So long NOIS3, welcome Caffeina
La storia e la crescita di NOIS3: the best is yet to come
TL;DR:
NOIS3 si unisce a Caffeina e questo mi riempie e ci riempie di felicità. Certo, finisce un percorso che ci ha accompagnato per tanti anni e ci ha caratterizzato come persone ancora prima che come professionist*. Ma entriamo in una famiglia più grande seppure simile a NOIS3: per cultura, per ambizione e per approccio. Non nascondiamo che ci elettrizza e non vediamo l’ora di affrontare tutte le nuove sfide che abbiamo davanti. Migliorare la vita di molte più persone, avere impatto sul loro (e nostro) rapporto con i prodotti digitali, lasciare un segno.
E ora cominciamo
Per capire cos’è stato per me e per noi NOIS3, come al solito, la prendo da lontano. Da un racconto, tipo.
NOIS3 nasce da lontano, da ben prima del 17 settembre del 2013.
Una parte della sua storia è contingente e incidentale, una parte è ineluttabile e continua tutt’ora.
Gli albori — Drupal, le Design Jam, Mozilla e Cristiano Siri
Molti anni fa, all’incirca nel 2007, ha preso vita una prima realtà imprenditoriale: nois3lab. Voleva fondarsi su due aree e un principio: l’open source. Inteso come condivisione e creazione di senso comune. Lo Sviluppo e il Design erano già i due mattoncini del suo DNA.
Grazie a questi, alle esperienze fatte e agli interessi espressi da ciascuno di noi, abbiamo avuto contatto e poi abbracciato la Community di ambassador di Mozilla, con cui abbiamo fatto alcune notevoli attività più o meno di diffusione di cultura.
In alcune presentazioni del 2010 della stessa Mozilla, questa foto campeggiava felice.
Sì, eravamo noi, in una fredda e piovosa notte di novembre 2009.
E sempre Mozilla, che incarna per me e per noi lo spirito del rispetto delle libertà fondamentali delle persone e della propria sicurezza e diritto alla propria privacy, è stata galeotta.
Galeotta perché Desigan Chinniah ci mise in connessione con un professionista della UX, addì 2011, perché stava per organizzare una Design Jam a Roma ed era in cerca di nuove alleanze.
Cristiano Siri, il suo entusiasmo contagioso (allora era una parola bellissima!) e la colonna sonora delle Design Jam
Noi, che avevamo anche appena organizzato un leggendario party per l’uscita di Firefox 4.0 (scrivere che questo post l’ho creato con Firefox 103.0.2 non mi rende solo più vecchio ma mostra anche quanto è evoluto il modo di deliverare prodotti digitali…), non vedevamo l’ora di dare tutto il nostro supporto.
Quella Design Jam si è rivelata uno di quei momenti chiave della vita. L’epifania numero 0: la prima UX Design Jam di Roma. Luglio 2011.
Di User Experience in Italia si parlava ancora poco.
E questa epifania è stata un po’ polarizzante: non abbiamo mai più pensato alla progettazione che non fosse co-progettazione.
E abbiamo sviluppato una dipendenza da Sticky Notes.
Gli inizi — Visual Design Thinking
Fast forward: siamo nel 2013, abbiamo alle spalle già numerosi workshop, tante jam, iniziative di design thinking e un gruppo di ricerca informale, Co-Design Jam.
In una situazione un po’ ingessata, nois3lab viene soppiantata da NOIS3 su un unico pilastro: diventare l’eccellenza sulla UX e sul Design. Siamo in quattro soci: Imke, Emanuele, Baku e io (sì, certo, c’era anche una holding, ma è una storia irrilevante).
Ve lo dico subito, non ce l’abbiamo davvero fatta, ma abbiamo imparato un sacco di roba.
Appena firmato l’atto del notaio, però mi fiondo a Praga: mi hanno invitato a parlare di una cosa che avevo preparato per settimane e mesi con Imke prima e con Chiara Albanesi poi. Visual Design Thinking: WebExpo mi accoglie più favorevolmente di quel che immaginassi e questa famigerata #VDT la ritrovo anche ora, nel 2022 come una best practice da adottare.
Una micrometodologia che ci ha aiutato e tuttora ci aiuta tantissimo ma soprattutto ci fa uscire da un incubo: fai tre proposte diverse così poi con il cliente ne scegliamo una sola.
Arriva il nostro Employee #0, Davide. Un graphic designer che non ha mai visto una riga di codice. Si presenta con questo schizzo per il suo primo lavoro.
Wow.
Con Emanuele ci guardiamo e capiamo. Altro momento fondante però, cominciamo a insegnargli un po’ di HTML/CSS e poi WordPress.
Perché?
Non stavamo creando l’unicorno, ma volevamo si scontrasse con i problemi tecnici, presente quelli che gli sviluppatori lamentano e poi nessuno gli crede? Quelli.
Perché (di nuovo)?
Così da cominciare a progettare con quei limiti in testa, trovando le soluzioni giuste che li anticipano. E questa, forse, era l’Epifania #0.1
In ogni caso, qualcuna delle cose che abbiamo fatto e imparato non è direttamente collegata alla natura di NOIS3 e certamente ha contribuito a distrarci dall’obiettivo, ma ne è valsa la pena. Come quando abbiamo organizzato la prima (e probabilmente unica) conferenza significativa sul Crowdfunding, tra il 2012 e il 2013: Crowdfuture.
Epifania #1 — Not everything is UI + Il WUDRome 2014
La prima lezione sui prodotti digitale, tosta da digerire più per il cliente che per noi.
Il brief:
Vorremmo una cosa come WhatsApp, ma per una convention di medici.
Così si parlano là dentro. Tempo disponibile 6 settimane e c’è da pensare tutto.
Risultato: tutto pubblicato nei tempi, progettato, debuggato, sviluppato.
Quante persone l’hanno usata? Quattro (4 NDR).
Chi sono, dite? Emanuele, Baku, Imke e io. I messaggi erano tutti Hello World.
C’era tutto eh, dallo studio delle interazioni, alle notifiche.
Abbiamo anche organizzato una Design Jam con la persona che l’ha sviluppata per pensare da subito ai limiti, perché non potevamo permetterci vicoli ciechi.
Certo non l’abbiamo testata, ma c’è un’altra cosa che non avevamo fatto.
Chiederci e chiedere se questa fosse davvero un’esigenza che le persone, quei medici, avessero lì.
Ci siamo occupati di aspetti tecnici, realizzativi, tempistiche.
Non del bisogno, di quello no.
Insomma, non avevamo fatto ricerca con le persone. Abbiamo scambiato intensi sguardi e giuramenti: non lo avremmo più dimenticato.
Quello che si nasconde sotto il livello dell’acqua, come il bisogno delle persone e come rispondere sarebbe poi diventato un’ossessione.
Però ci abbiamo fatto uno dei case study più eleganti e indicativi.
Nel mezzo di questo bailamme, NOIS3 è ancora una oscura e ignota realtà di Roma. Un posto che in ogni caso non era conosciuto per la sua grande presenza nella comunità di pratica dei designer. Certo, c’erano i Book Club, avevamo fatto delle Design Jam. Però.
Imke trovò la giornata mondiale dell’usabilità: il World Usability Day, per chi ci conosce da un po’: sì è proprio WUDRome, il famigerato secondo giovedì di novembre.
In — letteralmente — 6 persone (Imke, Claudia una neo-entrata e fenomenale Graphic Designer, Emanuele, Davide, io e l’ufficio stampa, team a cui poi si aggiungeranno tante altre persone, negli anni) abbiamo creato in circa 4 mesi la prima conferenza internazionale sulla UX e l’Usabilità a Roma. Precisamente a Parco Leonardo — luogo bizzarro ma a cui vogliamo bene — ci abbiamo tenuto infatti 5 edizioni, a due passi dall’aeroporto.
In 8 edizioni abbiamo coinvolto migliaia di persone professioniste, dell’imprenditoria, in arrivo da ogni settore anche dall’istruzione, che sono venute a partecipare, ascoltando speaker da tutto il mondo e di aziende come Microsoft, Google, Mozilla, il Dipartimento per la Trasformazione Digitale, HomeOffice.gov.uk e tante altre realtà e personalità di spicco del mondo della progettazione e non solo.
Decine di workshop, di stimoli, di idee, di fette di ciambellone, di ciriole imbottite con nomi bellissimi (come dimenticare “Lo Usabbility” o “Er Webb”?) direttamente dalle sapienti mani di Giorgio e dall’apetta de Dar Ciriola?
Da lì abbiamo continuato a connettere persone, puntini, tematiche, pazzie, mondi. Dalla sanità alle braccia robotiche, dalle interfacce vocali ai servizi per i cittadini. E perché no, anche facendo una Data Meditation.
Il WIADRome (la giornata mondiale dell’architettura dell’informazione), la CycleHack, le Design Jam, i Service Design Drinks, DEED. Community, community, community.
Epifania #2 — “Chiedi sempre prima di progettare”
Insomma, avevamo imparato che dovevamo sempre questionare il bisogno o le opportunità che sottendono una richiesta, anche a rischio di mettere in discussione la natura della stessa richiesta.
È quello che abbiamo fatto quando un vecchio cliente ci chiese:
Potete farci arrivare 10 volte più richieste di preventivi dal sito?
e lì, io risposi:
Certo, possiamo farlo. Come gestite al momento le richieste di preventivi?
E lui partì con una lunghissima sequela di lamentele che lo convinsero, ascoltandomi, che forse non era di questo che aveva bisogno, ma di un lavoro più approfondito sui processi di digitalizzazione… Ma questa è un’altra storia e la riprendiamo dopo.
Arriva poi il momento di dover realizzare il portale e l’area riservata di ACCREDIA.
Ne abbiamo parlato tanto e, al di là dei risultati estetici, c’è sempre una cosa che ricordo come momento fondante.
L’area riservata e il processo di “alimentazione”
Abbiamo chiesto, durante la fase di discovery, come organizzassero il loro lavoro. È bastato questo, davvero solo questo, per capire che non avevano bisogno di un’area riservata in cui per ogni documento dovessero fare un’operazione. Ma un cloud privato sincronizzato con una dashboard divisa per ruoli.
Questa domanda, dal 2017, gli sta facendo risparmiare almeno 40000€ l’anno. Di cosa?
La persona che prima era chiamata ad alimentare l’area riservata, passava l’intero mese lavorativo, 11 mesi l’anno a lavorare così.
L’introduzione di un meccanismo diverso l’ha fatta impiegare altrove.
Io la trasformazione digitale non la so raccontare meglio di così.
È quella che sfrutta strumenti digitali per re-implementare processi che migliorano efficienza e organizzazione delle aziende, non è solo adottare un nuovo e scintillante tool digitale.
Ma accanto a questo progetto abbiamo seguito tanti progetti di ricerca, dai più complicati (sulla salute di persone a cui era stato impiantato un pezzo di intestino artificiale) ai gamer su YouTube per conto di Google o alle persone in Germania con esigenza lato privacy per Firefox.
Epifania #3 — Design Systems and… WordPress doesn’t have to suck
Faccio un salto temporale all’indietro, mica vi aspettavate che fossi lineare, no?
Quando abbiamo tirato fuori il primo — e unico — sito di NOIS3, avevamo deciso di abbandonare Drupal e passare al lato oscuro di WordPress.
Ora, mediamente la nomea di WordPress, soprattutto nel development duro-e-puro è piuttosto bassa. Spesso a ragione, perché in ogni caso ti permette senza grande fatica di fare un sacco di porcate.
But WordPress doesn’t have to suck. Since 2014.
Quando abbiamo scoperto e adottato Bedrock, ACF e un approccio che rivedo in giro per sostituire i Page Builder (famigerati odi-et-amo) soprattutto se, come noi, ci tenete un po’ alle prestazioni anche in ottica SEO.
Da quando abbiamo adottato questo approccio, lo abbiamo evoluto, abbiamo imparato molte cose e abbiamo molti clienti che lo hanno imparato a loro volta.
Sempre ACCREDIA, ma anche ARCI, alcuni quotidiani locali (Umbria24.it, tiburno.tv, tpi.it) per un bel po’ di tempo hanno utilizzato questo sistema editoriale in piena autonomia.
Sempre nello stesso periodo, più o meno, uscì un articolo seminale per il tema del Design di prodotti digitali: “Atomic Design” di Brad Frost.
Perché è importante?
È una delle prime volte che viene riconosciuta in letteratura l’idea per cui si possa avere un approccio modulare e incrementale nella costruzione di pezzi di interfaccia per prodotti digitali su larga scala.
O meglio: Apple con le Human Interface Guidelines lo aveva già fatto da tempo, almeno nel suo ecosistema. Google lanciò solo un anno dopo il suo Material Design.
Lo scopo era quello di rendere coerenti gli elementi di interfaccia, di interazione e i paradigmi d’uso di prodotti digitali diversi ma affini.
Saremmo tentati di dire che stavano nascendo i Design System, ma sbaglieremmo. Yahoo lanciò un pezzo di UI Kit proprio nel 2006 con Yahoo User Interface (YUI Library).
(Sì, lo so, un design system è molto molto di più di una libreria di elementi di UI, ne riparleremo è una promessa… o una minaccia)
Epifania #4 — Un comparatore di prezzi?
Un altro momento fondativo, stavolta per me in particolare, è stato un progetto brevissimo.
Quattro giorni di trasferta in Libano: da fornitori del World Food Programme siamo stati coinvolti in un’attività di user testing per un’app mobile di comparazione di prezzi.
Fin qua tutto normale, tutto sotto controllo.
Quanti ne avremo fatti di test di usabilità su applicazioni per Smartphone? E invece no.
Il comparatore non vi faceva comprare una TV ventuordici pollici, 87K a 200€ di meno.
Intanto le persone erano arabofone. E l’arabo è una lingua RTL (right-to-left).
Il progetto si chiamava BeneficiaryVoices e le suddette persone beneficiarie erano rifugiate siriane ospitate in Libano. Scappate dalla guerra (sì, il Libano confina a est con la Siria).
Alcune di loro non sapevano leggere e l’interazione con le app l’hanno imparata dai figli. Sapevano però fare due cose: mandare vocali e usare le emoji.
Too long, haven’t watch the video?
Dei 27USD di sussidio per persona rifugiata, destinata all’acquisto di beni di prima necessità — olio, riso, legumi… – che il WFP caricava su una prepagata, l’investigazione su un comparatore di prezzi, non solo ci ha mostrato la possibilità di aumentare il potere di acquisto per la sussistenza delle famiglie rifugiate, scappate dalla guerra in Siria, ma ci ha mostrato anche un’altra opportunità: ottimizzare i loro spostamenti non gli faceva spendere i propri soldi in taxi, quindi aumentando complessivamente il budget familiare. Circa 4 USD per ogni volta che andavano a fare scorte.
Un impatto non irrilevante.
Long story short?
A fine progetto ho pianto. Un pianto liberatorio, a 3km in linea d’aria dal confine con la Siria. Con i sorrisi delle persone che erano venute a prestarsi nelle sessioni di user testing.
Quando ti rendi conto che il funzionamento corretto di un comparatore aiuta a far durare 2 settimane di più i beni di prima necessità, per di più a persone che sono scappate dalla guerra, beh, il tuo lavoro acquista davvero senso. Soprattutto se capisci che il punto non è tanto spendere meno per il riso o l’olio, ma spendere meno per i trasporti per raggiungere i negozi.
Epifania #5 — Diamo una voce a tutto, tutto è collegato
L’ultimo grande momento costitutivo e di partenze, in mezzo a un miliardo di turbini, piroette, difficoltà e fomento, è stato a maggio 2019.
Prima, abbiamo organizzato la The Future of Citizens Jam assieme al Team di Trasformazione Digitale del Governo italiano. Un’occasione per provare a progettare servizi e prodotti digitali a beneficio delle cittadine e dei cittadini italiani nel 2030.
E poi in un meetup a Talent Garden, il 30 maggio 2019.
Quel giorno è uscita la prima puntata del podcast di NOIS3 about Design, il trailer.
Non era il primo podcast sul design in italiano, non è stato l’ultimo.
Ha significato tantissimo però almeno per me.
Ho incontrato e intervistato tantissime persone che, come dice Francesco Pacifico nel suo “Archivio Pacifico” a cui mi sono liberamente ispirato, molto brave nel proprio lavoro e con cui ho dovuto studiare argomenti, approfondire concetti e farglieli definire.
Ho fatto un sacco di voli pindarici insieme a loro, riferimenti azzardati, collegamenti magari forzati. Ma cercare di creare un vocabolario comune, dalle definizioni. Perché a volte proprio a partire da una definizione sbagliata, impropria, parziale, cominciano i guai.
Sì, il riferimento deliberato a UX/UI Designer è voluto e fin troppo mi sono espresso nel tempo contro di questo. Meglio, molto più appropriato quello di Product Designer.
A tutte queste persone che si sono prestate devo dire grazie e grazie lo dico anche a chi ha avuto il coraggio, lo stomaco, la costanza di seguire il podcast. Continuerà: è una promessa.
Magari in forme e formati diversi
In concomitanza a questo (più o meno) ci sono stati ingressi di persone a cui sono grato e sarò grato per un sacco, un sacco, di tempo.
In rigorosissimo ordine alfabetico: Alessandra, Alessandro, Barbara (seppure per troppo poco), Clotilde, Luca hanno affiancato Imke, Baku, Davide, Fabio e me in questa avventura.
Abbiamo organizzato insieme il WUDRome più bello di sempre al Talent Garden Ostiense e Pi Campus a Roma. Una cavalcata incredibile fatta di e da persone che non si sono risparmiate neanche un grammo di entusiasmo, di voglia, di ambizione.
Sai quando le persone con cui lavori diventano grappolo di amicizia che ha fatto sì che le giornate lavorative fossero difficili — per il contesto — ma belle?
Ecco quella cosa lì.
Insieme abbiamo spinto ancora di più nella direzione del design dei servizi e dei sistemi complessi, sfidandoci a essere d’aiuto a organizzazioni e su temi apparentemente sideralmente distanti dal nostro dominio principale: il prodotto Digitale.
Epifania #Finale — Collegare i puntini, uscire dai confini
Negli ultimi mesi, mentre stavamo organizzando questa complessa e bellissima operazione che ci porta a entrare in Caffeina, abbiamo avuto il privilegio di lavorare su un sacco di progetti bellissimi anche, appunto, fuori dai nostri “confini”.
Certo, avere avuto il privilegio di mettere le mani dentro un’organizzazione bella e complessa come Airbnb (grazie Marco Trombetti della fiducia) e ai prodotti di Translated è stato bello e ci ha insegnato tantissime cose. Poi sentirsi all’altezza di una company che si sta quotando al NASDAQ è impagabile. Sapere che parte del tuo lavoro è stato presentato dal CEO nella Winter release 2021? Priceless.
Ma capire e far capire che il lavoro che facciamo possa essere messo a servizio della progettazione di sottostazioni elettriche di media tensione per la distribuzione elettrica oppure di Digital Twin per il monitoring di impianti di generazione solare completa nella tua testa la poliedricità e duttilità di queste competenze.
Ed è per questo che sono, siamo elettrizzati di entrare in questa nuova, grande famiglia: perché possiamo sfidarci ancora, metterci a disposizione e creare ancora più impatto, su tavoli importanti, essere d’aiuto a più persone e che trasformino le idee dei nostri clienti in prodotti digitali di successo che siano essi per consumer, su larga scala, specifici o legati a un verticale.
Quindi, Caffeina: the best is yet to come.
#IdeasNeverSleep