Gustare il viaggio, le papille gustative sono infinite.

acarajé in Brasile

Planet Viaggi T.O.
CULTURA BRASILEIRA

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Inutile negare l’evidenza, siamo amanti della buona tavola e consideriamo la cucina italiana come la migliore al mondo: qualsiasi italiano che si rispetti, prima della partenza, è preoccupato in modo quasi paranoico per il cibo che troverà una volta arrivato all’estero. Non sarà la prima e nemmeno l’ultima volta che rimpiangeremo le lasagne della nonna e che torneremo a casa supplicando la mamma di farci quella parmigiana che tanto abbiamo sognato mentre eravamo sdraiati su una spiaggia bianchissima, paradisiaca o mentre c’immergevamo nel mare più pulito ed azzurro mai visto con nello stomaco dei frutti impronunciabili (ammettiamolo, nessuno sa ripetere come si chiamava in gergo il frutto che abbiamo mangiato ai Caraibi) e piatti striminziti che sì, sono belli a vedersi (e a volte nemmeno tanto)…ma cos’erano?

Una delle frasi che addotto spesso con i miei interlocutori quando sono in viaggio e vedo la perplessità dipinta sul volto di quest’ultimi mentre punzecchiano con la forchetta l’agglomerato indefinito nel proprio piatto è “Quando viaggi devi mangiare all’ignoranza, non domandarti cosa sia, assaggia, potrebbe piacerti, quando potrai assaggiarlo di nuovo?”. Purtroppo la risposta che ne consegue spesso è “non sento alcun dolore per un tale lutto” (la morte di un’occasione di assaporare piatti diversi da quelli a cui siamo abituati).

Capita, invece, di trovare palati impavidi come me che amano quello che definisco il “tour gastronomico“: non resisto, debbo assaggiare tutto quello che la terra che sto visitando offre. Un viaggio non è completo se non porti anche un po’ di sapore con te: “degustare il frutto della passione appena colto, mentre ti trovi su di un terrazzo affacciato sull’Oceano Indiano” suona molto più poetico e più immersivo di “degustare pappardelle al ragù su un terrazzo…che affaccia sul cortile di casa” (altro che Oceano Indiano).

Ogni Paese ha la sua tradizione culinaria, è giusto, quindi, darle una possibilità, almeno in vacanza. Il diverso non è per forza sinonimo di cattivo, provate e potreste darmi ragione!

E’ ora di pranzo, e la fame incalza, quindi propongo un’idea di cosa magiare nel caso in cui vi troviate a Bahia: guardatevi attorno e cercate una sorridente baiana (vestita con il costume tradizionale), vi proporrà un acarajè (da mangiare in modo itinerante, un po’ come gli hot-dog a New York): composto da pasta di fagioli (il nostro fagiolo bruno con occhio nero), cipolla e sale, fritta nell’olio di dendè (olio di palma). Una volta fritta, la pasta acquista consistenza ed è riempita con peperoncino, gamberi, vatapà, caruru ed insalata (concordo che l’insalata sia l’unico ingrediente realmente comprensibile, ma non ci scoraggiamo, assolutamente da provare: buonissimo!).

Tranquilli: tempo una settimana e si torna a casa, alla propria cultura culinaria ed alla tanto sospirata, amata, pasta al forno (sul web potete trovare tantissime ricette ed istruzioni per fare un degno acarjé ).

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