Stati Uniti-Cina: TikTok diventa un caso tra i colossi della tecnologia

BV TECH Group
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4 min readDec 14, 2020

A cura di Paola Chiara Tolomeo

TikTok, social network che si basa su brevi contenuti video, spesso musicali, è diventato molto popolare tra i teenager. Il social nasce nel 2016, ma si avvierà all’incredibile successo solo nel 2018 quando il 2 agosto l’azienda cinese ByteDance (proprietara di Tik Tok) ha acquistato anche musical.ly, piattaforma di videosharing nata in Cina nel 2014. La fusione delle due realtà in un’unica piattaforma ha fatto esplodere il successo di TikTok arrivando a coinvolgere un pubblico sempre più ampio e generalista.

La pandemia ha contribuito in maniera decisiva al successo: a maggio TikTok è diventata l’app numero uno in assoluto con 112 milioni di download, prima davanti a Zoom, WhatsApp, Facebook, Messenger, Instagram e Google Meet.
Nel giro di poco tempo, e sull’onda della popolarità, intorno all’uso del social network si è creato uno scontro diplomatico legato alla guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina e che potrebbe avere grandi conseguenze per gli equilibri futuri dei colossi tecnologici.

L’amministrazione Trump aveva deciso di vietarne l’uso sostenendo che TikTok “cattura automaticamente vaste quantità di informazioni dei suoi utenti, consentendo potenzialmente alla Cina di rintracciare le posizioni dei dipendenti federali, condurre spionaggio aziendale” e addirittura “ricatti”. Il presidente Biden ha definito “preoccupante” la questione che si è creata intorno all’app di proprietà cinese, mentre TikTok ha replicato alle accuse facendone valere l’infondatezza, trattandosi di una piattaforma a favore della creatività e della libera espressione.

TikTok, pedina dell’equilibrio di potere tra Stati Uniti e Cina o vera minaccia?

Secondo Klon Kitchen, divenuto direttore della politica tecnologica presso la Conservative Heritage Foundation dopo aver lavorato per 15 anni per la comunità dell’intelligence statunitense (CIA inclusa), ciò che rende TikTok preoccupante è il suo rapporto con il Partito Comunista Cinese. I cinesi avrebbero, così, fuso insieme governo e industria in modo che cooperino per raggiungere i fini dello Stato.

“Sembra un’app innocua: video di danza divertenti e innocui. Ma è come se la Cina avesse distribuito milioni di sensori negli Stati Uniti e che, ogni volta che un americano passa davanti a uno di questi sensori, esso raccoglie automaticamente dal proprio telefono nome, indirizzo di casa, rete personale, le abitudini di visualizzazione online e tutta una serie di altre informazioni. Questo è esattamente quello che rappresenta TikTok: ha 100 milioni di utenti negli Stati Uniti e raccoglie tutte queste informazioni per ciascuno di essi”.

“Inoltre, come molte società di social media statunitensi, TikTok chiede agli utenti l’accesso a fotocamere, microfoni, foto, video e contatti. Dati più oscuri, come “sequenze di tasti”, cioè gli schemi e i ritmi del modo in cui si colpisce la tastiera, possono contribuire a determinare l’appartenenza del dispositivo a quel preciso utente: nelle mani di un governo straniero, possono essere informazioni molto invasive”.

Sul discutibile ruolo della Cina, che ha dichiarato l’obiettivo di voler diventare leader mondiale nell’intelligenza artificiale entro il 2030, si è espresso anche Josh Hawley, membro del Senato degli Stati Uniti che in passato ha smascherato gli eccessi della grande tecnologia (Google, Facebook e Apple compresi).

“Il Partito Comunista Cinese si servirebbe di tutte queste informazioni per creare dossier, file su ogni americano su cui poter mettere le mani. Proprio lo scorso febbraio, il Dipartimento di giustizia ha accusato quattro hacker militari cinesi di aver rubato documenti dall’agenzia di informazione creditizia Equifax, colpendo 145 milioni di americani, quasi la metà del Paese. Potremmo porci la stessa domanda sulla violazione di Equifax: perché il governo cinese dovrebbe essere interessato alla storia finanziaria di centinaia di milioni di americani? Cosa ne faranno? Beh, chiaramente hanno pensato che fosse molto utile”.

Hawley afferma che TikTok non dovrebbe essere autorizzato ad operare negli Stati Uniti a meno che non si separi completamente dal suo genitore cinese, ByteDance. L’accordo per vendere un pezzo di TikTok a Walmart e al gigante del software statunitense, Oracle, è nel limbo perché la Cina sta bloccando l’esportazione dell’algoritmo proprietario di TikTok.

A chiarire meglio la posizione dell’app al centro della diatriba, sono state le parole di Vanessa Pappas, CEO ad interim di TikTok della sede di Los Angeles: “Quando abbiamo saputo che il Presidente voleva bandire TikTok, ci siamo mostrati subito contrari in quanto l’accusa era stata fatta senza un giusto processo e senza esser basata sui fatti. Se volessi cercare informazioni su qualcuno, TikTok non sarebbe il primo posto che mi verrebbe in mente: neanche il centesimo o millesimo. TikTok non opera in Cina. I dati degli Stati Uniti sono archiviati qui, entro il perimetro del Paese, e con backup a Singapore, e abbiamo controlli rigorosi sull’accesso ai dati. Se un governo dovesse richiedere dati, lo inseriremo nel nostro rapporto sulla trasparenza e lo diremo. Fino ad ora il governo cinese non ha richiesto dati, e se lo facessero sarebbe un deciso no”.

A correggere i temi del dibattito è stato lo stesso team di TikTok con la seguente dichiarazione:
“Il nostro team di sicurezza ha messo in atto misure estese per impedire l’accesso ai dati degli utenti americani da parte di qualsiasi governo. A settembre, ci siamo offerti di rendere Oracle nostro partner tecnologico di fiducia per proteggere e verificare ulteriormente la sicurezza dei dati degli utenti statunitensi. proposta che il presidente ha approvato. Non vediamo l’ora di attuare questa soluzione per porre fine a questo problema, una volta per tutte”.

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