Elogio della wishlist

Casa di Ringhiera
Casa di Ringhiera
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4 min readApr 30, 2015

Ieri sera mi sono reso conto di avere un problema: la mia wishlist è stracolma di titoli. Non so come venirne a capo. Mi limito ad annotare gli scrittori che più mi colpiscono, ma sono ugualmente in tanti. Pochi per le nobili intenzioni, troppi per le tasche. Non so mai come comportarmi quando arrivo al dunque. Qualcuno di loro deve pur sempre rimanere fuori dalla lista dei vincitori.

A differenza di altri ho una wishlist ancora cartacea — e parecchio disordinata. Pezzi di carta strappata, post-it appiccicati random sulla scrivania, pagine di una piccola agenda blu riempite a mano. Noto di essere circondato da una certa quantità di inchiostro nero. Senza contare tutto quello che si accumula nella mente. Si crea una quantità enorme di roba, e allo stesso tempo la consapevolezza di non riuscire a prenderli tutti.

Ad esempio, sfogliando parte degli appunti dello scorso anno, mi soffermo sempre sul particolare rappresentato dai libri scartati in un preciso momento. Mi prometto che verranno tempi migliori, ma puntualmente non mantengo questa promessa: di solito quelli che scarto faccio in modo di farli rientrare subito nel giro successivo e così via.

Per fare qualche esempio, Francis Scott Fitzgerald e Anaïs Nin hanno vinto un ripescaggio due anni fa. Erano stati annotati mesi prima del loro acquisto. In questo modo non ho potuto far altro che rendermi conto di aver scoperto le loro pubblicazioni parecchio in ritardo rispetto al resto del mondo.

Inoltre, ho compreso quanto non mi ci ritrovo nel discorso riguardante il tempo giusto in cui leggere una certo romanzo, una certa raccolta di racconti, di saggi. Non mi trovo affatto d’accordo con coloro che affermano ripetutamente che esiste un tempo massimo in cui leggere, che so, Lamento di Portnoy. Oppure con coloro che dicono di iniziare a leggere un autore partendo da un’opera ben precisa. Tornando sempre all’esempio di Roth, io ho iniziato da L’animale morente, ovvero l’ultima parte di una trilogia dedicata al personaggio di David Kepesh. Sarà pur sempre un errore iniziare qualcosa nella maniera sbagliata, non lo metto in dubbio, ma in fondo resta il fatto che in questo modo ho conosciuto uno degli autori che ad oggi occupa uno dei posti più importanti nella mia vita.

Ogni volta che leggo un libro entro con prepotenza — qualità che di certo non mi contraddistingue nei rapporti interpersonali — in quello che si crea nella mia immaginazione. Entro e mi accomodo tra le pagine che sto leggendo senza che nessuno venga disturbato dalla mia presenza. Tutto continua a girare in un certo verso, e io non sono in nessun modo d’ostacolo a tutto quello che avviene. Tutto procede secondo i piani. Mi lascio catturare dalla trama fino a rimanerne stregato. Le parole, i gesti, e qualsiasi cosa che scaturisce da quello che ho tra le mani mi riempie. Le emozioni si susseguono: paura, gioia, piacere, dispiacere, rabbia.

Ecco cosa provo quando leggo un libro. Ma qual’è la forza motrice che mi porta a compiere questo gesto che negli ultimi giorni in molti stanno glorificando su tutti i social a suon di chiacchiere incredibili? Be’, i fattori sono diversi, ma questo non mi consente in alcun modo di sopraelevarmi dal resto delle persone che vivono il pianeta terra e considerarmi un eletto.

Se io ho una wishlist fatta di libri, altri magari la riempiono di cosmetici. È questo uno dei fattori che alimenta il mio piacere nella lettura: scoprire le differenze e di queste nutrirmi. È una frase che tutti ripetono a gran voce — alcuni forse senza crederci sul serio — ma della monotonia non so che farne.

La mia è un ode alla differenza. Un elogio che, mai come in questo periodo storico, necessita di essere affermato e discusso. In alcune circostanze pare tutto così uguale, quasi amorfo, e nulla — o poco e male — si fa per sorpassare questo ostacolo che riduce tutto alla solita messa in scena. Una messa in scena che conosciamo benissimo, fatta di ingredienti che omologano sulla stessa lunghezza d’onda tutto il contesto che viviamo giorno dopo giorno.

Per aggirare questo nemico serve partire dalle piccole cose che nella maggior parte dei casi ignoriamo. Osservare con più attenzione i particolari dei posti che abitiamo, riscoprire tutte sciocchezze su cui sorvolavamo fino a qualche minuto fa.

Io inizierei proprio dalla mia wishlist. Più libri ci sono, più differenze verranno fuori. Scoprirò nuove situazioni, nuove storie, nuovi personaggi, e attraverso loro mi nutrirò all’infinito.

Qualcuno potrebbe farmi notare come a questo punto sorga un nuovo problema: in questo modo la lista potrebbe lievitare in maniera assurda, fino a raggiungere dimensioni stratosferiche. Be’, è proprio in questa evidentissima mutazione che si nasconde una certa bellezza. Non riusciremo mai a leggere tutto quello che vorremo, ma facciamo di tutto pur di avvicinarci a questo obiettivo. Ben venga questa ingordigia. Tasche permettendo.

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