Impressioni di un ottobre carioca #1

07/10/2015 — I colori e le contraddizioni della “Cidade Maravilhosa”

Gianluca Suardi
Callmeishmael.net
6 min readDec 5, 2017

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© Gianluca Suardi

Che sei arrivato in una città unica al mondo lo capisci immediatamente. Già al primo impaziente sguardo dall’oblo dell’aereo il freddo autunno boreale ti sembra un lontano ricordo e ti senti ormai pronto per scoprire le esplosioni cromatiche della caleidoscopica primavera di Rio de Janeiro. Una città di cui hai già sentito parlare mille volte per altrettante svariate ragioni. Un luogo quasi magico che ti sei immaginato in tutte le salse, incastrato tra leggende, foto da cartolina e luoghi comuni. Ma ora sei proprio lì, in carne ed ossa, fuori dall’aereoporto internazionale intitolato al musicista Tom “O Maestro” Jobim, smanioso di assaporare, anche se in minima parte visto il poco tempo a disposizione, gli affascinanti contrasti di questa metropoli tropicale.

COLORI

Quattro sono le tinte principali che compongono la tavolozza di Rio se la guardi dall’alto. Bianco, verde, nero e blu sono i colori che al primo battito di ciglia ti rimangono bene impressi nella retina. Il bianco splendente degli edifici del centro danza in modo orgiastico con il verde smeraldo della foresta pluviale. Una vegetazione urbana che affiora con forza tra gli alti palazzi dei quartieri più popolati. Il nero della roccia granitica che ha formato i Morros stacca con la stessa imponenza con cui queste ripide colline svettano sopra quel groviglio bianco-verde. Blu intenso è invece il tumultuoso oceano atlantico che, senza chiedere permesso, sbatte energico sulla costa regalando tante gioie ai surfisti carioca e facendo da degno contraltare alla brulicante vita che anima le strade della città.

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Ma una volta che in quelle strade inizi a camminarci scopri che in realtà la tavolozza Carioca è dotata di un’infinità di colori che si abbracciano tra loro. Tante piccole macchie irregolari che danno forma un mosaico così cangiante da lasciare senza fiato. Non è un caso che due delle location più caratteristiche della Cidade Maravilhosa siano composte proprio come un mosaico. La prima è la magnifica Escadaria Selaròn: una pittoresca scalinata di 250 gradini che prende vita grazie a una miriade di asimmetriche piastrelle rosse, gialle e blu. Un’opera d’arte urbana di incredibile bellezza ideata dall’artista cileno Jorge Selaròn per essere un autentico “tributo al popolo brasiliano”.
L’altra location in questione è il viale pedonale che costeggia le due spiagge più famose del Brasile e forse del mondo intero: Copacabana e Ipanema. Milioni sono i turisti che, ogni anno si recano in prossimità del famigerato Posto 9, per ammirare le bellezze in bikini che (si, esistono davvero) palleggiano leggiadre sulla sabbia. Milioni sono quindi i piedi che calpestano quel pavimento di mattonelle bianche e nere sinuosamente disposte per sembrare delle onde dall’alto contrasto cromatico.
E qui inizia a sorgerti un dubbio che ti porterai dentro forse per sempre. Non è che i fluminenses (gli abitanti di Rio de Janeiro) siano proprio così, una moltitudine eterogenea di spigolosi frammenti facenti parte di un unico grande cuore che batte tra spietati contrasti e impercettibili sfumature di colore?

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CONTRASTI

Che Rio sia la capitale dei contrasti e delle disuguaglianze sociali è cosa risaputa, tante volte l’hai letto sui titoli di giornale e altre volte ti è anche capitato di vederlo al cinema. Ma è quando certe cose le vedi con i tuoi occhi che acquistano un senso e una realtà che altrimenti sarebbero solo di seconda mano. Le famose favelas, queste immense “baraccopoli” che intimorivano solo a sentirle nominare nei servizi di cronaca nera, sono così vicine che le puoi toccare con mano. Immensi alveari di piccole abitazioni colorate che si adagiano su scoscesi pendii a ridosso dei quartieri più benestanti. La favela Vidigal, ad esempio, è situata alle pendici del Morro Dois Irmãos, appiccicata al quartiere di Leblon, uno dei bairros più ricchi ed eleganti dell’intera città. Al tramonto, questa contrapposizione di impercettibili lucine e grandi insegne luminose, si trasforma in uno spettacolo quasi surreale. Soprattutto se abbinato a un cielo color pastello che si specchia tra le onde della spiaggia di Ipanema.

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Alcune di queste favelas non sono poi così pericolose e impenetrabili come pensavo prima di partire. Al pari della Vidigal, anche la Rocinha, considerata la baraccopoli più popolosa del sud America con i suoi 200mila abitanti, sta facendo grandi sforzi per portare un po’ di tranquillità in quel dedalo claustrofobico di stradine cementate. Visite guidate, organizzate da giovani del posto, vogliono dimostrare ai turisti, ai viaggiatori, ma anche ai brasiliani stessi, che la vita nelle favelas pacificate è anche fatta di umanità, comunità e dignità e non solamente di droga e crimini efferati.
Inutile dire che la criminalità a Rio de Janeiro è un problema vero. E questo lo capisci guardando gli ingressi dei condomini residenziali, letteralmente ingabbiati da alte inferriate e piantonati da guardie armate. Lo percepisci anche dalla polizia in assetto antisommossa che quotidianamente passa per Largo do Machado a bordo di potenti motocross e imbracciando grossi fucili automatici.

Gli affascinanti contrasti di questa città li puoi trovare però anche nelle piccole cose. Come ad esempio nell’eleganza degli edifici in magnifico in stile coloniale che fa a pugni con la centralissima Catedral Metropolitana, un’astronave conica che pare appena atterrata da un futuro non troppo utopistico. Anche la natura, potente e indomabile in ogni aiuola, può manifestarsi sottoforma di tucano appollaiato in un parco cittadino, ma soccombe inesorabilmente nelle acque della baia su cui si affaccia la città, talmente inquinate e maleodoranti, per via degli incontrollati scarichi fognari, da rendere sconsigliabile anche solo immergerci i piedi.

© Gianluca Suardi

PASSIONE

Nonostante tutto, ciò che si percepisce con maggiore forza, girovagando per i diversi quartieri della metropoli, è una sostanza immateriale che tiene incollate tutte queste piccole mattonelle colorate di forme e materiali diversi: la Passione. Questo potente collante lo puoi scorgere nei sorrisi che si aprono sui volti delle persone con cui chiacchieri sorseggiando birra ghiacciata. Lo ascolti nella musica che rimbomba allegra nei caotici locali notturni di Lapa. Lo assapori sia dall’ambulante che cucina tapioca fuori dalle stazioni della metropolitana, sia nei ristorantini alla buona che propongono riso e fagioli per le vie di Botafogo. Una passione che ti travolge rumorosamente quando migliaia di torcedores si riversano nelle strade al termine di una partita di calcio giocata nel leggendario Maracanã. Una gioia di vivere talmente forte da essere contagiosa. Pura energia positiva che ha contagiato anche una mia tenace concittadina capace di conquistarsi, pagaiando sulle acque torbide della Lagoa, uno splendido sesto posto nel Kayak alle Paralimpiadi del settembre 2016. Chiunque visiti questa metropoli fuori dal comune non può sottrarsi dall’essere folgorato da una così potente scarica elettrica. Neppure chi, come me, non ha avuto la fortuna di vedere dal vivo la stravaganza del Carnaval do Rio, e il Sambodromo lo ha visto solamente di sfuggita, quasi per sbaglio, attraverso il finestrino bagnato di un taxi in corsa.

© Gianluca Suardi

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