La California del nostro secolo: storie e incursioni nella “Grande Valle”

BV TECH Group
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5 min readJan 21, 2021

di Paola Chiara Tolomeo

Steve Jobs non abita più qui di Michele Masneri. Milano, Adelphi, 2020

“Steve Jobs non abita più qui” nasce da una specie di tardivo Erasmus e da una serie di viaggi e soggiorni che Michele Masneri ha fatto a San Francisco e in California dal 2016. Un diario di viaggio che parte dall’idea di lasciare per un anno «Roma e l’Italia decotta, le buche e la depressione economica e morale, e venire nel posto in cui sono tutti giovani, e felici, e progettano il futuro» (p. 22).

Di questo mondo il giornalista e scrittore ci restituisce dettagli sempre più rivelatori man mano che ci si avventura nel cuore della Silicon Valley, a cui tanti affidano i propri sogni.

Il viaggio di Masneri comincia dalle elezioni del 2016 con la vittoria di Trump. In quel momento lo scrittore risiede, come esperimento sociale, in una specie di comune nella zona del Civic Center di San Francisco: un co-living che lui ribattezza la “Casa del Grande Fratello Startupparo”, circondato da millennial avidi di successo e alla disperata ricerca di capitali e che si devono rassegnare ad accamparsi in quelli che sono poco più che miseri alloggi. Un’esperienza che accomuna la maggior parte dei giovani aspiranti visionari. Gli stessi che lavorano in co-working angusti e umidicci e provano a costruire grandi aziende nei garage.

Anche Mark Zuckerberg abita nel quartiere di Mission. Il padrone di Facebook, l’uomo che trasmette un’immagine spavalda e geniale dell’America, è uno dei simboli in assoluto della Silicon Valley. Ricoperto da una fama e un’aura di nobiltà, tanti pensavano che Zuckerberg avrebbe potuto fare il presidente degli Stati Uniti dopo Trump, «possibile redentore della California offesa: non è un subumano come taluni founder siliconvallici, non è trucido come Travis Kalanick di Uber, non ha i tic di Musk, né i capelli improbabili di Thiel, né il grigiore di Tim Cook. E gli è sempre piaciuta la politica. Gioco preferito: Civilization, cioè fondare imperi» (p. 29). Ma è un sogno che cambierà in fretta. Dopo gli scandali che hanno coinvolto Facebook e la monetizzazione dei dati, molti hanno cambiato il modo di vedere il personaggio, da Dio a quasi un mostro.

«Poi ci si è resi conto del paradosso, da un presidente eletto forse con Facebook truccato, al truccatore di Facebook in persona» (p. 28).

Masneri ci porta così in un universo in cui si ha la sensazione che tutto sia possibile. In una “repubblica” in cui gli anziani sono estinti e tra i giovani c’è la più alta concentrazione di talenti tecnologici. Molti arrivano qui per inseguire i propri sogni, con tanto entusiasmo e i risparmi della nonna. Mettono su la startup e, se falliscono, ci riprovano. San Francisco è la meta di chiunque abbia in mente una buona idea o voglia vivere la propria vita senza alcun filtro. Dove le grandi corporation (Uber, LinkedIn, Twitter, Google, Intel, Cisco, Oracle) partecipano a manifestazioni e dove i giovani fanno a gara per chi sperimenta l’app più innovativa.

A Mountain View, è impossibile non lasciarsi coinvolgere dal racconto dello stile di vita in uso nella “città di Google”, dove «il badge è preziosissimo perché serve per entrare negli edifici, nelle palestre aziendali, soprattutto per salire sui bus. All’interno del campus come ti giri, stradine perfettamente curate con ciclabile e pedonale; aiuole fiorite a destra e a sinistra; palestre Google, il deposito bici Google, il campo da tennis Google. La sensazione da company town è fortissima: si ha sempre l’impressione di un grande fratello che sa a che ora entri, cosa mangi, che sport ti piace, a che ora arrivi a casa. Mancano solo le esequie aziendali, ma forse ci arriveremo» (pp. 66–67). Tante attività prendono vita nell’immensa zona metropolitana, dalla rivoluzione culturale della Summer of Love negli anni 60' al garage di Cupertino dove, anni dopo, nascerà la Apple. E allora ecco che Masneri riporta alla memoria del lettore quelle volte in cui, prima nel 2006 e poi nel 2011, Steve Jobs andò in consiglio comunale a Cupertino per presentare il progetto della nuova sede della sua azienda, e disse: «Trent’anni fa Apple è nata nel mio garage. Così oggi potevamo andare da tante altre parti ma siamo venuti qua». Una sorta di flashback per capire il valore di quella terra.

La Spaceship, o «Anellone», è oggi la nuova sede di Apple. L’edificio è tutto bianco e in alluminio, con pietre e marmi: fatto per scalare classifiche internazionali, grazie alla «più grande porta scorrevole del mondo», al «più grande blocco di marmo di Carrara» e ad altri record.

Lecito, si interroga ironicamente l’autore, chiedersi cosa avrà spinto un maniaco del rimpicciolimento degli oggetti a cercare in morte questa grandeur. Dopo una vita da innovatore in jeans, avrà voluto costruire il suo Hearst Castel. Anche se, non abita più qui. Il suo mito non è più vivo come una volta e ad averlo sorpassato è la realtà di un posto nuovo in cui nulla è come sembra ma un’interpretazione di bisogni che ancora devono sorgere: un luogo che crea in anticipo bisogni e necessità. Gli dei di un tempo non sono ancora quelli di oggi perché tutto scivola troppo velocemente e lo scenario cambia in continuazione. E, quindi, sulla mistificazione vince quella realtà in cui coesistono la startup dall’esplosione immediata e roboante, l’ossessione per l’alimentazione, il politically correct, genio e sregolatezza. Un luogo che affascina e spaventa allo stesso tempo, che attrae e respinge, e dove tutte queste contraddizioni costituiscono l’irresistibile fascino per quanti sognano la California.

È un viaggio ricco dei racconti di miti fondativi come Stanford e Berkeley. L’autore incontra il founder di Airbnb, Joe Gabbia, trentottenne, miliardi di patrimonio, architetto e alla ricerca delle proprie radici in Sicilia, chef milionarie come Alice Waters, food activist e la sua idea di cibo «locale, stagionale, fresco», startupper di successo e, infine, scrittori celebrati come Jonathan Franzen e Bret Easton Ellis.

Paesaggi e personaggi, vezzi e curiosità, tutto si confonde e si amalgama bene in quel mondo un po’ glamour, che Masneri affida ad Oscar Wilde: «È strano. Tutti quelli che si perdono prima o poi si ritrovano a San Francisco. Dev’essere una città deliziosa, e possedere tutte le attrattive del Nuovo Mondo» (p. 43).

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