Jeune et Jolie, ritratto di una giovane donna libera

Giovinezza e libertà, una lotta nel segno della propria affermazione.

Mariateresa Pazienza
Casa di Ringhiera
3 min readMar 15, 2017

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Marine Vacht in Jeune et Jolie.

Spesso, quando sono per strada, mi capita di osservare le ragazze. A prescindere dalle loro fattezze, il pensiero ricorrente è quello che mi permette di definirle belle e libere. Sono giovani, hanno una vita davanti, passano le giornate tra una sigaretta ed un hangover spaventoso, fanno sesso con chi vogliono.

Ultimamente ho riflettuto sul concetto di giovinezza, scontrandomi spesso con la gente a cui ho rivolto i miei quesiti e i miei dubbi. Pare che le ragazze oggi evitino accuratamente di farsi mettere sotto da qualsiasi tipo di impedimento che intralci la loro libertà.

Fumo azzurro e sigarette infinite.

Se per una buona fetta della mia generazione si trattava di una ribellione di fondo ai canoni di ciò che è giusto o sbagliato, qui la reazione non è più quella nei confronti di un genitore ansioso e preoccupato, ma nei riguardi di una società che rende tutti inadeguati. Si tratta di quella sensazione di spaesamento dettata dalla voglia di sperimentare per riuscire a comprendersi, conoscersi ed infine accettarsi.

Al di là delle definizioni, date dalle relative mode del momento, ciò che mi interessa più di ogni altra cosa è quell’aspetto che collega la realtà alla finzione. Quanto l’arte è in grado di incidere sulla mente di una giovane donna?

Siamo tutti d’accordo con te, Lana.

Penso a modelli come Lana Del Rey che, col suo fare ammiccante e naif, riesce a influenzare l’atteggiamento di una ventenne. O ancora a Jeune et Jolie (2013) di Francois Ozon. L’insoddisfazione, il senso di vuoto, il sesso vacuo e scadente e la bellezza sono mescolati a tal punto da non permettere di capire dove finisca l’uno e inizi l’altro.

La storia di Isabelle, interpretata dalla giovane Marine Vacht, si suddivide in quattro parti corrispondenti ad altrettante canzoni di Francoise Hardy, che a loro volta cercano di rappresentare le quattro stagioni. Come se la giovinezza potesse assumere le sembianze di una primavera bella e spaventosa in grado di far fiorire un albero che afferma la propria identità in un mondo preda di una insicurezza da colmare solo col vuoto esistenziale.

In parte è la reazione che si ha di fronte a Lolita (1997). Nell’interpretazione di Melanie Griffith si possono percepire tutto il potere e il fascino esercitati da una giovane donna, concentrati in uno sguardo o nell’involontario sfiorare un’altra persona.

Stanchezza e astuzia.

Senza scivolare troppo in un femminismo sui generis, un altro film che sembra l’ennesimo e blando sottoprodotto della cultura americana è Spring Breakers (2014), che affronta la libertà delle giovani donne in modo sporco. Un gruppo di amiche disposte a tutto pur di assicurarsi i soldi per lo spring break, la vacanza meno sobria nella storia dell’umanità. Mi chiedo se anche in questo caso, cercando di oltrepassare lo spicciolame (passatemi il termine) di alcune reazioni, si possa evitare di bypassare la libertà di fare semplicemente ciò che si vuole.

Si parte!

Un pensiero su tutti emerge nella mia mente, non c’è alcuna differenza quando si parla di libertà. Il resto è aria fritta.

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Mariateresa Pazienza
Casa di Ringhiera

30 | depicting dreams and reality | always lookin for the meaning