: se i vantaggi guadagnati non superano largamente quelli persi, i consumatori non lo adotteranno. (fenomeno di avversione alla perdita)

In conclusione, il messaggio è «it’s on us»: una volta diventati consapevoli delle potenzialità e dei rischi delle tecnologie, tocca a noi progettare il futuro del mondo digitale in un modo positivo per le prossime generazioni, ne abbiamo il potere e la responsabilità.

Un ringraziamento e un plauso doveroso a Filippo Spiezia, creative director e founder di Digital Design Days, che in chiusura di questi tre giorni di conferenze di alto livello ha dato anche qualche anticipazione sui possibili ospiti della prossima edizione… non vediamo l’ora!

--

--