Progettare l’esperienza utente nell’industria: tendenze, complessità e innovazioni nell’interazione Uomo-Macchina

Angela Di Massa
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Published in
4 min readJul 20, 2023

In “Design for a better world” (2023) Donald Norman sottolinea l’importanza di ripensare i confini della progettazione adottando un approccio olistico, che ponga attenzione all’intera umanità, al pianeta, alla società. In concomitanza, negli ultimi mesi abbiamo sperimentato l’interazione con sistemi di intelligenza artificiale capaci di elaborare e generare contenuti mediante l’uso del linguaggio naturale. Chi si occupa di design sa che si tratta di un periodo vivace, ricco di cambiamenti, ma anche di opportunità: le pratiche di progettazione evolvono, abbracciano nuovi approcci e tecnologie, diventano più inclusive e sostenibili.

In questo clima di fermento, anche chi si occupa di design di HMI (Human Machine Interface) deve fare spazio a questi cambiamenti e definire soluzioni capaci di portare valore e innovazione nella progettazione delle interfacce nel manufacturing. Fino ad oggi l’obiettivo era “limitato” alla promozione di strategie volte a gestire la visualizzazione delle informazioni e l’accesso ai comandi delle macchine o dei software industriali per creare esperienze di interazione efficienti ed efficaci.

Abbiamo affiancato le aziende nell’ascolto degli operatori, dei service e dei produttori di macchine al fine di raccogliere bisogni e desiderata, traducendoli in requisiti utente da soddisfare con pattern di interazione consistenti e accessibili. Abbiamo capito che il “buon progetto di design” da solo non basta, piuttosto è fondamentale creare spazi di ascolto e raccolta di problemi e idee. Che dietro una semplice ridondanza informativa, quella positiva, si cela il vantaggio di rendere accessibili sinottici di impianto finora fruibili da una sola parte di utenti.

Eppure, le interfacce uomo-macchina ben progettate hanno ancora molta strada da fare: nelle ultime fiere di settore abbiamo constatato che lo stato dell’arte delle HMI è alquanto datato. Le macchine hanno conosciuto una certa evoluzione con l’ondata di incentivi e linee guida di Industria 4.0, ma non hanno ancora sperimentato il potenziale tecnologico di cui oggi disponiamo. Stiamo passando dal paradigma noto ai designer come “mobile-first” a quello di “AI-first”, eppure nel dominio industriale si discute ancora se è sia giusto o meno monitorare una macchina da remoto o se il design centrato sull’utente possa davvero portare vantaggi economici all’azienda. Molto è stato fatto negli ultimi anni e sappiamo che la rivoluzione industriale che stiamo vivendo non si esaurirà nei prossimi anni, ma abbiamo il dovere di cogliere tutte le opportunità del nostro tempo.

Nella logica dei Take away, ecco qualche recente appunto che riprende il contesto descritto e gli apprendimenti degli ultimi progetti in ambito di design delle interfacce e dell’esperienza utente nel settore industriale (HMI):

  • Le interfacce uomo-macchine devono necessariamente abbracciare gli standard di usabilità. Assistiamo alla diffusione massiva di monitor multitouch, che di fatto spingono i progettisti a ricopiare digitalmente ciò che oggi è fisico. Come riportato in modo diretto o indiretto da molti operatori di macchina, quello che si sta determinando è un aumento del carico cognitivo nelle modalità di interazione. L’adozione di nuove soluzioni richiede quindi una riprogettazione delle interfacce e un approccio alla complessità orientato all’ottimizzazione dei processi operativi.
  • La complessità è una caratteristica intrinseca del dominio industriale. Puntare alla definizione di interfacce parlanti, che guidino l’operatore in tutti i processi di utilizzo è una condizione imprescindibile. Tuttavia, i sistemi di monitoraggio e controllo macchine o impianti hanno per loro natura una complessità che li caratterizza e che non deve essere sminuita. Quello che dobbiamo evitare è mettere l’operatore in una situazione di spaesamento e confusione, attraverso la creazione di esperienze utente complicate (e non complesse!). Sempre per citare Donald Norman, viviamo in un mondo complesso e tale complessità si riflette anche nei sistemi tecnologici, che, seppur ben progettati, richiedono uno sforzo di apprendimento necessario a comprenderne il modello di funzionamento.

“La comprensione rende i sistemi complessi semplici e dotati di significato”. Donald Norman.

  • L’adozione di progetti di re-design di HMI richiede la creazione di spazi di ascolto. Intervistare gli utenti destinatari della soluzione, organizzare sessioni di focus group o workshop di co-progettazione non è sufficiente se messo in relazione all’impatto effettivo del prodotto. Tantomeno non sono attività che possono essere limitate alla durata del singolo progetto. Il miglioramento continuo di un prodotto digitale passa dall’ascolto e dal coinvolgimento degli utenti in modo continuativo. Negli ultimi progetti è emersa la necessità di definire dei luoghi, fisici o digitali, in cui tutti gli stakeholder e utenti possano condividere il loro punto di vista ed esperienza, senza essere oggetto di giudizi. Le difficoltà maggiori riscontrate risiedono generalmente nel budget a disposizione per queste attività e nel presidio del progetto di ottimizzazione costante.
  • Le HMI hanno vita lunga e ambiscono ad essere disruptive. Compito dei progettisti è lavorare in ottica di innovazioni incrementali ma anche radicali. Consideriamo i vincoli tecnologici attuali, seguiamo e affianchiamo il team di sviluppo nella messa a terra della soluzione, ma approcciamo al design sapendo che le soluzioni di oggi saranno superate. Questo concetto è spesso citato nel contesto industriale, dove è consuetudine lavorare a macchine e interfacce la cui vita media è anche di 30 anni. Progettiamo avendo in mente che l’intervento di oggi non è limitato al prossimo decennio, ma avrà impatti più importanti nel futuro. Ragioniamo quindi in ottica di scalabilità tecnologica, di sostenibilità del prodotto e di integrazione di diverse modalità di interazione, affinché il prodotto HMI sia accessibile fin da oggi.

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