Pezzi unici e orchestre

Clara Attene
Cartesio e l’armatura
2 min readMay 6, 2016

Gli esseri umani sono tutti pezzi unici, senza eccezione.
Una bella notizia, no? Anche un gran caos, se vogliamo, ma tutti, inequivocabilmente pezzi unici. Diversi, non uno uguale all’altro.
Ma non migliore o peggiore — non per buonismo — ma perché mi interessa soffermarmi sul fatto invece che dare una valutazione: T-U-T-T-I D-I-V-E-R-SI.

Gli esseri umani hanno anche un’altra cosa in comune: nonostante siano pezzi unici, hanno bisogni simili.
Quando parlo di bisogni, non fraintendetemi, non mi riferisco al termine inteso nella sfumatura un po’ più negativa, ma in quella più letterale.
Necessità, dice il vocabolario Treccani, è la qualità, il carattere, la condizione di ciò che è necessario. In altre parole, quello che ci serve per vivere.

Per vivere, nel senso più ricco e illimitato (e sta a voi stabilire quanto ricco e quanto illimitato) ci serve, per esempio, ascolto. E calore. Sonno. Cibo. Acqua. Risate. Musica. Abbracci. Odori. Sguardi. Tempo. Contatto. Silenzio. […]

Risorse potenzialmente illimitate e, al tempo stesso, pericolosamente — a volte — limitate. Diciamo che la buona notizia qui è che non sono risorse esauribili — finché c’è un essere umano, credo, c’è la possibilità di avere tutto ciò che serve in quantità sufficiente a soddisfare il bisogno — , il rischio, però, è limitare queste risorse, il loro dono, lo scambio quando invece serve.
È un avvenimento comune, non succede perché “siamo cattivi” e trascuriamo le necessità degli altri: siamo “programmati” per funzionare in modo efficiente, quindi secondo un principio assimilabile a “massima resa con il minimo sforzo”. Quindi abbiamo abitudini che ci guidano (più di quanto coscientemente ammettiamo, a volte) per risparmiare energie, abbiamo poco tempo, siamo stanchi, abbiamo la testa impegnata. E dunque facciamo fatica a restare in ascolto di quello e di chi ci sta attorno.

L’orecchio è fondamentale per chi suona in un’orchestra: qualunque strumento tu suoni, sai innanzi tutto che devi ascoltare la musica che produci per sapere se la melodia è giusta, se stai rispettando il tempo e così via. Ecco, vivere è fare parte di un’orchestra: ascoltiamo noi stessi (o dovremmo) e ugualmente dovremmo ascoltare gli altri. Per non stonare.
Sia chiaro: se sono un’arpa, resterò un’arpa e non suonerò mai come un contrabbasso, un oboe o un violino. Sono un pezzo unico, dopotutto, no? Ascoltare non vuol dire dover cambiare se stessi. O non implica un dare obbligatorio. Ascoltare è un gesto di profonda apertura, è una via che, spesso senza nemmeno muoverci per cercarla, scegliamo di percorrere.

Bonus track
Questa canzone mi sembra uno splendido esercizio di ascolto, ogni volta che la sento. E, guarda caso, ha anche un verso che parla del “rumore della vita”… :)

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Clara Attene
Cartesio e l’armatura

Human being. Keen on psychology, talks about inspiring experiences and realisations that make life better. Known also as a (data)journalist.