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La “Tutteria” di Ezio Lorenzi

“Vi racconto com’era la Città Alta delle botteghe”

4 min readJun 1, 2020

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«Dopo la guerra Città alta era più brutta, più povera di oggi ma c’era il lavoro e pian piano chi ha potuto ha cominciato a sistemare le case».

Così racconta i suoi esordi Ezio Lorenzi, nel suo negozio di vicinato, avviato da elettricista con rivendita di materiale elettrico, con l’aggiunta poi di ferramenta e casalinghi, seguendo l’evoluzione del mercato.

È uno dei pochi esercizi di vicinato rimasti nella città vecchia. L’ha aperto nel 1956 nell’attuale sede di via Salvecchio, affiancato dal fratello Severino, morto nell’88. Negli anni ha cambiando diverse sedi, sempre nel centro storico, fino a riapprodare nell’86 nel locale d’origine, che nel frattempo aveva ospitato anche la libreria universitaria.

Franco Carbone, calzolaio, Foto di Alfonso Modonesi.

«Quello che caratterizzava Città alta era la presenza degli artigiani — racconta -, c’era il falegname, il tappezziere, il lattoniere, il materassaio, il fabbro, che non erano solo artigiani, ma quasi degli artisti.

Perché a quei tempi si usciva dalla miseria e c’era più inventiva, si cercavano soluzioni. Eravamo giovani, c’era più vivacità, più socialità.

Quest’ultimo aspetto, per la verità, non è andato perso. Tra gli abitanti di Città alta continua ad esserci un rapporto speciale, ci si conosce, si domanda come si sta, ci si dà una mano se serve.

In fondo è ancora un paesotto, non come “giù” dove non si sa nemmeno chi abita nel proprio palazzo».

Il “giù” sta per Bergamo bassa. «Per noi la Città è questa, sotto ci sono i borghi».
«Poi hanno costruito quartieri come Celadina e Monterosso — prosegue — e se ne sono andati in tanti perché erano case nuove ed era più comodo vivere lì. Saremmo stati 10–15mila, oggi forse arriviamo a tremila (2.500, il minimo storico ndr.) ».

Ettore Sala nella sua boutique. Foto di Alfonso Modonesi.

La nascita dei supermercati ha fatto il resto e decretato il tramonto delle attività di vicinato.

«C’erano 3 o 4 salumerie, ne è rimata una; 2 o 3 macellerie, ce n’è una; 3 o 4 fruttivendoli, ora sono 2; le latterie erano due, oggi una.

Hanno resistito i panifici, che però hanno cambiato impostazione e fanno pizza e prodotti da mangiare al momento, anche il mercato del venerdì si è ridotto a poche bancarelle, mentre quando lo istituimmo con la Circoscrizione, di cui facevo parte, c’era anche il banco del pesce.

Quello che servirebbe davvero è una drogheria con tutti i prodotti per fare la spesa, ma i numeri sono troppo bassi, non credo che resisterebbe.

C’è invece abbondanza di negozi di vestiti e accessori, anche se non è tutto rose e fiori nemmeno in questi settori.

Fornaio sulla Corsarola. Foto di Alfonso Modonesi.

Chi viene in Città alta la domenica e la vede piena di gente pensa che gli affari sono assicurati, in settimana però è tutta un’altra storia, dopo le 17 le persone che girano si possono contare. Tanti hanno aperto per poi chiudere dopo poco».

Nonostante tutto, Lorenzi vede positivo. «Secondo me, vivere in Città alta è meglio che in altri quartieri, perché c’è questo forte senso della comunità e tutto sommato si sta tranquilli.

Calzolaio in via Gombito. Foto Modonesi.

Del resto sappiamo di abitare in un luogo storico e turistico ed i disagi legati a questo vanno un po’ messi in conto. Io il futuro non lo vedo brutto, ci sono tante potenzialità da sviluppare».

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