Il libro dell’acqua

Danilo Ausiello
BINDER
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4 min readMar 30, 2024

Nel romanzo “Limonov” l’autore Emmanuel Carrère parla di un libro scritto dal protagonista-scrittore che raccoglie le sue esperienze memorabili legate all’acqua: incontri con specchi d’acqua, immersioni in corsi d’acqua, tuffi in mari e oceani. Si intitola “Il libro dell’acqua”. A seguire ho scritto il mio libro dell’acqua👇

- Allagamento totale in una tenda in Calabria -
Una tempesta apocalittica, una bufera infernale, un acquazzone biblico. Quella notte il Tirreno si sollevò sul nostro campeggio, rovesciando catinate d’acqua sulla nostra tenda montata con fondamenta (e competenze) sbilenche. Il meteo calabro puniva l’ennesima truppa di 18enni sbarcati sulle sue coste. Il risveglio ci sorprese galleggianti e alla deriva, ognuno sul proprio materassino. Il più lontano andammo a ripescarlo nella zona Discoteca.

- Tuffo in un cenote in Messico -
Nel mezzo della giungla lo sconosciuto scende dal suo quad e ci indica un buco per terra. Ci saltiamo dentro e sbuchiamo dall’altra parte, in una vasca sotterranea, con acqua immacolata che sgocciola dalle rocce come in un’immaginazione zen. Sembrerebbe il paradiso se non fosse che è un po’ umido. All’uscita lo sconosciuto ha fretta, ha già messo in moto. Montiamo in sella ancora bagnati, ci tuffiamo tra buche e mosquitos e rientriamo appiccicati di terra e polvere, avvoltolati di bianco come i gamberetti prima della frittura.

- Una piscina in Liguria con morte dell’iPhone -
Io che arretro per scattare una foto ai miei amici che fanno i fessi sul trampolino. Il mio piede che scivola sul gradino che separa l’area in cui si tocca dalle profondità adatte ai tuffi. Il mio grido disperato lanciato sott’acqua, a bocca spalancata, un urlo che ancora infesta gli ulivi delle colline liguri.

- Nave rompighiaccio tra Tallin ed Helsinki -
Il freddo ci stritolava e ci prendeva a schiaffi, ma io dovevo uscire sul ponte per filmare quella meraviglia: la punta dello scafo che sforbiciava i lastroni di ghiaccio, ritagliando coriandoli bianchi sulla sua rotta. Uno spettacolo della natura vissuto con meridionale stupore ad una temperatura artica, per il quale ho quasi perso l’uso della faccia.

- Il Po sotto casa -
Quando vado a correre seguo la linea del fiume che attraversa il quartiere. Così ogni roccia che emerge dall’acqua, ogni ponte e ogni insenatura diventano punti di riferimento della distanza percorsa e della mia fatica atroce, che mi spossa mentre guardo l’acqua che scorre apparentemente instancabile, invece io vorrei morire.

- Una cascata in Islanda -
Quella di Skógafoss per l’esattezza, che visitammo in salita, percorrendo il pendio con movimento opposto alla caduta dell’acqua. Visione potente e scrosciante che ha generato in me l’irrisolto quesito estetico se una cascata sia più bella vista da sotto o da sopra.

- Una cisterna sul Vesuvio -
Nel tempo della mia vita in cui lavoravo nel locale di famiglia uno dei riti settimanali consisteva nel misurare la quantità d’acqua disponibile nella cisterna che avevamo in garage, il cui carico liquido suppliva alla mancanza di una regolare fornitura idrica sulle pendici vesuviane (crazy, lo so). Ci affacciavamo su quella bocca metallica con speranza e timore, rivolgendoci alle sue profondità come ad un oracolo oscuro, cercando di indovinare il livello dell’acqua dai riflessi in superficie. Dal responso dipendeva il nostro futuro o almeno quello della serata in arrivo. Da quell’esperienza ho imparato che nella vita è importante vedere la cisterna mezza piena.

- Mal di mare a Capri -
Il mio ricordo più recente e ravvicinato dei Faraglioni è convulso e vorticante, come in quei quadri di Van Gogh in cui gira tutto. In un giorno di dolore ho imparato alcune buone regole per schivare il mal di mare: 1) Non andare in barca se il mare è mosso 2) Non andare in barca se la notte prima hai bevuto 3) Non andare in barca.

- Pescare pinterrè nello Jonio -
Da ragazzino i miei zii decisero di plasmare il mio spirito maschio portandomi a pescare con loro all’alba. La prova temeraria consisteva nello stare immobili per ore, tenendo un filo di lenza tra le dita e fissando l’infinito azzurro davanti. La promessa erano i “pinterrè”, pesci dal nome esotico che mi facevano pensare a mari caraibici e fondali tropicali, di cui ricordo ancora i riflessi variopinti e l’occhio sbarrato. Chiedo scusa ai pinterrè sacrificati sull’altare della mia formazione familiare. Sono splendide creature.

- Un laghetto nel nulla in Scandinavia -
Sulla strada che taglia in due la Norvegia accostiamo sul ciglio per sgranchirci le gambe. Dietro un sipario di alberi ci appare un piccolo lago nascosto, invisibile dalla strada, protetto da un anello di betulle schierate intorno. C’è un vecchio pontile in legno, nessuno in giro per ettari e il silenzio più silenzio che abbia mai sentito. Una cosa di assoluta e perfetta scandinavietà. È il posto in cui torna la mia mente durante le riunioni di condominio, in coda nel traffico delle 18 e tutte le volte in cui la mia vita diventa troppo poco scandinava.

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