Il fantasma di Dubravka — Cap. VIII

Fabio Cardetta
Casa di Ringhiera
Published in
7 min readDec 7, 2016
photo credit: Steinar La Engeland

Il palazzo era alto otto piani, diversi nomi sul citofono, una spia rossa intermittente.

“Devi suonare Simko, ha detto il tabaccaio” — mugugnò Tub.

“Il portone è aperto, andiamo direttamente sopra.”

Svetlan aprì di scatto il portone e lo tenne aperto per far passare Tub.

“Credevo fosse poco gentile presentarsi direttamente alla porta” — fece l’omone.

“Infatti, noi ci atteniamo al galateo. Ma prima origliamo. Potremmo avere qualche informazione in più.”

Le porte dell’ascensore si aprirono e i due si proiettarono verso la prima porta sulla sinistra, sotto al cui campanello spiccava la scritta ‘Simko’. Svetlan, come un ragazzino dispettoso e con un sorriso infantile, accostò l’orecchio al di sotto dello spioncino. Ma i suoni che arrivavano dall’appartamento erano ben percepibili anche a distanza. Svetlan si voltò a scrutare la faccia del collega. Tub aveva gli occhi spalancati e le sopracciglia alzate in un’espressione sorniona.

“Stai pensando quello che sto pensando io?” — fece sorridente Svetlan.

“Potrebbe essere anche un maialino sgozzato, per quanto mi riguarda.”

“O un folle che si lamenta!”

“O una capra che bela”

“O lo sbuffare di un trenino!”

“Potrebbe anche essere la televisione…”

I due decisero che quelle ipotesi, anche quelle idiote, potevano bastare. E si catapultarono nell’ascensore per tornare al piano terra. Uscirono e suonarono il citofono. Dopo alcuni interminabili minuti, una donna rispose.

“Sì, chi è?”

“Siamo della polizia, potrebbe farci salire signora Simko? Avremmo delle domande da farle”

Alcuni secondi di silenzio.

“D’accordo, ma vado abbastanza di fretta. Posso intrattenermi solo per alcuni minuti!”

“Saranno sufficienti” — fu la risposta perentoria di Svetlan.

Ottavo piano. La porta si aprì. E una donna sulla quarantina, in vestaglia da notte e capelli legati, accolse con uno sguardo scrupoloso i due investigatori. La vestaglia era molto corta e metteva in risalto le gambe toniche; aveva un viso schiacciato con uno strano naso a punta, gli occhi scuri, il mento pronunciato: nel complesso una bella donna, ma dai tratti particolari e inconsueti.

“Prego, come posso aiutarvi?”

“Buongiorno signora, mi chiamo Peter Svetlan e questo è il mio collaboratore Ivan Podolski. Siamo investigatori privati e stiamo collaborando con la polizia per alcuni eventi drammatici avvenuti di recente in questa zona. Potrebbe farci accomodare? Le ruberemo solo alcuni minuti.”

La donna disgiunse le labbra con un movimento incerto:

“Mi sono appena svegliata e vado di fretta… è proprio necessario?”

“Credo proprio di sì, signora. Altrimenti non avremmo osato disturbarla a quest’ora.”

La donna si scostò e fece segno ai due di accomodarsi, sebbene nel suo sguardo trasparisse rabbia e una certa dose di indignazione. I due attraversarono il piccolo ingresso che dava su un lungo corridoio con tre porte. La donna li fece accomodare nella cucina.

“Come posso aiutarvi?” — esordì nervosa, estraendo una sigaretta dal pacchetto che giaceva sul tavolo.

“Ci sono stati alcuni atti di vandalismo in questa zona. Crediamo che suo figlio possa essere coinvolto…”

La donna guardò entrambi gli uomini, stupefatta, lanciando lunghe scie di fumo nell’aria.

“Perché credete che Daniel possa avere fatto questo?… E di che tipo di vandalismo stiamo parlando?”

Svetlan consultò di sfuggita gli occhi di Tub, poi rispose:

“Sono state mozzate delle statue in alcuni parchi. E un custode che ha sorpreso questi ragazzi… bè, è stato picchiato a sangue.”

Tub guardò Svetlan come a dire: “Wow, che spiccata immaginazione!”

Svetlan sorrise come a dire ‘Lo so!’, come se avesse compreso il complimento del collega ma non ne avesse colto la sfumatura ironica. E, soprattutto, dimenticandosi che stava sorridendo dopo aver accusato di un reato il figlio della donna.

“E cosa c’entrerebbe mio figlio con questi atti di vandalismo?”

“Abbiamo il sospetto che conosca questi vandali o che faccia parte del branco. Mi dica, signora, quanti figli ha?”

“Solo Daniel.”

“Quindi in casa siete lei, suo marito e Daniel, o sbaglio?”

“Sbaglia, mio marito è morto più di dieci anni fa. Siamo solo due in questa casa.”

Svetlan abbassò per un attimo lo sguardo, come ad esprimere le sue condoglianze, poi riprese: “Posso chiederle che lavoro svolge?”

“Faccio le pulizie negli appartamenti, e nel fine settimana lavoro in un bar.”

“Quale bar?”

“Il Rock Pub, in Obchodna.”

“Suo figlio invece?”

“Frequenta lettere, è al terzo anno, ma è un po’ indietro con gli esami. Studia molto e sta fuori tutto il giorno, in biblioteca, credo.”

“Ne è proprio sicura?”

La donna rispose scocciata:

“Così mi dice lui!”

Svetlan fece un segno alla signora per chiedere se potesse fumare. La donna acconsentì. “Può dirmi che tipo è suo figlio?”

“Daniel, è un bravo ragazzo, timido, taciturno, ma gentile con tutti… Ha pochi amici, perché non è un tipo espansivo. Ma gli piace leggere, scrivere e giocare a pallone… Tutto casa e studio. Non è uno che frequenta gentaglia, branchi o cose del genere!”

Un tonfo indefinito si sentì provenire dal corridoio, probabilmente da una delle stanze. Tutti i presenti lo udirono nettamente. Svetlan, sfoggiò la solita faccia di bronzo: “Signora, non c’è nessun altro in casa?”

“No, sono sola” — fece la donna, sempre più nervosa e imbarazzata.

“Suo figlio non c’è?”

“No, esce sempre presto la mattina, e torna la sera verso l’ora di cena ”

“Amici, mi ha detto, non ne ha. Suo figlio ha una ragazza?”

“No, non ce l’ha”

“Ne ha avute in passato?”

La donna si arrestò nuovamente, per capire dove l’investigatore volesse andare a parare.

“No, non ne ha avute, almeno che io sappia… Ma, dato che io lavoro sempre e lui è sempre fuori, non abbiamo mai avuto il tempo di parlarne o lui non mi ha voluto dire niente a riguardo, è un tipo molto riservato!”

A quel punto, essendosi reso conto che la donna rimaneva sulla difensiva, provò a pigiare l’acceleratore: “Crede che suo figlio sia stato in qualche modo influenzato dalla perdita di suo padre, intendo nel carattere, nel suo essere introverso e discreto anche con lei?… Non crede possa nasconderle qualcosa?”

La donna, lo fissò con stizza, poi rispose: “Credo che stia andando troppo sul personale… E comunque no, non credo, era già così da piccolo!… Non mi nasconde niente, ne sono certa!”

Un altro rumore venne udito provenire dal corridoio.

Svetlan lo percepì appena. Tub nettamente.

Questa volta il rumore aveva colpito particolarmente Tub, il quale decise che era ora di fare un sopralluogo. Se ne uscì con un espediente banale:

“Scusi, signora, posso usare il bagno?”

La donna scrutò impaurita l’omone che si era improvvisamente messo in piedi e sembrava incombere sul tavolo con degli occhi demoniaci. In quel momento, avrebbe messo paura anche al peggior criminale della città.

“Sì, in fondo al corridoio. La prima porta a destra.”

Tub uscì dalla stanza, mettendo una mano sulla spalla di Svetlan, cosa che non avrebbe mai fatto in una circostanza normale. Svetlan comprese al volo il messaggio, e riprese l’interrogatorio:

“Suo figlio, a quanto ho capito, ha un carattere particolare. Ha mai avuto modo di darle problemi? Qualche marachella, qualche bravata?”

In quel momento, si sentì un sussulto provenire dal corridoio. Solo Svetlan poté carpirne immediatamente l’origine: Tub non era andato in fondo al corridoio, ma aveva aperto un’altra porta dopo la cucina. Era rimasto lì sulla soglia a guardare qualcosa, illuminato da una finestra lontana. Poi, senza dire niente, aveva chiuso gentilmente la porta e si era recato verso il bagno.

Qualcosa Tub aveva visto.

La donna non si era accorta di niente, tant’è che aveva risposto puntualmente alla domanda di Svetlan: “Mai avuto problemi con mio figlio!… Daniel è un bravo ragazzo, è solo poco socievole!”

Passarono un paio di minuti con Svetlan che indagava sulle abitudini del ragazzo e la donna che rispondeva, sempre più stizzita.

Poi Tub tornò, riposizionò la mano sulla spalla di Svetlan e la abbrancò con una stretta potente. Svetlan lo guardò e comprese l’ulteriore messaggio.

“Le posso chiedere un bicchiere d’acqua gentilmente?”

La donna sbuffò platealmente, spense la cicca nel posacenere e si proiettò verso il lavabo. La richiesta era solo un diversivo, come quello del bagno. Tub infatti ne aveva approfittato e aveva prontamente sussurrato al capo di aver visto in quella stanza un ragazzo muscoloso, semi-nudo, seduto sul letto.

La donna tornò col bicchiere d’acqua.

“Signora, è proprio sicura di essere sola in casa?” — attaccò Svetlan.

La donna strabuzzò gli occhi: “Certo!… Per quale motivo, scusi?”

“Purtroppo il mio collega è un po’ sbadato, ed invece che andare al bagno è entrato per sbaglio in un’altra stanza. E ci ha trovato dentro un giovane… Quel giovane è suo figlio, vero?”

La donna si alzò in piedi furibonda.

“Come osate, siete venuti qui per violare la mia privacy?… Vergognatevi!… Ma che maniere sono?!.. Voi non avete il diritto di venire a curiosare in casa mia!… Fuori immediatamente!”

“Si calmi, signora” — cercò di riparare Svetlan — “è stato solo un equivoco. Il mio collega ha semplicemente sbagliato porta e ha trovato quel giovane… Ora, se permette, posso parlare con suo figlio?”

La donna aveva gli occhi che le uscivano dalle orbite e respirava con affanno. Si prese alcuni secondi per pensare, cercò di calmarsi, si sedette nuovamente, poi esclamò:

“No, non è possibile. Anche perché…”

“Anche perché…?”

“Quello non è mio figlio!”

Svetlan si tenne a stento dal ridere.

“Suvvia, signora. E quindi chi sarebbe quel ragazzo?”

La donna emise un sospiro, poi riprendendo a dondolare freneticamente il piede nudo, con il sandalo che penzolava nervosamente, rispose:

“Quel ragazzo, le ripeto, non è mio figlio!”

“E allora chi è?” — fece rabbioso Tub.

La donna gonfiò le narici, poi finalmente esplose:

“Quel ragazzo… è il mio compagno!”

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