Un anno di Lukaku

Matteo Pilotto
Calcio Datato

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La stagione con Conte ci ha offerto una prospettiva più completa sull’attaccante belga

Nella carriera di allenatore di Antonio Conte è possibile individuare dei momenti di rottura, nati da presupposti diversi ma riconoscibili per modalità e fastidio espresso.

Al Chelsea quel momento è probabilmente coinciso con il mancato acquisto di Romelu Lukaku. Era l’estate del 2017 e Conte si apprestava a sedere sulla panchina del club londinese per l’ultima stagione. All’ex Juve serviva un uomo con cui andare in battaglia dopo aver perso quel Diego Costa tanto decisivo per il titolo in Premier quanto insostenibile caratterialmente nel lungo termine. Forse per ripicca, forse per mancata fiducia nel giocatore o per l’eccessiva richiesta dell’ Everton, il Chelsea non affonda, lo United sì. Conte vivrà una stagione di pura frustrazione, costretto ad accettare l’arrivo di Morata e ad affrontare uno United incapace di sfruttare al meglio le caratteristiche di Romelu.

A tre anni di distanza possiamo finalmente analizzare cosa sia stato Lukaku sotto la guida dell’allenatore che meglio di tutti ha saputo esaltarne le caratteristiche.

Cosa non andava allo United

“Romelu Lukaku ● All 15 Goals 2018/19 ● Manchester United HD” non può offrire una visione completa dell’ultima stagione del belga in Premier ma fa risaltare alcuni aspetti del suo utilizzo da parte di Mourinho e Solskjaer.

La carrellata di gol è piuttosto ripetitiva; niente prodezze balistiche, poca diversità. Ci sono tanti tap-in, gol nati da uno contro uno del portiere, dentro l’area piccola o sfruttando delle respinte nei pressi della porta avversaria. È un video che si stacca dal Lukaku visto in questi ultimi mesi. Niente progressione fronte alla porta, niente utilizzo di ogni muscolo per aggirare l’avversario prima di calciare in porta. Una monodimensionalità realizzativa che risulta evidente anche dalla mappa dei gol realizzati nella passata stagione.

8 delle reti siglate tra Premier e Champions League sono infatti arrivate da dentro l’area piccola. Parliamo del 57.1% del totale. Una percentuale molto alta, in linea con la pericolosità media delle occasioni che lo United costruiva per lui (chiuderà la stagione con un valore di xG per tiro pari a 0.22) ma che riflette le difficoltà dei Red Devils nel costruire i presupposti adatti a sfruttare a pieno le caratteristiche di Lukaku.

Location ed xG dei goal su azione realizzati da Lukaku tra Premier e Champions League nella stagione 18/19.

Nella Premier 18/19 è stato il terzo attaccante per non-penalty expected goals (0.47 per 90') ma soltanto il venticinquesimo per numero di tiri (2.17 per 90'). Pur se limitato dalle incertezze delle scelte di Solskjaer è stato capace di chiudere la stagione con un rapporto tra gol ed xG (rigori esclusi) di 0.98, in linea con le attese ma inferiore a quello che andrà poi a registrare nel suo primo anno italiano.

All’interno di una manovra lenta, incapace di creare con efficacia situazioni di attacco posizionale, Lukaku si trovava ad interpretare il ruolo in una maniera solo apparentemente in linea con le sue caratteristiche. Viene difficile ora valutare quanto la sua ultima stagione allo United abbia pesato sullo stereotipo raccontato a lungo nei mesi che hanno preceduto il suo arrivo in Italia, ma la figura del nove statico che si alterna tra lavoro spalle alla porta e pura finalizzazione dice troppo poco di cosa possa essere Lukaku per una squadra. La mancata centralità nel progetto di Solskjaer e la voglia di Conte di costruirgli attorno la nuova Inter hanno offerto un ponte perfetto per liberarsi da una situazione che incominciava ad offrirgli prospettive tutt’altro che rassicuranti.

Cos’è cambiato rispetto a Manchester

Il tanto atteso congiungimento con Lukaku ha finalmente permesso a Conte di togliersi di dosso la frustrazione provata vedendolo giocare in maglia United. Conte sapeva che da Lukaku avrebbe potuto chiedere molto perchè in cambio gli avrebbe dato quello che il belga cercava lontano da Manchester: centralità nel progetto tecnico e possibilità di sfruttare al meglio le proprie caratteristiche.

Il Lukaku italiano non può non partire dal lavoro estivo di Conte. Gli è entrato in testa prima al telefono convincendolo ad ignorare le tentazioni bianconere, e poi in ritiro, facendogli da subito capire che le sue istruzioni avrebbero fatto un gran bene ad entrambi, Lukaku ed Inter.

La carrellata di gol di Lukaku in nerazzurro è ben più ricca di quella relativa alla passata stagione. Ci sono ancora i gol dentro l’area piccola, i tap-in, le capocciate in anticipo sul difensore ma anche le situazioni di uno contro uno in area in cui Lukaku alterna doppio passo e sinistro a finta e destro a incrociare. Ci sono le sgroppate di 20 o più metri lanciato verso la porta in cui l’esito dell’azione dipende solo dalla precisione del suo tiro e si rivedono anche i gol da bullo del campetto, quelli che solo Lukaku sa segnare.

Sono i gol dove riceve palla dentro l’area e, proprio come il ragazzo più grande al campetto, umilia i (bambini) difensori facendo semplicemente quello che gli pare. Si crea spazio sbracciando via il difensore ancor prima di entrare in possesso del pallone, utilizza parte alta del corpo e gamba d’appoggio per mantenere la distanza tra palla e difensore, per poi calciare con agio verso la porta avversaria. Il marcatore ha la sensazione di essere anche lui protagonista dell’azione, di aver parola nell’esito del duello ma è in realtà solo un illusione.

Il gol del 2–0 contro il Leverkusen è uno di quelli che solo Lukaku sa segnare

Rispetto all’annata precedente, all’Inter Lukaku ha spazio per un’interpretazione diversa di un ruolo che Conte ha da sempre immaginato sulla sua figura. Cambiano contesto, partner d’attacco e contributo offensivo. Al centravanti “boa” di Manchester si aggiungono elementi che gli hanno permesso di lavorare meglio per la squadra e di arrivare al tiro in situazioni diverse (vedi goal map qui sotto). Nonostante la media realizzativa sia aumentata (da 0.46 a 0.48 per 90'), i gol da dentro l’area piccola sono passati da 8 a 4 (tra campionato e competizione europee), dal 57.1% al 16.7% del totale. È aumentato il numero di conclusioni (da 2.17 a 2.53 per 90') ma l’allontanamento dal ruolo monocorde di bomber d’area lo ha portato ad abbassare pericolosità media al tiro (xG per tiro sceso da 0.22 a 0.16) e produzione offensiva (da 0.46 a 0.40 non-penalty xG per 90') a beneficio dell’efficienza realizzativa (rapporto tra gol su azione e non-penalty xG salito da 0.98 a 1.20).

Location ed xG dei goal su azione realizzati da Lukaku in Serie A, Champions League ed Europa League nella stagione 19/20.

Il cambiamento non si limita però a modalità e volume al tiro. Lukaku ha mostrato di saper svolgere anche il compito di centravanti associativo, non esattamente la torre a cui pensare per pulire palle alte ma un giocatore capace di legare la manovra offensiva venendo incontro al pallone, offrendo un’opzione di uscita ai braccetti di Conte, spesso abili a servirlo con pulizia e precisione.

Lukaku scende incontro al pallone offrendo un appoggio per il filtrante di Bastoni. Lo scarico su Gagliardini permette all’Inter di raggiungere velocemente l’ultimo terzo di campo.

Rispetto alla passata stagione è aumentato il numero dei passaggi completati (dai 18.83 della Premier 18/19 ai 20.47 per 90' della A 19/20), così come la percentuale di riuscita (dal 70% al 75%). Ha fatto delle transizioni il suo terreno di caccia, sfruttato la costruzione dal basso dell’Inter per attaccare gli spazi aperti dietro alle linee avversarie (corse progressive passate da 0.70 a 1.08 per 90') e dato prova di saper offrire un buon contributo in rifinitura per la spalla Lautaro (da 0.70 a 1.22 passaggi per il tiro per 90', da 0.06 a 0.11 expected assist).

I movimenti codificati mandati a memoria sin dal ritiro estivo hanno offerto alla LuLa un contesto ideale, strutturato, che ha esaltato la complementarietà delle loro caratteristiche. In fase di possesso tocca a Lukaku scendere incontro al pallone mentre va a Lautaro il compito di attaccare la profondità. In fase di non possesso è invece l’argentino ad assumere il ruolo di primo difensore e di aggredire con maggior continuità i primi registi della manovra avversaria.

I due attaccanti di Conte occupano infatti posizioni opposte nella classifica degli attaccanti della Serie A col maggior contributo in fase difensiva. Se Lautaro è tra i migliori per numero di azioni di pressing per 90' (19.10), Lukaku non va oltre la penultima posizione (media di 7.76 per 90', l’89.4% in meno rispetto alle 14.7 della Premier 18/19). Soltanto Ronaldo, tra gli attaccanti di Serie A, ha concluso il campionato con una media inferiore a quella del belga (7.69 per 90').

Il confronto statistico tra le due stagioni di Lukaku è basato sui rank percentili per macro area. Un valore di finalizzazione pari a 74 indica una performance finalizzativa migliore rispetto al 74% degli attaccanti. Il grafico evidenzia il cambiamento di Lukaku. Meno voluminoso in fase difensiva, meno pericoloso al tiro ma più efficiente.

La brutta prestazione all’esordio casalingo in Champions contro lo Slavia aveva evidenziato il peso negativo che un Lukaku in ritardo sul pallone, “mangiato” dai centrali avversari sia nei movimenti incontro al pallone che nei duelli aerei, può avere su una squadra come l’Inter. Ecco, il lavoro di Lautaro ha permesso a Conte di pretendere da Lukaku qualcosa in più. In un’ Inter in cui l’uscita dal basso ha assunto un ruolo importante nella creazione degli spazi nella metà campo avversaria, contare su un centravanti capace di garantire con costanza una soluzione offensiva è diventato fondamentale per il funzionamento dell’intera fase di possesso.

Cosa non è cambiato rispetto a Manchester

Ad una struttura corporea che lo vorrebbe dominante nei duelli aerei si sono da sempre contrapposte pigrizia ed incapacità nella gestione di tempi e posizionamento che nemmeno il calcio inglese ha saputo rimuovere. Non è il tipo di giocatore da cui aspettarsi uno stop di petto in faccia all’avversario; a differenza di Ibra non ha quella capacità magnetica di raccogliere la maggior parte dei palloni ricevuti.

La buona notizia per il Lukaku approdato in Italia è stata la continua ricerca dell’uscita bassa da parte della difesa dell’Inter. Il numero di duelli aerei è così sceso rispetto agli anni di Manchester (7.66 nella Premier 17/18, 7.01 nel 18/19, 4.47 nel campionato appena concluso) a beneficio della percentuale di duelli vinti, per la prima volta nelle ultime 5 stagioni superiore al 50% (50.9%).

Lukaku ha effetivamente saputo compensare le carenze aeree con un maggior contributo spalle alla porta ma capacità decisionale e imprecisione in fase di passaggio limitano ancora la sua efficacia nel supportare la manovra nerazzurra.

Nell’esempio qui sotto, la giocata a memoria in verticale di Candreva trova un Lukaku puntuale nel movimento incontro ma che arriva sulla palla a testa bassa, già convinto di dove indirizzare il pallone. Un appoggio al centro per il lanciato Gagliardini o un cambio di gioco sul lato debole per Young avrebbe permesso una risalita palla più efficace oltre che una più facile linea di passaggio; Lukaku decide invece di appoggiare in maniera imprecisa per un Eriksen che, partito in posizione di svantaggio rispetto a Dijks, non riuscità ad arrivare sul pallone.

Candreva va a memoria su un Lukaku che sbaglia scelta e lunghezza dell’appoggio.

Gli errori in fase di finalizzazione hanno invece già fatto rumore ai tempi di Manchester e si sono ripresentati anche in questa stagione, finale di Europa League inclusa. Sono errori che gli vengono però abbonati in quanto parte della complessità del pacchetto offensivo liberato da Conte e dalla sua Inter. Il dare e avere regolano percezione e valutazione del primo Lukaku interista. Le imprecisioni sotto porta sono tollerate in virtù dell’aspettativa di qualcosa di ancora più grande del singolo gol.

La prima annata italiana ci ha mostrato un giocatore che ha saputo andare oltre i limiti apparsi ancora più evidenti nell’ultimo anno a Manchester. Il pensiero positivo instillato da Conte gli ha fatto riscoprire le sue stesse caratteristiche. La sensazione è che Lukaku si sia divertito molto in questa stagione. Ha trovato un contesto ideale anche fuori dal campo, con i tifosi nerazzurri che non vedevano l’ora di tornare ad amare in maniera condizionata il proprio numero nove.

Con Conte, con Lautaro, in questa Inter, abbiamo probabilmente visto il miglior Lukaku di sempre. Ha smussato alcuni angoli del suo calcio, andando oltre quella figura di centravanti che sembrava ormai arroccata attorno al suo nome. La stagione appena conclusa ci ha permesso di capirlo meglio, ha fatto luce su pregi e difetti e offerto l’opportunità di meglio collocare Lukaku nel contesto degli attaccanti del calcio contemporaneo.

Dati Wyscout e FBref

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