4 Lezioni che ho imparato dalla Silicon Valley
E un obiettivo da raggiungere insieme.
Ho appena trascorso tre settimane negli Stati Uniti. Sono stato lì perché desideravo fare un viaggio importante e prendermi un periodo di totale off, ma soprattutto volevo con tutto me stesso visitare un’area specifica ormai diventata per molti (tra cui me) un terra “mitica”.
Quindi ho preso la decisione, quasi all’improvviso, e ho prenotato il viaggio, diversi hotel e un’auto, e dopo un mese e mezzo salivo su un aereo diretto verso la California, per atterrare a San Francisco e visitare così — finalmente — gli Stati Uniti e la Silicon Valley.
Ho pianificato diverse visite. Ho potuto visitare l’HQ di Facebook (grazie Arjuna), il Googleplex (grazie Diego!), il coworking più cool, Galvanize (grazie, Paolo), e vedere e chiacchierare negli HQ di LinkedIn, Apple, Tesla, Evernote e altri (Survey Monkey, Issuu, Optimizely, per esempio, o Zappos a Las Vegas, e Snapchat a Los Angeles).
Ciò che mi ha davvero colpito e lasciato dei messaggi, però, sono stati alcuni luoghi “nostal-geek”.
Ecco cosa mi porto a casa e penso valga la pena di condividere, da cui ho tratto 4 insegnamenti che voglio portare con me.
L’eccezionale può nascere nell’assoluta normalità.
Questo è il garage dove Steve Jobs e Steve Wozniak hanno creato Apple.
Qui sono nati i primi Apple I, dei computer profondamente diversi da ciò che conosciamo oggi. Si trattava “semplicemente” di schede madri piene di elettronica, a cui connettere una tastiera e uno schermo.
L’inizio dell’era dei micro-computer, che inizierà ufficialmente nel 1976, è racchiusa lì dentro, in un garage della periferia californiana. In quell’anno l’Apple I fu commercializzato in circa 200 esemplari.
Un garage in cui si lavorava senza aria condizionata, in uno spazio un po’ buio e non certo “professionale” o “corporate” a Los Altos, in una zona suburbana della città, dove si ricevevano possibili clienti e finanziatori.
Sono stato lì per circa un’ora.
A guardare, quasi esterrefatto, la normalità del luogo e della strada.
Non c’è nulla, lì. Ma proprio nulla.
È una strada dove, in un pomeriggio di un giorno qualunque sono passate un paio auto, tranquille.
Key learning: l’eccezionale può nascere nell’assoluta normalità: non importa il luogo, il contesto, l’ambiente. Queste sono solo scatole: sono le persone a riempire e dare significato a questi contenitori con le loro idee, energia, coraggio e costanza.
Il successo si costruisce giorno per giorno, ogni singolo giorno.
Il quartier generale di Facebook è entusiasmante, nonostante sia in mezzo a un terreno abbastanza paludoso (non sono proprio le paludi nostrane, si tratta di salt marshes).
La sede è dentro l’ex campus di Sun Microsystems. Il campus è molto figo: un piccolo ecosistema, con servizi, ristoranti tematici, open bar (specifico: si beve caffè, non alcool!), uffici con grandi open space, spazi di ristoro e socializzazione comuni, servizi come lavanderia, o temporary store.
Piccola nota di colore: l’asilo nido aziendale ancora non c’è: dopotutto solo dopo 10 anni di Facebook l’età media sta diventando quella di persone che hanno un figlio o cominciano a pensare di averlo — se le HR di Facebook stanno leggendo ecco un’idea per coccolare un po’ i genitori o futuri tali 😉
All’incrocio dell’ingresso al campus con la strada principale, si trova la famosa insegna con ilpollicione all’in sù. Una tappa obbligata per chi visita il campus, oppure semplicemente anche per chi passa da quelle parti e scopre che proprio lì ha sede Facebook.
Non tutti coloro che scattano l’iconica foto, però, sanno che l’insegna di Facebook è stata creata sul retro dell’insegna originale di Sun Microsystem.
Sun Microsystem è stata una delle più note aziende produttrici di software e semiconduttori. Credo che i più la conoscano per aver creato e introdotto il linguaggio di programmazione Java.
L’insegna con il logo di Sun è ancora lì, da più di 5 anni, sul retro di quella di Facebook, per comunicare un messaggio tanto forte quanto semplice.
Sun Microsystem è stata comprata da Oracle (che ha preceduto IBM nella trattativa) e poi inglobata, perdendo la sua cultura e identità. Certo, così Sun ha salvato gli asset e la maggior parte dei posti di lavoro.
Questa operazione, che ha cancellato tutto ciò che Sun ha costruito in trent’anni arrivando a essere tra i leader nel suo settore, è riconosciuta come tutto fuorché una vittoria: una ritirata onorevole tutt’al più, che ha salvato il salvabile dell’azienda.
Key learning: non importa quanto grande e importante sei oggi. Ogni giorno sei messo in discussione e devi dimostrare quanto vali. Il successo si costruisce giorno per giorno, ogni singolo giorno.
Il lavoro evolve ogni giorno, e non dobbiamo avere paura di cambiare.
La visita al Computer History Museum è una tappa obbligata per ogni geek che si rispetti. Ma non solo per i geek. Finalmente, la domanda che ognuno di noi si è fatto almeno una volta durante gli anni di scuola, cioè “Ma a che serve la Matematica?” trova una risposta.
Il museo è un viaggio nella storia della matematica, che è alla base di tutta la tecnologia che oggi e in futuro arricchirà la nostra vita. Credo che dovrebbe essere “obbligatorio” organizzare un tour virtuale per tutti i ragazzi che stanno per iniziare le scuole medie (avremmo avuto tutti voti migliori in aritmetica — o almeno io li avrei avuti!).
Reperti di tecnologia e di orgoglio tricolore ogni tanto spuntano fuori durante la visita del museo, come la leggendaria Olivetti P101, considerata come il primo personal computer nella Storia, lanciata nel 1965, o Federico Faggin, considerato il padre dei micro-processori per il lavoro fatto alla Intel (dopo aver fatto esperienza sul modello precedente alla Olivetti P101).
Quello che però mi ha lasciato di stucco è stato scoprire che, una volta, i computer non erano macchine. Erano umani.
Human Vs Machine Calculators at Computer History Museum, Palo Alto.
Quello del Lavoro che evolve è un tema di grande, grandissima attualità: la paura del nuovo, del futuro, dell’evoluzione e del cambiamento fomentate dalla minaccia dei computer e delle macchine che “ci ruberanno il lavoro”.
Un futuro possibile (ma non probabile).
In Italia si suol dire, da Machiavelli in poi, che “la Storia si ripete”.
Machiavelli attribuiva però alla cosiddetta virtù dell’uomo una grande importanza, poiché fonte della capacità dell’uomo di dominare il corso degli eventi utilizzando le esperienze provenienti dal Passato.
Scoprire che i computer erano umani e che sono stati sostituiti dalle macchine è certamente un messaggio inquietante su questo tema.
Solo, però, finché non si guarda anche l’altra faccia della medaglia: infatti coloro che persero la mansione di computer umani poterono evolvere il loro lavoro e diventare così programmatori. Coloro che programmano i computer. Ed è diventato uno dei migliori mestieri al mondo.
Oggi nessuno sogna di diventare il miglior calcolatore umano al mondo.
Ma essere il miglior programmatore sì, lo vorrebbero essere in tanti.
Key learning: non bisogna avere timore del cambiamento, e anzi dobbiamo avere il coraggio di cambiare. L’evoluzione apre opportunità incredibili che devono essere colte.
Il cammino più facile e sicuro non è sempre quello di maggiore successo per sé e per la comunità.
Quello che mi ha colpito di più, in assoluto, è stato un altro garage, meno famoso ma non meno importante di quello di Steve Jobs.
Si tratta del luogo dove William R. Hewlett e David Packard hanno fondato HP, in una strada residenziale a Palo Alto. Anche questa è una strada residenziale normalissima: tante villette americane con il giardino e un vialetto per riporre l’auto nel proprio garage. Alcune di legno, altre con i mattoni a vista.
Questo garage, rispetto a quello di Google (che si trova sempre nei dintorni, ma in un cortile alle spalle della casa che c’è di fronte alla strada), ha una caratteristica che lo rende unico rispetto agli altri.
HP Garage, Palo Alto
In questo luogo HP è stata fondata nel 1938, e allora non c’era nulla di ciò che conosciamo oggi come Silicon Valley. Non esisteva il digitale ai tempi della II° Guerra Mondiale.
David e William seguirono il consiglio di un professore di Stanford, Frederick Terman, che spingeva gli studenti del suo corso ad aprire una propria azienda in California invece di entrare in grandi aziende consolidate della East Coast.
La scelta di William e David, ha contribuito in modo chiave alla nascita di quell’ecosistema che poi è diventata famoso come Silicon Valley.
Nella sliding door che non abbiamo visto, dove i due entrano in qualche grande azienda di Boston, New York o Atlanta, il mondo potrebbe essere molto diverso — e forse molto meno digitale, ma sicuramente con una HP in meno e forse una Silicon Valley meno famosa e leggendaria.
Key learning: il cammino più facile e sicuro non è sempre quello di maggiore successo e, soprattutto, seminare con un po’ di sacrificio un terreno incolto ma fertile può produrre frutti straordinari.
Un obiettivo da raggiungere insieme.
Ero curioso di fare questo viaggio, perché mi chiedevo come sarei cambiato.
Dopotutto, ognuno di noi è la somma delle esperienze e di ciò che ha vissuto durante la sua vita, e il viaggio permette di accumulare tantissime esperienze e stimoli concentrati in poco tempo.
Per me è impossibile non collegare quanto ho vissuto con quello che stiamo facendo in Caffeina.
Insieme a più di 50 persone stiamo provando a ritagliarci un ruolo nelle nostre comunità. Quelle dei creativi, dei developer, dei digital marketer. Ma anche quella del Paese in cui viviamo, dove siamo cresciuti, che ci ha dato una Cultura e un retaggio storico.
Il nostro team, Luglio 2016. A questi vanno aggiunte una decina di altre persone salite a bordo negli ultimi 2 mesi.
La parola chiave è Costruire.
Costruire un’azienda sana, capace di generare ricchezza, posti di lavoro, e di offrire servizi di alta qualità e ad alto valore aggiunto. Nei primi 4 anni di Caffeina siamo passati dal lavoro in sub-fornitura su progetti semplici a essere partner di progetti di comunicazione o di innovazione digitale di multinazionali leader in diverse industry.
Questo ci ha permesso di costruire una Caffeina capace di consolidarsi e crescere, e che comincia ad attirare talenti da tutta Italia e dal di fuori, e invitarli a Parma e in Italia per lavorare insieme a noi.
Oggi più di 50 persone lavorano insieme a noi e abbiamo sane ambizioni per crescere ancora e affermarci nel fare bene un lavoro che ci piace.
Nel 2012 non c’era nulla di tutto questo. Sono curioso di vedere cosa faremo nel 2020.
#neversleep
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Originally published at https://caffeina.com/blog/silicon-valley.