I sogni di libertà di Lorenzo Scudiero
La prima volta che vidi le fotografie di Lorenzo Scudiero fu attraverso il suo profilo Instagram. Rimasi letteralmente folgorato da tutta quella serie di immagini che si susseguivano una dopo l’altra, contrasto tra giovinezza e voglia di infrangere le barriere che racchiudono, dentro i limiti ben definiti, le nostre vite. La libertà tanto aspirata, la natura che si diffonde con i suoi colori e le sue tonalità, sono le maggiori componenti dei suoi lavori. Uno dei suoi scatti più conosciuti, un ragazzo che tira un calcio a quello che era fino ad un istante prima un mucchio di polvere, riesce a trasmettere un’instabile voglia di disfarsi delle contingenze quotidiane che ci assalgono.
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Lorenzo Scudiero[/caption]
I tramonti immortalati attraverso gli alberi, le montagne distese lungo un meraviglioso orizzonte europeo dove la solitudine vige incontrastata su qualsiasi altra legge di natura incontrovertibile, porta i nostri sguardi oltre a quello che un semplice pezzo di pellicola cattura. La striscia filmica che mantiene stretta a sé la manifestazione precisa di un istante, quella che non potremmo fare più a meno di scandagliare con i nostri occhi per il resto della giornata, è il trionfo di una realtà che si vive altrove, fuori dal trambusto metropolitano dei nostri tempi.
Pur ammirando spazi in apparenza lontani, quasi estranei, l’energia che si sprigiona dai suoi scatti ti destabilizza attraverso un vortice fatto di sentimenti raggianti. Il camper e l’autostrada diventano gli unici mezzi di un viaggio vissuto col sentore di ritrovare qualcosa che si è smarrito nel corso degli anni. Le nuvole di fumo che riempiono gli stessi spazi in cui sono ritratti i volti della giovinezza, una giovinezza che preavvisa la sua uscita di scena da un momento all’altro, e che spinge l’animo a correre più di quanto sia in grado di fare. Questa è la tua ultima occasione, giocatela.
Il processo di immedesimazione nei soggetti ritratti sorge spontaneo. Le pelli chiare e imperfette, il colore tenue di un sole che sta per scomparire, le onde del mare che si infrangono sul dorso di un nuotatore occasionale. Sono scatti questi che ti permettono di traslare il tuo corpo e condurlo lì dove non sei mai stato prima, immerso in una natura che è sì selvaggia, ma che non vede l’ora di accoglierti nel suo massimo splendore. Le riflessioni di Lorenzo Scudiero sono immortalate nelle sue fotografie, insieme ad una immensa volontà di sondare il terreno della solitudine come momento ideale per ritrovarsi dopo una lunga camminata per i pendii di un sentiero instabile.
Tra gli scatti che più mi hanno colpito c’è quello in cui è ritratto un ragazzo seduto sul tetto di una baita mentre fissa l’orizzonte davanti a sé. Ai suoi lati ci sono due poderose cime innevate, bianche come solo il sole splendente riesce a scalfire. Ho collegato questa fotografia ad un passo presente ne Il ragazzo selvatico (Terre di Mezzo, 2013) di Paolo Cognetti. Ho ritenuto utile unire le due espressioni per via delle loro mete nascoste. La ricerca del proprio sé, le riflessioni continue e la spiccata dose di realtà che non smette di tenerti incollato con i piedi per terra nel momento in cui qualcosa si sta per rivelare nella sua forma.
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Più che a una capanna nel bosco, la solitudine assomigliava a una casa degli specchi: dovunque guardassi trovavo la mia immagine riflessa, distorta, grottesca, moltiplicate infinite volte. Potevo liberarmi di tutto tranne che di lei. Per questo, sdraiato su quel sasso, decretai il fallimento della mia avventura. (p. 77)
La fotografia di Lorenzo Scudiero è questa. Ti consente di viaggiare nei luoghi che da sempre avresti voluto visitare. I suoi non sono semplici scatti; la materialità della carta cede il posto all’immaterialità fatta di sentimenti ed emozioni che prendono vita dalle profonde radici del desiderio. Una bellezza così nitida che rischia di passare per una mera rappresentazione surreale, ma che ti porta a ritrovare la tua immagine riflessa in quei luoghi maledettamente sereni.
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