Il mistero dei Benandanti

Alla scoperta dei Guerrieri Mistici (nel Friuli) tra il 500 e il 600

Francesco Lacava
Callmeishmael.net
8 min readNov 4, 2017

--

Una rappresentazione dei Benandanti

«Io sono benandante perché vo con gli altri a combattere quattro volte l’anno, cioè le quattro tempora, di notte, invisibilmente con lo spirito e resta il corpo; et noi andiamo in favore di Christo e li strigoni del Diavolo, combattendo l’un con l’altro, noi con le mazze di finocchio et loro con le canne di sorgo.»

Testimonianza resa da Battista Moduco, detto “Gamba Secura” all’Inquisitore Fra’ Felice da Montefalco, il 27 Giugno 1580. Questa è solo una delle numerose deposizioni fatte in fase di interrogatorio agli Inquisitori incaricati di indagare sulle figure, strane e oscure, che sembrano aver avuto seguito nel nord Italia a metà del XVI secolo.

Chi sono i Benandanti?

Friuli 1560 circa. Un neonato appena uscito dal caldo ventre materno esprime con un vagito la propria esistenza al mondo. La levatrice, la vecchia del paese che ha aiutato tante donne a partorire e tanti neonati a venire alla luce, solleva il corpicino che sgambetta e lo mostra alla madre: «E’ nato con la camicia!» esclama.

Subito un sussurro serpeggia come una preghiera tra i presenti, quasi un ringraziamento.

La donna stacca il sacco amniotico dalla pelle del bambino facendo attenzione a non buttarlo via, poi ripulisce il corpo e alla fine lo consegna alla madre.

Rappresentazione popolare

La “camicia” verrà conservata dalla levatrice e in futuro sarà benedetta e riconsegnata al legittimo proprietario sotto forma di amuleto, un tratto distintivo del suo fato quale combattente contro le schiere di stregoni a notte fonda.

Questa potrebbe essere una scena avvenuta chissà quante volte e che segna l’inizio della “carriera” dei benandanti, mistici combattenti vissuti nel Friuli a cavallo di due secoli e svaniti dopo che l’Inquisizione li aveva scovati, interrogati, fraintesi e condannati come eretici.

Ne fanno parte tutti i nati con la camicia, convocati verso i venti anni a guisa di tamburo che chiama li soldati, anche contro la loro volontà.

Nelle testimonianze raccolte nel bellissimo volume I Benandanti di Carlo Ginzburg (primo storico ad occuparsi di questo misterioso gruppo di guerrieri) si accenna ad una setta organizzata militarmente, con al vertice un capitano ed un proprio stendardo. Il gruppo combatteva la controparte di streghe e stregoni, anch’essi muniti di uno stendardo, la notte delle quattro tempora, per salvaguardare l’abbondanza del raccolto e delle messi.

Se a vincere erano i benandanti allora ci sarebbe stata abbondanza, viceversa si avrebbe avuto carestia e penuria nei raccolti.

Le Quattro Tempora sono, secondo il calendario del rito romano della Chiesa Cattolica, un periodo di tre giorni (mercoledì, venerdì e sabato) e cadono quattro volte l’anno. Hanno a che fare con l’avvicendarsi delle stagioni e l’invocazione a Dio della provvidenza e dell’abbondanza dei frutti della terra. I quattro periodi sono Avvento, Quaresima, Pentecoste e tre giorni a Settembre, durante i quali si può digiunare, astenersi da qualcosa e pregare.

Le Quattro Tempora però affondano le radici ben prima del cristianesimo, esse sono il ricordo di un calendario agrario dove il passaggio da una stagione ad un’altra era un salto nel buio e poteva significare la fame. Le preghiere, i riti e i combattimenti erano tutti volti ad ingraziarsi e a promettere semine, mietiture e vendemmie abbondanti.

Ecco allora inserirsi le battaglie notturne dei guerrieri friulani.

I Benandanti affermano di recarsi in spirito, nelle suddette notti, a combattere per difendere la terra e renderla fertile e abbondante. Il loro corpo giace come morto e insensibile agli stimoli esterni, mentre lo spirito vaga fino al luogo delle battaglie. Bisogna però fare attenzione a non voltare il corpo a faccia all’ingiù o ad attardarsi fuori dall’involucro materiale, perché altrimenti lo spirito sarà costretto a vagare sulla terra fino alla morte effettiva del corpo. È facile rintracciare in queste estasi, o esperienze di piccola morte, quella degli sciamani: viaggi nel mondo degli spiriti a cavallo di animali (gatti, lepri o farfalle), le visioni dei morti e le battaglie contro coloro che vogliono impossessarsi di un raccolto o dell’anima di un bambino. Sono tutti elementi che si trovano nella cultura sciamanica.

Vi è tra i membri della setta un vincolo di segretezza, i partecipanti non possono parlare pena le bastonature che riceverebbero per aver detto troppo. Tuttavia un po’ per vanteria, un po’ per paura dell’Inquisizione, il segreto cade e ad uno ad uno i vari guerrieri confessano, cadono o svaniscono.

Tutti loro sono accomunati, come abbiamo visto, dall’essere nati con la camicia. Il sacco amniotico è stato nella storia fulcro di credenze e superstizioni, per molte popolazioni era sede della seconda anima. Si credeva poi che proteggesse i soldati in guerra, allontanasse i mali e aiutasse persino gli avvocati a vincere le cause.

Non era strano che venisse raccolto e conservato al pari di una reliquia con poteri taumaturgici, molti ad esempio la benedicevano e vi facevano dire messa per consacrarla maggiormente e rafforzare il suo potere benefico.

Ai Benandanti in formazione, prima ancora che divenissero tali, viene data la loro camicia, solitamente dalla madre che li avverte di un destino a cui non si può sfuggire.

I combattimenti avvenivano con mazze di finocchio per i Benandanti e mazze di sorbo per gli stregoni in un luogo non meglio precisato che tutti definiscono valle di Josafat, luogo mistico della tradizione cristiana dove, si dice, inizierà il Giudizio Universale (Gioele 3,2)

Ancora adesso non si sa esattamente il perché di queste due piante, il finocchio è una pianta medicinale e profumata (quindi benefica) e il sorgo potrebbe essere accomunato alla saggina delle streghe, tale spiegazione però, benché presente, non è quella che gli studiosi accettano.

Tutti gli interrogati nel periodo tra il XVI e il XVII secolo, anche a distanza di chilometri tra di loro, affermano la stessa cosa e presentano la stessa versione dei fatti.

Arriva l’Inquisizione

Come era prevedibile un insieme di simili credenze mise in allerta l’Inquisizione che prontamente mandò i suoi ad indagare.

Nei primi interrogatori tutto scorre liscio e non sembrano esservi tracce di colpa o di eresia, ma solo di superstizione ed ignoranza dovute alla condizione contadina (Martino di Braga avrebbe avuto materiale in abbondanza da aggiungere nel suo celebre opuscolo “De Corrutione Rusticorum”). Coloro che vengono interrogati vengono rimandati in libertà.

Avviene però qualcosa che muta la situazione e fa apparire la setta pericolosa come un coacervo di streghe e i loro raduni notturni al pari dei sabba. Dagli interrogati emerge la figura di un angelo o uomo in ombra, che appare ai prescelti di notte e li invita a seguirlo per andare a combattere. In aggiunta tra le donne appartenenti alla setta, o presunte tali, si fa riferimento ad una processione dei morti.

L’apparizione dell’angelo è forse quello che maggiormente allarma gli Inquisitori, perché è un essere sconosciuto, probabilmente un demone, una creatura che sicuramente ha a che fare con il Diavolo.

Il secondo elemento, la visione e la processione dei morti, è più complesso e anche molto più antico. In esso riecheggiano echi pagani che si rifanno non solo alla zona attorno al Friuli, ma anche ad altri luoghi e tempi come l’Alsazia e le Alpi Orientali.

È il mito della caccia selvaggia germanica con Holle-Venere-Diana, tre facce di una sola divinità femminile protagonista della parata di morti e viventi diretti ad un luogo ben specifico, che verrà definito come sabba. Credenza questa che affonda le radici nel lontano anno mille, quando la caccia era uno spauracchio ed una costante nelle notti invernali. Numerose sono le testimonianze di laici e sacerdoti di aver assistito ad essa, uno su tutti è sicuramente quella di Orderico Vitale, il primo ad averla descritta nel 1091 nella Storia Ecclesiastica.

Nelle testimonianze dei Benandanti mancavano di fatto gli elementi essenziali e costitutivi che i teologi dal XV elencavano nella descrizione del sabba (che andrà poi a cristallizzarsi dal XVI secolo come parte integrante di una credenza sempre più pericolosa e minacciosa). Inoltre in nessuno degli interrogati si fa menzione del diavolo, non si abiura mai la fede e non si calpesta la croce né si rifiutano i sacramenti. Ma questo ai predicatori, agli inquisitori e ai giudici poco importa, perché il loro compito è quello di plasmare le notizie ottenute e di riuscire ad accomunare le vicende dei benandanti con le figure degli stregoni. Avverrà nell’arco di cinquanta anni, un periodo lungo, ma sarà comunque il risultato finale, avvicinare le due realtà facendole infine combaciare.

Tutti i membri della setta affermano senza paura e convinzione di combattere nel nome di Dio e di voler contrastare l’avanzata del Diavolo e delle sue schiere.

La fine della vicenda

Quando Benandanti e streghe sono praticamente la stessa cosa, ci troviamo ormai al termine della storia. Gli interrogati iniziano ad affermare, talvolta con contraddizioni palesi nelle deposizioni o con elementi stravaganti e fantasiosi, che i Benandanti si ritrovano le notti delle quattro tempora per compiere atti di abiura contro la vera fede e di sottomissione al Diavolo (sempre presente in questi convegni), dove vengono loro insegnati malie e modi di arrecare danno al prossimo.

Nonostante ciò resistono ancora coloro che affermano con vigore che i Benandanti siano i combattenti che disfano le fatture e le maledizioni e fanno in modo che i raccolti siano abbondanti. Nell’anno 1642 la gente non vede più di buon occhio la setta, per loro sono tutti uguali: streghe, stregoni e benandanti.

L’inquisizione ha vinto.

È interessante notare come il Santo Uffizio molte volte lasci perdere i casi e rimetta in libertà i sospettati o al massimo li condanni a pochi giorni di carcere, preferendo lasciare che sia il popolo stesso a farsi esecutore della pena. Infatti adesso è il contadino comune che allontana i benandanti trattandoli alla stregua di imbonitori o di pericolosi stregoni. Molti negli anni precedenti si recavano da loro per far curare sé stessi o un loro familiare, adesso invece nessuno più si fida di loro.

L’ultimo presunto benandante viene arrestato nel 1644, un contadino che negli interrogatori mischia superstizione, credenze stregonesche e popolari, oltre alle notizie sui benandanti che tutti ormai conoscono perfettamente: il nascere con la camicia, l’uscita dal corpo e così via.

Accertato però che il sospettato confessa solo per paura e solo ciò che i giudici gli diceva di dire, viene rilasciato un anno dopo con l’accusa di apostasia con alcune penitenze da fare.

Dopo di lui arresti e processi si fanno sempre più sporadici e sempre più confusi, tanto da risultare quasi “comici” nella loro drammaticità. Un esempio è il caso di un bambino di nove anni che con le sue vanterie coi coetanei afferma di volare e combattere la notte del giovedì e che mette in allarme un’intera comunità tanto da scomodare nuovamente il Santo Uffizio (1648).

La vicenda termina definitivamente nel 1668, con le lamentele di un vicario che scrive all’inquisitore di Aquileia dichiarando che vari contadini confessano di essere “bellandanti”, di aver partecipato a sabba e sacrilegi vari e di aver imparato dal Diavolo alcune malie.

Ovviamente la lamentela resta tale e nessuno risponde al frate.

--

--