I fought the law, and the law… won

Aiuto polizia: c’è Andrea Guardini in bici in autostrada!

Stefano Medaglia
Carollo & Malabrocca Cycling Club
4 min readJan 30, 2018

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La bicicletta è libertà. Quante volte l’avremo sentito dire?
Non che sia falso, per carità, ma ormai è una specie di luogo comune: e quando qualcosa lo diventa, un luogo comune, inevitabilmente si svuota.

Seriamente, per voi è così? Quante volte per voi la bicicletta è stata l’incarnazione della libertà?
Storicamente, certo, è verissimo, eccome. La bicicletta ad esempio ha contribuito all’emancipazione delle donne: in un mondo fatto dagli uomini a misura per loro stessi, la possibilità di muoversi in autonomia in modo relativamente economico è stata fondamentale. Susan B. Anthony diceva addirittura che la bicicletta ha fatto per l’emancipazione delle donne più di qualsiasi altra cosa al mondo.

In una bella giornata soleggiata, sulla bicicletta da corsa in una strada di montagna sì, ma nella vita di tutti i giorni, nelle nostre città, sulle nostre strade, la bici è ancora libertà?

Se non capiamo questo, non potremo capire neppure cosa è successo un giorno di aprile nella campagna francese. Il 9 aprile 2017, vicino a Roubaix, per essere precisi.
Quel giorno Andrea ha semplicemente deciso di dare nuova vita a queste parole: la bicicletta è libertà.

Ho voluto la bici? Adesso pedalo! Dove voglio io, però.

Ma procediamo con ordine, che sennò non ci capiamo dentro niente.
Andrea Guardini è un ciclista professionista e nel 2017 correva per il Team UAE Emirates. Quel 9 aprile era impegnato in una gara ciclistica: per lui una classica giornata lavorativa in “ufficio”. Ad essere ancora più precisi, lui e i suoi colleghi erano intenti in una delle azioni umane più irragionevoli e sublimi che si possano compiere nel mondo d’oggi, cioè fare una gara con biciclette da corsa sul pavé delle Fiandre Francesi.
Quel giorno, insomma, si disputava la Parigi-Roubaix. L’Inferno del Nord: così è conosciuta. Più di 250 km, di cui 55 su pavé, da Compiègne al velodromo di Roubaix. Cosa d’altri tempi l’arrivo nel velodromo.
Classica Monumento dura, la Roubaix, non una corsa qualunque, ma forse la gara in linea più ambita della stagione per i corridori, la più attesa e amata dagli appassionati.

Se nelle corse a tappe bisogna sudare per restare nel tempo massimo, nelle corse di un giorno è diverso: se non lotti per la vittoria, puoi anche ritirarti. Se hai già finito il tuo lavoro, puoi anche prendertela comoda — nessun problema. Gli ordini d’arrivo delle classiche sono impietosi: uno stillicidio.
Quel 9 aprile, dopo aver lavorato per i compagni, Andrea viene congedato dalla squadra, con l’accordo di ritrovarsi all’arrivo, percorrendo in bicicletta strade alternative.

Quel giorno, insomma, si disputava la Paris-Roubaix, ma Andrea decise diversamente. Ed è qui che comincia il bello. Ho voluto la bici? Adesso pedalo! Dove voglio io, però. Cioè in autostrada.

Ecco il Nostro che pedala sull’autostrada francese.

I giornali, i TG e tutti i media vi hanno fatto credere che Andrea si fosse perso. Balle. Non credeteci.
Andrea ha solamente voluto affermare che la bicicletta è libertà: non a parole, con la prassi. Non saranno certo due stupidi cartelli a fermare un ciclista, la sua bicicletta e la loro voglia di libertà.
Un’affermazione pura, grezza, brutale. Rottura dell’ordinario, delle convenzioni: vaffanculo a tutti.
Per questo l’hanno arrestato. Perché con un tale atto rivoluzionario non puoi mediare, non puoi venire a patti: lo puoi solo combattere. Come quel genere di devianza dalla norma che veniva internata nei manicomi, serve escludere l’anormale per stabilire i confini della norma.

Contro il potere e i suoi sistemi di senso che ci impongono cosa bisogna o non bisogna fare, cosa è giusto e sbagliato, a volte basta prendere la propria bicicletta e pedalare in autostrada. Sfidare le restrizioni, le regole, per cercare di compiere anche solo un piccolo atto di liberazione. Un pizzico di anarchia e ribellione, che, vi assicuro, male non fa. Perché la bicicletta è questo: salire in sella e pedalare in silenzio, in libertà, frenati solamente dal vento e dalle salite.

Roubaix Calling

In un primo momento, infatti, è girata la voce che la Gendarmerie avesse arrestato questo ciclista indisciplinato. Dopo qualche ora però la smentita: c’era da aspettarselo. La forza della politica e la necessità delle pubbliche relazioni nel mondo iperconnesso hanno avuto la meglio, anche sulla censura del potere. Ma tutto è stato svuotato del suo vero senso: il gesto di rottura trasformato in un semplice errore di orientamento, la sua forza e risolutezza in debolezza e incapacità. L’arresto in un banale aiuto, qualcosa fatto per il bene di Andrea.

Ma noi ci piace pensarlo ancora in autostrada,
mentre fa correr via la sua bicicletta.

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