Come parla Conte

Danilo Ausiello
BINDER
Published in
2 min readMay 3, 2020

Leggendo, soprattutto

Della differenza tra chi legge i discorsi e chi va “a braccio” si dice spesso, riconoscendo più efficacia ai secondi e una certa insicurezza ai primi. Ma sono anche gusti. Di certo leggere le parole di un discorso influenza non solo l’effetto che produce, ma la forma stessa del discorso.
Conte è uno che legge spesso. È difficile vederlo in lunghi interventi senza appunti tra le mani. La cosa determina effetti ricorrenti, come una certa correttezza formale, molto amata dal suo pubblico. Chi legge ha più controllo sulla sintassi, mentre nel parlare è più facile che le frasi si spezzino o scivolino via. Avere un foglio a disposizione cambia molto anche l’organizzazione dei contenuti: i discorsi di Conte assumono spesso la forma di paragrafi che si aprono e si chiudono, un po’ come nei libri, con lui che passa a illustrare punti e sottopunti. L’effetto più evidente però è sulle “performance” di Conte, sul suo modo di parlare: gli incespichi, la faticosa concentrazione nel mantenere il segno, la testa china che si rialza a prender aria, ad accertarsi che siamo ancora lì.

Il discorso con il foglio tra le mani è un modo molto comune tra dirigenti e politici. Alle orecchie del pubblico trasmette ufficialità e solennità, ma anche un senso di distanza, con l’impressione di vederci consegnare un discorso nato altrove, in un altro momento. Leggere ad alta voce per gli altri è anche molto difficile (abbiamo provato tutti), ma Conte se la cava bene. È bravissimo con i toni e con le pause. Al terribile incarico di leggere in pubblico lunghi comunicati aggiunge qualcosa di suo, un che di forza e calore. È il campione mondiale della cosa più noiosa al mondo, in un certo senso.

In agenzia condividiamo un modo di dire, “write the way you talk”, per dirci di badare alla chiarezza quando scriviamo una mail o il testo di un sito. Le parole di Conte sono l’esatto opposto: il modo in cui parla dipende esattamente dalle cose scritte su quei fogli (“talk the way you write”).
Nascono da un’idea di “bella scrittura” coltivata nelle scuole, che sacrifica la chiarezza per l’eleganza. L’aggettivo raffinato, il proverbio in latino, la citazione colta. È uno stile che separa la lingua dalla realtà: le parole se ne vanno in un campo fiorito, mentre le cose restano da un’altra parte, insieme ai fatti. L’effetto paradossale è quello a cui assistiamo dopo ogni apparizione in tv: grandi apprezzamenti per l’arte oratoria (“come parla bene”) e la corsa alle informazioni il mattino dopo, che nessuno ha capito niente.

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