Mappa per media videogiocabili

We Are Müesli
Breakfast with Muesli
15 min readSep 29, 2021

di Nicolò Marchetti

Fino a qualche tempo fa, alla domanda «come si progetta il mondo virtuale di un videogioco?» avrei risposto che è necessario considerare come punto fondamentale la dimensione spaziale e architetturale dell’ambiente che vogliamo creare: quanto è grande l’avatar del giocatore rispetto alla stanza? quanto ci si impiega a percorrere un determinato sentiero e cosa si vede all’orizzonte? in che modo la palette colore di un determinato sfondo trasmette le sensazioni desiderate?

Riflettendoci con più attenzione, e da un punto di vista meno condizionato da alcuni concetti di “level design” legati soprattutto ai generi videoludici improntati all’azione e all’esplorazione, mi sono reso conto che i mondi dei videogiochi, oltre a raffigurare direttamente spazi e personaggi, racchiudono una serie di ulteriori rappresentazioni, di segni, di linguaggi presentati sotto forma di supporti mediali virtuali. In molti videogiochi di investigazione, ad esempio, gli indizi sono frammenti di libri, diari, registrazioni, e altri tipi di contenuti che il giocatore può esplorare in aggiunta alle informazioni trasmesse con la scenografia di gioco o il dialogo tra i personaggi.

Considerando quanto i supporti mediali pervadano il mondo reale e quanto siano diventati parte integrante della vita odierna, è naturale pensare che questi oggetti sconfinino anche nei mondi dei videogiochi sotto forma di oggetti virtuali. Addirittura, scavando più a fondo, ho notato come alcunə game designer abbiano scelto di costruire l’intera esperienza ludica del proprio videogioco intorno all’interazione con un mezzo di comunicazione virtuale. Ad esempio, A normal lost phone (Accidental Queens, 2017) è incentrato sull’uso di un moderno telefono cellulare e Return of the Obra Dinn (L. Pope, 2018) sull’interazione con un libro stampato.

I media “virtuali” presenti nei videogiochi vengono costruiti a imitazione della loro controparte reale, e per questo siamo in grado di riconoscerli in quanto libri, radio, videoregistrazioni virtuali, ma vengono adattati per entrare a far parte di un’esperienza ludica. Possiamo quindi dire che questi oggetti interattivi vengono progettati tramite un processo di traduzione, in cui un medium esistente nel mondo reale viene portato all’interno di un altro medium contenitore, il videogioco.

Interfaccia di gioco di A normal lost phone (Accidental Queens, 2017)

A partire da questa intuizione, e considerando che nessuno aveva ancora affrontato da un punto di vista sistematico questa peculiare nicchia di videogiochi, ho deciso di analizzare il modo in cui lə game designer progettano questi media “giocabili” e in che modo l’introduzione di questi elementi permette di creare esperienze ludiche particolari e innovative. L’ipotesi di partenza era che, analizzando questi oggetti virtuali, sarei stato in grado di rintracciare casi in cui il medium originale viene reinterpretato dal medium videoludico, e avrei assistito da spettatore incredulo alla nascita di nuove forme mediali ibride.

Un castello pieno di quadri

Anche un medium strutturalmente semplice e con una presenza estremamente consolidata nell’immaginario comune come il dipinto può essere rivisitato dal medium videoludico, che ne porta in superficie nuovi significati e interpretazioni.

Ogni appassionato dei videogiochi Nintendo che segue la love story tra Mario e Peach come una soap opera, si ricorderà del castello della principessa Peach che fa da ambientazione a Super Mario 64 (Nintendo, 1996).
Nel castello che è l’hub dei livelli, i quadri appesi alle pareti fanno da portale per i diversi mondi a cui Mario può accedere semplicemente saltando dentro la superficie del dipinto e oltrepassandola. Quando nel mondo reale osserviamo un quadro, possiamo esserne rapiti a tal punto da sentirci trasportati al suo interno, ma questo coinvolgimento rimane una nostra personale percezione. Mario invece, moderno Stendhal, possiede “realmente” la capacità di saltare dentro i quadri ed essere catapultato in un’altra dimensione, la cui ambientazione (paesaggio invernale, deserto, mondo subacqueo, ecc.) è richiamata dall’immagine dipinta su di essi. In questo senso, possiamo dire che la traduzione di un mezzo di comunicazione in un videogioco può essere una messa a nudo o un’espansione, un’attualizzazione di alcune caratteristiche apparentemente sopite o sottintese di un mezzo di comunicazione.

L’ingresso di Mario all’interno di un dipinto in Super Mario 64 (Nintendo, 1996)

Una tabella piena di riquadri

La creazione dei quadri di Super Mario 64 è avvenuta secondo una figura retorica, o meglio per metafora: il dipinto viene paragonato a, addirittura viene trasformato in, un portale verso una dimensione parallela, facendo leva sulla sua caratteristica intrinseca di rappresentare qualcos’altro. Altri media virtuali seguono logiche diverse.
Per ricondurre a un’unica razionalizzazione il modo in cui avviene la traduzione di un generico medium reale in un oggetto appartenente alla simulazione di un videogioco è necessario suddividere il processo traduttivo in step discreti e consecutivi, e analizzare le dimensioni che costituiscono il medium digitalizzato. Possiamo riassumere il processo traduttivo in tre elementi: il format” mediale di partenza, ossia il medium per come lo conosciamo nella realtà, il videogioco in cui esso dovrà essere portato e il medium virtuale, il risultato della traduzione. Chi meglio di una buona tabella, antenata di tutte le schematizzazioni, sarebbe in grado di riassumere queste tre sezioni in un’unica immagine?

Tabella 1

Le componenti verticali della Tabella 1 sono state prese in prestito da una schematizzazione proposta da J. Schell (The art of game design: a book of lenses, Elsevier, Amsterdam 2010), il quale indica quattro elementi fondamentali (aesthetics, story, mechanics e technology) che è possibile individuare in qualsiasi tipo di gioco. I più attenti di voi avranno notato che le componenti indicate da Schell sono quattro, mentre le righe della Tabella 1 sono solo tre. Tra queste quattro componenti ho infatti selezionato quelle che possono essere ritrovate non solo all’interno dei giochi e dei videogiochi, ma in qualsiasi tipo di mezzo di comunicazione, ossia aesthetics, story e mechanics. Questa ulteriore schematizzazione mi ha permesso di scomporre l’analisi del processo progettuale in tre componenti osservabili singolarmente.

Dei riquadri pieni di libri

(Ebbene sì, il gioco di parole sui sottotitoli sta continuando, non male eh?)
I “riquadri” sono le caselle della tabella di cui abbiamo parlato, in cui stiamo per inserire un contenuto. Ma in che senso “pieni di libri”? Uno degli obiettivi della tabella è quello di permetterci di analizzare e comprendere più a fondo la creazione di un medium già presente in un videogioco. Prendiamo ad esempio un videogioco che fa dell’utilizzo di un medium virtuale, in questo caso un libro, uno dei punti fondamentali dell’esperienza: Return of the Obra Dinn (L. Pope, 2018).
Fin dai primi momenti di gioco, ci si ritrova a maneggiare un volume stampato che potremmo definire un diario di bordo nautico, che servirà da contenitore per tutte le informazioni raccolte durante l’esperienza. Si può sfruttare il libro come guida agli spazi della nave e come fonte di informazioni sui passeggeri, per ricostruire le peripezie della Obra Dinn, un veliero commerciale ottocentesco naufragato e misteriosamente riapparso nel porto di Falmouth dopo essere stato dato per disperso.

Prima pagina del volume di Return of the Obra Dinn (L. Pope, 2018)

Nelle prossime sezioni affronteremo una per una le tre voci presenti sull’asse verticale della tabella, per osservare in che modo un medium virtuale viene progettato dai tre diversi punti di vista della componente estetica, del contenuto narrativo e delle funzionalità.

Aesthetics

Con aesthetics (estetica) intendiamo la componente percettibile del supporto mediale, ossia il suo aspetto visivo, il suono, la sensazione che dà al tatto, l’odore, ecc. La mia ipotesi è che le qualità estetiche di un medium simulato vengano progettate per essere coerenti con il contesto socioculturale vigente nella dimensione narrativa del videogioco (il periodo storico, il luogo, ecc.), e in secondo luogo “filtrate” dall’estetica propria del gioco stesso, tramite cui esso rappresenta non solo i media ma il resto del mondo virtuale e dei personaggi.

Alcune delle pagine del volume di Return of the Obra Dinn (L. Pope, 2018)

Purtroppo ancora non possiamo annusare i media nei videogiochi, ma quando si potrà, sarà una vera goduria. Concentriamoci per adesso su qualcosa che siamo in grado di percepire, come la dimensione visiva del libro presente in Return of the Obra Dinn.
Possiamo individuare vari elementi di composizione della pagina che costituiscono il linguaggio specifico di un libro stampato: i titoli, il corpo del testo, gli elementi ricorrenti, i numeri di pagina, la struttura simmetrica della doppia pagina, i segnalibri. Altri elementi ci riportano alla dimensione piratesca dell’ambientazione del gioco, e contribuiscono a trasportare il giocatore nella dimensione storica dei primi dell’Ottocento, ad esempio le mappe, i ritratti della ciurma, gli appunti presi a matita, ecc. (o forse dovrei dire arrr…).

Possiamo notare come questi elementi vengano alterati da elementi o proprietà estranee al mondo libresco, come il filtro 1-bit a due colori ispirato ai primi giochi per Apple II, che ricopre tutti gli elementi del libro e ne approssima i dettagli. Alcuni segni grafici vengono ricontestualizzati nel ruolo di indicatori di selezione tipici di un’interfaccia digitale, ed espansi da tendine a scomparsa e cursori provenienti dai software di scrittura. Ai personaggi ritratti a carboncino nelle scene di gruppo viene applicato un filtro di sfocatura, elemento estetico proveniente non dall’illustrazione ma dalla fotografia analogica e digitale. Infine, il ritratto di un personaggio può essere richiamato da chi gioca quando si troverà nei pressi del suo cadavere, sfruttando una sorta di posizione GPS; l’immagine comparirà come sfondo della visuale di gioco, e il cadavere preso in esame galleggerà su di essa. Un vero thriller “in technicolor” (anche se il gioco è in bianco e nero).

Personaggio tridimensionale che fluttua sul ritratto di gruppo in Return of the Obra Dinn (L. Pope, 2018)

Queste ibridazioni non sono solo velleità splatter dell’autore, ma rispondono alle particolari necessità di visualizzazione delle informazioni richieste dal gameplay. Per poter ricavare un chiaro quadro delle circostanze che hanno preceduto la morte di ognuno dei personaggi, è necessario sovrapporre e collegare le informazioni presenti nel mondo di gioco e nel libro, e le proprietà che “aumentano” le potenzialità espressive del libro servono a integrare percettivamente i due ambienti, tridimensionale e cartaceo, creando un continuum di informazioni piuttosto che due elementi a sé stanti. La combinazione di estetiche del libro e del videogioco in questo caso determina non solo un particolare look della carta stampata, ma anche un modo diverso di percepire il mondo di gioco e gli elementi che sono al suo interno, ibridando esplorazione spaziale e consultazione di un catalogo cartaceo.

Riepiloghiamo quanto appena detto e riempiamo senza paura la prima riga della nostra tabella:

Tabella 2a

Story

I media simulati rivestono un particolare ruolo all’interno della narrativa di un videogioco: da una parte sono contenitori di informazioni e di storie, dall’altra sono elementi della mise-en-scène, parti integranti della narrazione in quanto oggetti riconoscibili da chi gioca e a cui viene attribuito un particolare significato. Infatti, lə game designer sfruttano l’immaginario già costruito attorno a questi oggetti per connotare in modo particolare le informazioni in essi contenute. Ad esempio, una notizia trasmessa attraverso un notiziario televisivo verrà interpretata come un fatto noto, appartenente alla cronaca del mondo di finzione in cui è ambientata la narrazione, mentre una lettera scritta a mano sarà probabilmente percepita come parte di una comunicazione intima e personale tra due personaggi (come la famosa lettera tra Mario e Peach: soap-operisti fan di Nintendo, sto pensando a voi). In alcuni casi il videogioco formula per questi oggetti nuovi significati, che emergono dal contesto narrativo in cui lə game designer li inseriscono, e attraverso cui possono comunicare a chi gioca il proprio punto di vista sul ruolo dei media nella nostra realtà.

La lettera scritta da Peach a Mario in Super Mario 64 (Nintendo, 1996)

Analizziamo, dunque, il contenuto e il ruolo narrativo del diario di bordo presente in Return of the Obra Dinn alla luce di quanto appena detto.

Il volume è utilizzato come raccoglitore di informazioni relative ai casi dei singoli membri della ciurma, dati necessari per ricostruire gli avvenimenti che hanno causato la morte dei 58 personaggi su cui il giocatore deve indagare. Inizialmente contenitore perlopiù incompleto, il diario di bordo diventerà, alla fine dell’esperienza, un vero e proprio resoconto della narrativa inizialmente “nascosta” del gioco, ossia degli antefatti che precedono lo sbarco della Obra Dinn. Questo diario di bordo, che potremmo descrivere più correttamente come documento ufficiale fornito dalla compagnia navale East India Company come strumento per raccogliere quante più informazioni possibili sul naufragio, diventa quindi il veicolo principale attraverso cui si manifesta e si visualizza in forma lineare la narrativa del gioco: il libro è infatti suddiviso in 10 capitoli ordinati in progressione temporale.
La familiarità con la struttura lineare del romanzo in forma stampata viene proiettata da chi gioca su questo oggetto virtuale, e aiuta a consolidare l’idea che quello che si ha davanti è effettivamente il “racconto” lineare di ciò che è avvenuto. Inoltre, la nozione che quello che si ha davanti è un documento ufficiale suggerisce di inserire al suo interno dati il più possibile verificati, che dovranno riportare a un ordine sistematico le informazioni presentate in maniera volutamente poco chiara e apparentemente contraddittoria attraverso le cutscenes e le scene tridimensionali che raffigurano i momenti della morte dei personaggi. Siamo arrivati alla fine di questo paragrafo e quindi è di nuovo momento-tabella:

Tabella 2b

Mechanics

Con il termine mechanics (meccaniche) intendo l’insieme delle funzionalità assunte da un qualsiasi oggetto presente in un mondo virtuale. Solitamente i media simulati nei videogiochi si presentano come strumenti che, secondo le loro possibilità e limitazioni, aiutano chi gioca a perseguire gli scopi assegnati. Il ruolo che rivestono nell’ottenimento degli obiettivi di gioco (in parole povere, “a cosa servono”) viene definito a partire dai generici scopi che questi oggetti hanno nel mondo reale, in modo che si riesca facilmente a comprendere il senso di questi strumenti e si possa intuire come utilizzarli per risolvere un puzzle o vincere una partita. Ad esempio, uno dei generici scopi per cui utilizziamo un libro cartaceo è quello di contenere e catalogare informazioni. Questa funzione viene adattata al macro-obiettivo di Return of The Obra Dinn, ossia ricostruire il vissuto di 58 persone morte a bordo di una nave. Se, quando comprate il giornale, per prima cosa leggete le ultime due pagine, questo è il gioco che fa per voi.

Per adattare il libro a funzionare nel contesto del sistema di gioco, innanzitutto è necessario definire quali sono gli elementi strutturali e logici che lo compongono. Alcuni degli elementi di base che costituiscono un libro cartaceo, cioè i capitoli, i paragrafi di testo e le singole parole, vengono reinterpretati e trasformati in elementi del sistema di gioco dotati di particolari attributi, che vivono in relazione con altri elementi logici del sistema.

Il menu di inserimento delle soluzioni in Return of the Obra Dinn (L. Pope, 2018)

Ogni capitolo corrisponde a uno dei 58 personaggi di cui il giocatore deve, appunto, ricostruire l’identità e le circostanze della morte, che, a gruppi di tre, costituiscono i “livelli” progressivi in cui è suddivisa una partita. Le informazioni che il giocatore deve inserire per superare una parte di livello sono contenute in un’unica frase, composta da tre unità logiche: l’identità (nome) della persona uccisa, la modalità con cui è morta e infine la causa dell’omicidio. Ognuna di queste parti, inizialmente presentata con un contenuto generico (“quest’uomo”), deve essere scritta da chi gioca, attraverso un menu di selezione che permette di scegliere tra diverse proposte.
La possibilità di sfruttare il set di interazioni tipiche di un libro è il motivo fondamentale per cui l’autore del videogioco, Lucas Pope, ha inserito un volume cartaceo come elemento di gioco. Lo stesso Pope infatti, in un’intervista, ha dichiarato: «Qualsiasi altra cosa avrebbe avuto bisogno di un sacco di istruzioni, quindi questo era il modo più semplice. In più, una volta che decidi di non inserire troppe funzioni, insegnare a usarlo non è così difficile perché è solo un libro. Il giocatore capirà come girare una pagina» (A. Wiltshire, How a book binds the Return of the Obra Dinn, trad. mia).
Come farebbe con un libro “vero”, il giocatore porta con sé il volume e lo può estrarre in qualsiasi momento per consultarlo. Una volta aperto, il libro può essere sfogliato linearmente (una pagina dopo l’altra) oppure consultato velocemente attraverso l’indice che si trova in testa al volume. Da alcune sezioni il giocatore può “estrarre” pagine speciali, contenenti mappe della nave e fotografie dell’equipaggio. Inoltre, attraverso un sistema di hyperlink, i diversi linguaggi che vivono all’interno del libro stampato (capitoli testuali, fotografie, mappe, elenchi) sono collegati tra loro, e sono esplorabili dal giocatore per confrontare diverse informazioni che riguardano lo stesso personaggio (ubicazione del cadavere, professione, fotografia del volto).
Come dicevamo, oltre a sfogliare, osservare e leggere i contenuti già presenti nel libro, a chi gioca è data la possibilità (e l’obiettivo) di inserire nuove informazioni, completando progressivamente il diario di bordo. Appena inseriti, i contenuti appariranno come appunti a matita sulle pagine del libro, e verranno “stampati” una volta che il videogioco avrà verificato che tutte le informazioni riguardanti un gruppo di tre personaggi, quindi un “livello”, siano corrette. Il videogioco fornisce inoltre un feedback sullo stato di completamento di uno specifico personaggio attraverso un sistema di sfocatura del volto. Quando chi gioca ha raccolto abbastanza informazioni per ricostruire le cause della morte di un passeggero, il ritratto di quest’ultimo nelle foto di gruppo della nave passerà da sfocato a nitido.

Tutte le meccaniche che abbiamo elencato derivano, direttamente o indirettamente, dalle interazioni che si possono avere con un libro “reale”, che vengono adattate e amplificate, come nell’esempio dell’hyperlink, per entrare a far parte dell’esperienza ludica. Sfogliare, leggere, scrivere, seguire dei collegamenti assumono un nuovo significato, che ha a che fare con il contesto narrativo in cui queste azioni sono calate e con l’obiettivo di gioco che servono a raggiungere. Con queste ultime congetture possiamo finalmente completare la tabella di traduzione. Rullo di tamburi.

Tabella 2c

Un libro di tabelle

Siamo finalmente arrivati a completare la tabella, e ci sono servite solo 2.832 parole e 18.860 caratteri (spazi inclusi, escluse le didascalie), un record personale. Direte: finisce qui, basta, ci salutiamo. E invece no. Piuttosto che fare un riassuntone di quanto già detto e darvi la buona notte vorrei spendere qualche altro carattere (chissà se arriviamo ai 25.000) per spiegarvi che questo articolo ha un secondo fine.

Facciamo innanzitutto un salto indietro nel tempo. Quando ho iniziato a lavorare all’analisi di cui avete appena letto il riassunto (che è stato poi farcito di freddure, contro la mia volontà), mi sono reso conto che avevo bisogno di un “database” di esempi di media contenuti nei videogame per poter avanzare ipotesi e generalizzazioni sul loro funzionamento e sul processo di progettazione che stava dietro a questo fenomeno. Ho così importunato varie persone perché scavassero nella loro memoria e mi elencassero tutti gli esempi di media virtuali che riuscivano a ricordare: ho ottenuto un archivio di circa 150 esempi. Man mano che applicavo la tabella di traduzione ai vari esempi mi rendevo conto che andava fatto questo o quell’aggiustamento nella struttura, andava aggiunta o rimossa una voce, e soprattutto la schematizzazione in qualche modo mi “suggeriva” nuove configurazioni per le caratteristiche dei media virtuali nei videogiochi, mi spingeva a cimentarmi come progettista e non solo come osservatore. Mi sono presto reso conto che il vero valore della tabella (di cui qui a pagina 148 potete trovare una versione ampliata) era quello di essere strumento attivo di progettazione, come un compasso, un righello o un pantografo.

Ed eccoci arrivati al secondo fine: vorrei che la mia tabella diventasse per chi inciampa in questo articolo uno spunto da cui partire per pensare e progettare nuovi media virtuali, e nuovi giochi basati sull’interazione con essi. In ogni riquadro potete inserire quello che a voi sembra una buona reinterpretazione dell’estetica del videoregistratore, o pensare in che modo parte della storia del vostro videogioco può rientrare all’interno di un block notes. Oppure, a partire da una schematizzazione già costruita su un esempio esistente, provare a modificare il contenuto di uno dei riquadri per vedere che succede. Chi lo sa, potreste incappare in un’idea geniale e vincere il premio annuale del prestigiosissimo Comitato Internazionale Media nei Videogiochi, dal montepremi di un milione di dollari in gettoni d’oro (virtuali).

Per convincervi che la tabella può effettivamente trasformarsi in uno strumento attivo di progettazione, ho deciso di cimentarmi in prima persona nella creazione di nuovi media possibili. Qui potete vedere i risultati:

Un disco
L’assistente vocale
I segnali stradali

Non male, eh? Ma sono sicuro che potete fare ancora di meglio. Il mio consiglio è quello di partire dalle colonne laterali, lasciando quella al centro per ultima. Non è necessario riempire la tabella con contenuti definitivi, anche perché lo spazio ristretto delle caselle non permette di descrivere il funzionamento del medium nel dettaglio. Potete usare questo schema semplicemente come punto di avvio della vostra ricerca creativa, e man mano adattare l’idea di partenza in base all’esperienza di gioco che volete creare.

Sperimentate senza limiti, e non abbiate timore del giudizio altrui: con un po’ di fantasia un disco in vinile può diventare un disco volante.

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