Il tuo lavoro ti rende felice?

Samuel Barbato
Blue Partners
Published in
7 min readJul 4, 2017

Spendiamo la maggior parte del nostro tempo lavorando. Il lavoro è un mezzo di sostentamento ma anche il luogo in cui viviamo molte relazioni importanti della nostra vita e in cui costruiamo il nostro ruolo sociale e la nostra autostima. Eppure, essere felici a lavoro sembra utopia per la maggior parte di noi. Ma non è così! La formula per la felicità esiste e l’ingrediente segreto potrebbe essere più raggiungibile di quanto pensi.

Che cos’è la felicità?

Se chiedi ai tuoi amici o familiari di dirti come farli felici otterrai risposte vaghe e sguardi perplessi. E’ molto difficile definire che cosa ci renda felici e ancora di più definire la felicità in generale perché è un concetto molto volubile, caratterizzato da tre aspetti principali:

  • non può essere raggiunta per via diretta: la mattina, quando ti alzi dal letto, il tuo primo pensiero è: “oggi ho proprio voglia di raggiungere uno stato di felicità”? Ne dubito. Se pensi ai momenti felici della tua vita ti renderai conto che quella felicità dipendeva sempre da qualcosa. La felicità in sé, infatti, non è un obiettivo ma una conseguenza e proviene dal tuo coinvolgimento in attività collaterali.
  • dipende dall’interpretazione: tutta la nostra vita psicologica è soggettiva e la felicità non è da meno. Le stesse condizioni possono essere motivo di felicità per qualcuno e di tristezza per qualcun altro; persino la guerra può portare benessere e felicità: pensa, ad esempio, ai “Signori della Guerra” che vendono le armi agli eserciti! Capire l’importanza del ruolo dell’ interpretazione sulla realtà che ti circonda può darti un grande vantaggio e aiutarti a cambiare il modo in cui vivi l’imprevedibilità della vita e, di conseguenza, cambiare te stesso.
  • non è una condizione statica: l’homo sapiens è un essere desiderante. Siamo insaziabili per natura, siamo Dottor Faust che promette l’anima al diavolo pur di essere sorpreso ancora una volta, siamo Icaro che vola verso il sole. La ricerca della felicità è la chiave della nostra evoluzione. Se ti dicessi che la felicità può essere paragonata all’orgasmo? L’orgasmo ci da un ottimo motivo per accoppiarci e l’accoppiamento da alla nostra specie la possibilità di sopravvivere. Allo stesso modo, la ricerca della felicità ci da un ottimo motivo per cambiare lo status quo e questo da alla nostra specie la possibilità di evolvere. La felicità è un peak event che viene e se ne va in tempi brevissimi e crea dipendenza così che ci sforzeremo di raggiungerla ancora, ancora ed ancora. Ecco perché la tua vita non somiglia a quella dei film o delle fiabe e non esiste il “vissero per sempre felici e contenti”.

Lavorare attraverso le generazioni

Il concetto di lavoro è cambiato molto attraverso la storia.

Negli anni ‘40 lavoro significava salario, sopravvivenza. Erano gli anni della guerra e molte famiglie facevano letteralmente la fame, vivendo in condizioni pessime. Mi viene in mente una storia che mi ha raccontato mia nonna: quando era bambina aveva sempre fame ma non avevano cibo in casa e lei se ne lamentava con la sua mamma; la risposta era: “dormi che ti passa”. Dubito funzionasse un granché. Quando la guerra finì, avere un buon lavoro con una buona paga era una benedizione e la missione della vita era crescere una famiglia sana alla quale non mancasse nulla.

Negli anni ‘80 le cose erano ben diverse. La famiglia aveva ancora molta importanza ma il concetto di lavoro cambiò di significato: lavoro significava carriera. I giovani di quella generazione partivano da una base solida: la guerra era un ricordo lontano, non c’era più la fame e le opportunità di ricevere un’istruzione superiore (o persino accademica) erano molte. Perdipiù, il mercato del lavoro stava fiorendo e si poteva lasciare un posto di lavoro e trovarne uno nuovo in meno di 2 settimane: utopia per i tempi moderni.

Facendo un salto in avanti arriviamo alla nostra generazione, i Millennials (ne fanno parte tutti coloro che sono nati tra l’inizio degli anni 80 e i primi anni del 2000 quindi sì, anche tu sei un Millennial). Molti di noi hanno un alto livello di educazione e di specializzazione ma il mercato del lavoro è stagnante quindi il concetto di lavoro assume un significato ancora diverso: significa vocazione. Inseguiamo il “mito del garage” cercando di creare aziende milionarie partendo dal nulla con a disposizione solo un’idea, molto tempo e il massimo impegno. Siamo la “generazione Startup”, in cui l’imprevedibilità è altissima e tutti noi cerchiamo uno scopo nella vita. Sono proprio queste condizioni particolari in cui ci troviamo a vivere che ci permettono di trasformare la nostra vocazione in un lavoro e, con un po’ di fortuna, in grandi rivoluzioni non solo per noi e le nostre famiglie ma per l’intera comunità mondiale. Abbiamo, in effetti, tutti i mezzi necessari per cambiare il mondo in cui viviamo.

La formula della felicità

Se la felicità è così fugace e sfuggente, come possiamo raggiungerla? E soprattutto, come riuscirci mentre stiamo lavorando? Inizia con l’applicare questa formula:

La felicità in ambito lavorativo (happiness at work) è il prodotto della tua interpretazione (interpretation) moltiplicata per l’ambiente che ti circonda (environment) sommato all’impegno (engagement) in una determinata attività.

In questo senso, puoi ricercare la felicità cambiando l’ambiente in cui ti muovi. Un modo per farlo è cambiare città o paese alla ricerca di un ecosistema che permetta al tuo talento di fiorire. E’ un fenomeno molto comune che ha assunto una rilevanza tale da prendere il nome di “fuga di cervelli”. Tuttavia, se non hai la possibilità di emigrare verso nuovi lidi in cui esprimere le tue capacità, c’è un altro modo molto efficace per cambiare lo status quo: il networking. Circondati di persone che abbiano un effetto stimolante sulle tue idee e sui tuoi progetti e inizia a creare un ecosistema fervido partendo dalla tua realtà quotidiana.

Come vedi dalla formula, un altro fattore chiave per il raggiungimento della felicità è l’engagement. La sensazione di essere assorbiti da un’attività si prova quando le sfide e le risorse che abbiamo per affrontarle sono in equilibrio. Se le sfide sono troppo semplici, ci annoiamo. Ma che cosa succede quando sono troppo difficili? Immagina di essere Rocky Balboa e dover affrontare Ivan Drago, il gigantesco pugile russo famoso per “spiezzare in due” i suoi avversari. Hai una sola soluzione: diventare più forte allenando le tue skill. E’ un processo difficile, lungo e che richiede incredibili sforzi ma l’essere umano è programmato dalla natura per affrontare le sfide, sviluppare le sue abilità e evolvere. E ricordati: no pain, no gain!

Un fattore chiave nella ricerca della felicità è rappresentato dall’interpretazione. L’ambiente in cui viviamo e in cui lavoriamo può essere stimolante o stagnante a seconda di chi e come lo vive. Sfide e skill possono essere sovrastimate o sottostimate. Ogni cosa dipende dal modo in cui la interpretiamo e raggiungere la felicità nel contesto lavorativo (e fuori da esso) significa capovolgere la propria visione e cambiare prospettiva su ciò che ci circonda. C’è una bella storia a proposito:

Durante il Medioevo, un pellegrino aveva fatto voto di raggiungere un lontano santuario. Dopo alcuni giorni di cammino, si trovò a passare per una stradina che si inerpicava per il fianco desolato di una collina brulla e bruciata dal sole. Sul sentiero spalancavano la bocca grigia tante cave di pietra. Qua e là degli uomini, seduti per terra, scalpellavano grossi frammenti di roccia per ricavare blocchi di pietra da costruzione.

Il pellegrino si avvicinò al primo degli uomini. Lo guardò con compassione. Polvere e sudore lo rendevano irriconoscibile, negli occhi feriti dalla polvere di pietra si leggeva una fatica terribile. Il suo braccio sembrava una cosa unica con il pesante martello che continuava a sollevare ed abbattere ritmicamente.
“Che cosa fai?”, chiese il pellegrino.
“Non lo vedi?” rispose l’uomo, sgarbato, senza neanche sollevare il capo. “Mi sto ammazzando di fatica”.
Il pellegrino non disse nulla e riprese il cammino.

S’imbatté presto in un secondo spaccapietre. Era altrettanto stanco, ferito, impolverato.
“Che cosa fai?”, chiese anche a lui, il pellegrino.
“Non lo vedi? Lavoro da mattino a sera per mantenere mia moglie e i miei bambini”, rispose l’uomo.
In silenzio, il pellegrino riprese a camminare.

Giunse quasi in cima alla collina. Là c’era un terzo spaccapietre. Era mortalmente affaticato, come gli altri. Aveva anche lui una crosta di polvere e sudore sul volto, ma gli occhi feriti dalle schegge di pietra avevano una strana serenità.
“Che cosa fai?”, chiese il pellegrino.
“Non lo vedi?”, rispose l’uomo, sorridendo con fierezza. “Sto costruendo una cattedrale”.
E con il braccio indicò la valle dove si stava innalzando una grande costruzione, ricca di colonne, di archi e di ardite guglie di pietra grigia, puntate verso il cielo.

La prospettiva che ha il potenziale più grande è quella che ci permette di vedere la connessione tra le nostre attività e uno scopo più grande, un disegno, un sogno da realizzare. Per dirlo con le parole di Antoine de Saint-Exupéry:

Se vuoi costruire una barca, non radunare gli uomini per tagliare la legna, non dare dei compiti e non impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito.

In conclusione, la felicità è un meccanismo adattativo che ci permette di affrontare quotidianamente le sfide che ci si pongono davanti nello sforzo di raggiungere i nostri scopi. L’ingrediente segreto per essere felici è già dentro ognuno di noi poiché risiede nella capacità di interpretare in nostro favore le situazioni e di modificarle di conseguenza. Questa capacità, seppur innata, deve essere sviluppata, allenata ed affinata attraverso la conoscenza di se stessi e delle proprie necessità e risorse. E’ un percorso lungo e difficile che quasi mai può essere affrontato in solitaria; molto spesso la comprensione di sé può avvenire attraverso il confronto con gli altri, con “chi ci è già passato”, con persone che hanno obiettivi simili o complementari al nostro o con dei veri e propri mentor.

Ricorda: più ossigeno dai alla fiamma, più diventerà forte.

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