E se fosse tutta colpa di Blatter?
Tra tutte le cause del fallimento mondiale, spunta lo zampino del vecchio chairman della FIFA
di Matteo Pilotto
Se n’è scritto molto, se n’è parlato di più.
Apocalisse, FINE, rivoluzione, 4–3–3, ”chi? Gabbiadini?”, “Fai entrare Insigne!”, De Rossi, “Ventura dimettiti!”, “Tavecchio dimettiti!”, “Vergogna!”.
Se il parlare di queste settimane fosse riducibile ad un pugno di hashtag questi sarebbero probabilmente i più digitati. Il forte legame di ogni aspetto quotidiano con l’ambito politico ha trasformato un fallimento sportivo in imbarazzo generale. Quello che ha certamente evidenziato la fallita qualificazione a Russia 2018 è stata la mancanza della cosiddetta “accountability”. Si tratta di un termine inglese che non trova specifica traduzione nel nostro dizionario (e già questo spiega molto) che riassume la “capacità di assumersi le responsabilità per le proprie azioni”.
Agli Italiani le dimissioni sembravano atto dovuto. Da parte di un presidente che, tra gaffe e buone idee, era appena riuscito ad ottenere consenso da club e organi federali. E di un tecnico visto come impacciato, inadatto al ruolo che noi tutti riteniamo nostro: il CT della Nazionale.
A bocce ferme, è tempo di ragionare su quali sono state le cause del fallimento sportivo. L’eco della nostra caduta è rimbalzato, riscuotendo stupore, ironia ma anche sostegno in ogni luogo del mondo. Il “The Economist”¹ ha dedicato un’ attenta analisi al nostro caso, sbrogliando qualche matassa e portando fieno al nostro mulino. Si è premurato di togliere il fardello dalle spalle dell’ambiente tecnico e dirigenziale italiano e puntare il dito contro la scarsa rappresentatività del Ranking FIFA.
Le nostre cause, le loro analisi
L’analisi fornita dal settimanale inglese si struttura sulla ricerca di una qualche forma di causalità tra i fattori scatenanti, da noi individuati (stampa e media italiani), ed il risultato sportivo della nostra nazionale. Tre sono i punti attorno ai quali ruota l’articolo.
Serie A non competitiva
Al ritmo di “ Che ne sanno i Duemila”, sfogandosi tra i post di “Operazione Nostalgia”, il post Svezia-Italia è stato un trascendere di rimpianti, voglia di passato e totale abbattimento.
Gli anni di “Mister 90 Miliardi”, della Lazio di Cragnotti, della Roma dello Scudetto, del Milan di Capello, dell’Inter di Vieri-Ronaldo, della Juventus trionfante in Europa. Tanta nostalgia.
Il “The Economist” si sofferma sulla coincidenza di trend a noi sfavorevoli i quali hanno drasticamente ridotto la competitività del calcio italiano. L’inebriante vittoria mondiale ha portato nebbia sul momento più difficile e oscuro della storia sportiva italiana, Calciopoli. Il post-Germania ha visto l’Italia soffrire per la crisi economica e gestionale, colpendone la capacità di rivolgersi ad un mondo che incominciava ad ampliare i suoi confini. La contemporaneità tra il boom di interesse verso il calcio e la difficoltà del nostro campionato ha fatto sì che le big degli altri campionati potessero acquisire un importante vantaggio commerciale nei paesi emergenti, e, conseguentemente, creare un gap decisivo dal punto di vista del fatturato. Gli anni di scarsa competitività ci sono costati in termini di appeal, di brand e di conseguente mancata valorizzazione dei diritti TV della Serie A nei mercati internazionali.
Gli anni bui sembrano tuttavia alle spalle. Che sia per merito sportivo o per ottima gestione politica, da quest’anno le prime quattro squadre del nostro campionato andranno diritte alla fase dei gironi di Champions League. Le italiane in Europa hanno ormai imparato a gestire scientemente i turni di coppa, senza far troppo pesare le partite infrasettimanali sulle performance del weekend. Lazio, Atalanta e Milan hanno ben figurato nei rispettivi gironi, Roma e Juventus hanno passato il turno come prima e seconda.
Il campionato è, ad oggi, il più combattuto ed affascinante dai tempi delle sette sorelle (4 squadre in 4 punti in caso di vittoria della Lazio nel recupero con l’ Udinese). Infine il Ranking Uefa conferma la nostra crescita. Abbiamo riacciuffato l’ambito terzo posto e siamo addirittura vicini a scalzare l’Inghilterra dal secondo.
Il recente trend positivo, così come il “The Economist”, assolvono, pertanto, il nostro campionato e la sua competitività. Le cause principali dietro al fallimento Nazionale vanno ricercate altrove.
Poco talento, troppi stranieri
Si è parlato di Ius Soli. Si è parlato di limite agli stranieri.Si è ridato slancio alla voglia di giovani. Si sono rispolverati quegli argomenti da cassetto che puntualmente vengono riaperti come panacea dei fallimenti sportivi.
Il campo dice che la nostra Under 20 ha raggiunto le semifinali al mondiale di categoria. L’under 21 di Di Biagio ha ottenuto lo stesso traguardo agli Europei fermandosi di fronte alla sola Spagna. Un sesto del totale dei minuti disputati in Serie A è stato giocato da Under 23, numeri in linea con le principali leghe europee. Barella, Cristante, Petagna, Pellegrini, Donnarumma, Caldara, Zappacosta, Benassi, Chiesa. Il talento c’è. Negli ultimi anni la serie B e le squadre di provincia hanno rappresentato un serbatoio per la A ed un palcoscenico per i vari Florenzi, Belotti, Bernardeschi, Zaza, sino ad Immobile, Insigne e Verratti. La naturale maturazione dei nostri giovani li porterà, nei prossimi anni, a calcare con maggior frequenza le competizioni intercontinentali. Esperienza che alimenterà la Nazionale per le prossime qualificazioni ad Europei e Mondiali.
Lontani sono gli anni in cui la nostra Under 21 era popolata da ragazzi che faticavano ad imporsi in Serie B.
Ventura, Ventura e poi ancora Ventura
Terzo fattore del nostro misfatto.
Il “The Economist” lo scagiona. I dati dicono non sia colpa sua. Punti fatti in linea con le grandi di altri gironi (vedi Francia). Due pareggi (quello con la Macedonia non ha avuto alcun peso su classifica o spareggio finale) e una sconfitta con la Spagna lo hanno portato al dentro-fuori con la Svezia. Il differenziale tra gol fatti e subiti giustificava un diritto, tuttavia non legittimato, di prender parte alla rassegna mondiale. Il modo in cui siano state affrontate le due partite di spareggio, la gestione tattica e psicologica dell’evento possono essere criticabili ma sono parte del passato. Concentrarsi su ciò che è migliorabile è l’unica via per un cambiamento positivo.
Eccoci a Blatter
Il Ranking FIFA
La colpa a qualcuno dobbiamo comunque darla.
A Blatter.
“Blatter?”
Il richiamo al suo nome come principale colpevole è probabilmente esagerato. Anche se.
Anche se l’attuale metodologia per il calcolo del Ranking FIFA risale alla presidenza Blatter e, come sottolineato dal “The Economist”, ha rappresentato il fattore decisivo per la nostra “FINE”.
Ce lo siamo meritato? Colpa degli scarsi risultati degli ultimi anni?
Non sembrerebbe così. Il punteggio tiene conto della media dei punti ottenuti da ogni federazione nei dodici mesi precedenti e, anche se con peso minore, della media punti ottenuta in ognuno dei 4 anni precedenti (peso del 50% per la media del penultimo anno, 30% per il terzultimo e 20% per il quarto anno). I punti ottenuti per ogni partita dipendono da 4 fattori. Il risultato della partita (M), l’ importanza della partita (I, 3 se partita di competizione continentale o internazionale, 2.5 se di qualificazione, 1 se amichevole), il livello dell’avversario (T, basato sul suo Ranking) e la confederazione di cui l’avversario fa parte ( C )
Il punteggio per la singola partita è così ottenuto dalla formula
P= M x I x T x C. Ricordiamo, però, che il Ranking effettivo è il risultato della media ponderata dei punteggi ottenuti nei singoli match disputati. Una nazionale che avrà disputato meno match amichevoli sarà, pertanto, favorita da una media di partite con moltiplicatore maggiore (2.5 contro 1 per il fattore I).
Prendiamo due squadre esempio ALFA e BETA. Immaginiamole competere nel girone di qualificazione della stessa Confederazione, con gli stessi avversari, ottenendo gli stessi risultati (consideriamo 10 partite, tutte vinte)³. Immaginiamo inoltre che ALFA abbia disputato 3 amichevoli, vincendole, mentre BETA abbia preferito evitare l’onere. ALFA avrà quindi un Ranking ottenuto dalla media delle 13 partite disputate (10 di qualificazione e 3 amichevoli) e sarà uguale a 2.15 ((10 x 2.5 + 3 x 1)/13). La media punti di BETA sarà invece il risultato delle sole partite di qualificazione e sarà uguale a 2.5 punti ((10 x 2.5)/10).
La formula usata dalla FIFA ha permesso, a federazioni più astute, di scalare posizioni nel Ranking semplicemente non organizzando amichevoli nei 12 mesi precedenti al sorteggio. Romania e Galles hanno disputato complessivamente soltanto una amichevole prima della formazione dei gironi di qualificazione a Russia 2018. Allo stesso modo, la Polonia ha potuto partecipare al sorteggio dei gironi di Russia 2018 da testa di serie grazie alla sola amichevole giocata, relegando la Spagna alla seconda fascia.
Ulteriore prova della scarsa veridicità del Ranking FIFA viene fornita dal World Football Elo ratings (li trovate qui). Si tratta di un Ranking calcolato da un gruppo tedesco che tiene conto degli stessi parametri di quello FIFA ma, a differenza di quest’ultimo, non penalizza le Federazioni che scelgono di disputare incontri al di fuori di qualificazioni e fasi finali. Il peso assegnato alle amichevoli è tale da non interferire nel computo del rating di una Federazione, lasciandola così libera di scegliere se cimentarsi in un incontro da incassi con un’avversaria elitaria o se usarlo come test tecnico/tattico con una piccola. Il rating ELO ci vedeva quattordicesimi prima del sorteggio per Russia 2018 (diciassettesimi nel Ranking FIFA), posizione che avrebbe permesso all’ Italia di entrare da testa di serie nei gironi di qualificazione.
Nonostante la mancata qualificazione, l’Italia è ancora al decimo posto del rating ELO, contro il quattordicesimo del Ranking FIFA . La Polonia testa di serie (sesta posizione al sorteggio dei gruppi per la fase finale) occupa solamente la diciottesima posizione nel rating del gruppo tedesco. Allo stesso modo Romania e Galles, rispettivamente decima ed ottava per la FIFA al momento dell’estrazione, occupavano rispettivamente la quarantunesima e ventiquattresima posizione nella classifica ELO.
Il Ranking FIFA ha avuto impatto notevole anche per quanto riguarda l’assegnazione delle fasce decisive per i gironi della fase finale. Le squadre africane hanno di fatto potuto contare su un numero più alto di partite col massimo coefficiente di importanza (3), in virtù della Coppa d’Africa disputata nel Gennaio scorso.
IL FUTURO
La presidenza Infantino sta facendo quanto possibile per tagliare ogni collegamento con la vecchia FIFA. Dal mondiale al 48 squadre al VAR. Dal coinvolgimento di ex-giocatori nei più alti ruoli politici dell’organo internazionale sino alla promessa di revisione per il sistema di calcolo del Ranking FIFA (anticipazione Reuters) .
In attesa di tali modifiche, abbiamo l’opportunità di far leva su un fallimento sportivo per migliorare il modo in cui viviamo lo sport ed il valore che esso rappresenta nella nostra cultura. La mancata qualificazione ai mondiali di Russia si allinea con una Nazionale di basket che non raggiunge il traguardo mondiale dal 2006. L’atletica italiana è tristemente scomparsa dal medagliere degli eventi internazionali, portandoci ad accontentarsi di finali e piazzamenti. I fallimenti incominciano ad essere troppi per poter essere circoscritti ad un solo sport. Le deficitarie gestioni manageriali degli ultimi anni sia a livello di federazione che di club, hanno impoverito lo sport italiano, caratterizzato da infrastrutture fatiscenti e difficoltà di creare prodotti vendibili all’estero.
Se le carenze strategiche dei nostri organi competenti sono evidenti e continuamente sottolineate, ciò che non viene portato alla luce è il difetto culturale insito nel nostro paese. Quante volte si fa riferimento a genitori onnipresenti, ad allenatori orientati al mero risultato? Quanto peso diamo allo sport all’interno della nostra vita? Qual è il valore riconosciuto da istituzioni scolastiche e politiche? Le risposte a queste domande forniscono un quadro che rappresenta la base su cui i fallimenti sportivi si costruiscono.
L’articolo del “The Economist” si chiude con una speranza. Il ricordo della Francia vincitrice nel ’98 dopo aver fallito la qualificazione ai Mondiali del ’90. La nostra, speranza, va invece riposta nella capacità di utilizzare un errore, un fallimento, come spinta tale da stimolare la crescita della cultura sportiva nel nostro Paese. Lo sport insegna a vivere insieme, soffrendo, perdendo, migliorandosi. Lo sport insegna a vivere con se stessi. Accettando i propri difetti e facendo leva sui propri punti di forza. Facciamo sì che i nostri bambini crescano in una cultura in cui lo Sport ne è parte integrante.
¹ The Economist, Nov 20th 2017, “Italy’s World Cup exit is far from an apocalypse”
² Il ricavo per i diritti TV esteri è basato sul triennio 2018–2021 per la Serie A, 2016–2019 per Premier League e Liga, 2017–2020 per la Bundesliga
³ Avendo considerato per ipotesi avversari e risultati identici i fattori M,T e C possono essere esclusi dal calcolo in quanto uguali